L’estate dei tuoi tre anni

Tu che ti svegli nel cuore della notte per scendere in cucina a bere e io che senza farni vedere per un attimo giro le spalle e accendo in fretta una candelina da piantare in un biscotto. L’espressione della tua faccina, sorpresa e commossa, adulta e bambina, infinitamente senza tempo mentre mi volto e nel buio della cucina ti dico “buon compleanno” e ti canto gli auguri. Tu che dici – per me…! – con gli occhi che luccicano, io che mi commuovo di te commosso

Maggio, la festa del tuo compleanno: giorni avvolti nella pioggia che cade fitta, papà a casa dal lavoro e le candeline sempre, dalla colazione ai toast. Tu che ci obblighi a cantarti auguri su auguri

Il mare, il mare così potente e immenso. Correre in spiaggia la prima sera che arriviamo lì, al tramonto così arancione e rosa, accaldati con i piedi che affondano nella sabbia fredda. L’acqua salata che occupa tutto l’orizzonte, la schiuma, le stelle e le onde da rincorrere: tu e una bambina vi rotolate e ridete forte

Le nuove amicizie, che ci sono per voi piccoli e anche per noi grandi perché a volte ci fate intrecciare e scoprire anime affini

Dormire per tutto il pomeriggio e lasciare il sole fuori dalle tapparelle, ordine cibo al ristorante e mangiarlo per merenda seduti sul letto a guardare cartoni animati anche se non si fa, poi stare in spiaggia a giocare fino a quando non c’è più nessuno perché se ne sono andati tutti, spiare l’arrivo del blu che confonde cielo e mare, ritrovare le stelle, camminare a piedi nudi e fare picnic notturni, seduti sul pattino del bagnino e sullo scivolo che adesso non hai più paura di scendere a tutta velocità

Il momento in cui l’estate sembra solo all’inizio, come l’infanzia, come una mattina ancora piena di promesse

Vuoi che ti accarezzo? – mi chiedi tu che impari a poco poco la grande lezione della gentilezza. E siccome la pronuncia è ancora incerta mimi con la mano cosa significa “carezza”

L’estate in cui ogni giorno impari qualcosa in più sull’arte dell’arrampicarsi: mi alleno, spieghi

Usare le altalene per stare a testa in giù

I nonni, papà e tutte le persone per cui provi così tanto amore che a volte è troppo e allora ti arrabbi e li rifiuti

Osservare le persone, le strade, i dettagli. Voler sperimentare tutto, fare tardi, non arrendersi mai, non bastare e non bastarsi

La prima volta che inventi una storia, una canzone, una spiegazione. E inizi a dire “lo so io” e provi a spiegarti e spiegarci il mondo. Alla fine dell’estate sei tu a raccontarmi storie mentre andiamo in passeggino

Le bottiglie dei colori, che per ora finiscono sempre sulla pelle

Gli urli a volte tremendi, la fissazione che hai per farti prendere in braccio: ha tutta l’aria di sembrare un capriccio ma ogni volta penso quanto passerà in fretta questo periodo in cui so sollevarti e allora mi godo il tuo nasino che affonda fra i miei capelli e l’abbraccio tenace, tu che ora sai attaccarti forte come una scimmietta

La passione per i tortellini, le tette, la sabbia, l’acqua, il mare

Tu che ami giocare a nascondino e senza saperlo capovolgi le regole perché il tuo gioco è la grande gioia di essere subito trovato. E “adesso dici, dov’è il mio bambino?” mi suggerisci di dire

La pineta, i piedi nudi, l’odore della resina. Uscire per la passeggiata sempre con una corda in mano, un filo da inseguire

La nostra cana con cui condividi sempre il tuo cibo e che beve solo dal tuo secchiello azzurro, che tu puntualmente rovesci

Il profumo dei fiori viola della lavanda e delle foglie di rosmarino, menta fresca e salvia, da stropicciare fra le dita

Stare a pancia sul salterello, fra l’aroma dolcissimo dei fiori di non so che e i cieli di luglio ancora così luminosi e rosa, qui siamo tranquilli – lontano dai rompipalle, dici tu che ogni giorno capti nuove parole

Il sole del mattino sui piedi e sui gomiti, a letto fra le lenzuola

I grilli, i trattori che tu saluti con il braccio e le lucciole, che all’inizio ti addormentavi prima e poi hai imparato ad aspettare: la volta che siamo andati a vedere le lucciole, con stivaletti e torcia, di notte, a inseguirle fra i prati

Senti che silenzio, mi fai notare ogni tanto

La guerra dei gavettoni a Ferragosto, che tu non sapevi cosa fossero

Oggi fa motto caddo, dici tu, molto caldo, e parli una lingua tutta tua fatta tutta di T, come il tuo nome che provi a scrivere dappertutto

Fare tardi al parchetto e andare via quando è già buio, stanchissimi, mezzi addormentati con le guance piene di polvere e gelato sciolto

La volta che io mi sono arrabbiata e ti ho urlato di spostarti perché eri tutto appiccicoso e tu, offeso e disperato, “non sono appittitoso”. Tutte le volte che tu esageri, che io esagero, che urliamo e poi facciamo pace

La volta che abbiamo impastato insieme il pane, aspettando papà dal lavoro, e quella del pomeriggio in cui ci siamo messi alla finestra aperta davanti al temporale, ad ascoltare l’acquazzone

Guarda – mi dici orgoglioso, per farmi vedere che ora ci arrivi – al lavandino, alla fontana, al tavolo. E ogni giorno le tue gambette si allungano e tu diventi più alto

La seggiolina imbottita, rossa, a dondolo – un tempo piaceva anche a me, mi han detto – tu l’hai posizionata davanti a una certa finestrella della soffitta perché ogni tanto ti ci siedi e proprio da quel punto riesci a vedere tutta la montagna e le luci lontane

Il profumo di menta del fieno fresco e lanciarsi dentro

Dondolarsi in amaca, fortissimo con papà

Voler usare le forbici da giardinaggio per tagliare erba, siepe e rose

Regalarmi ogni giorno un fiore. Una sorpresa per te, mia mami. Amici nel mondo, dici a me e papà e ha l’aria di essere la più segreta e bellissima delle cospirazioni

Papà che ti insegna a costruire, si arrabbia se distruggi, fa finta che non gli importi quando non lo abbracci, ti bacia di notte mentre dormi

Io che ti pettino mentre dormi. Tu che parli nel sonno, a volte per ore. Poi ti metti a sedere nella notte, metti la testa sul mio braccio e allora io smetto di fare quello che faccio e rimaniamo così.

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Come ci si sente ad andare in pezzi?

Si è rotta la tazza preferita di Tito, ormai da un po’

 〰️ Papà saprà aggiustarla

Sì, in effetti -ovviamente- papà aggiusta tutto l’ha rimessa insieme o, come diceva mia nonna in una bellissima espressione di una volta, “accomodata”. 

La tazza è stata riparata mettendo al loro posto i pezzi con la colla, ma dentro non ci si poteva più bere. Che cosa ci possiamo fare, allora? Per esempio, potremmo metterci un fiore.

〰️Lo voglio rosa. Solo rosa.

Così, si è dovuto attendere. Attendere fino a che il fiore non fosse venuto a trovarci, un bel fiore rosa che l’altro giorno abbiamo trovato da Grazia nel suo bel giardino. Tito insieme a lei lo ha scalzato dalla terra e ha imparato a prendere la quantità sufficiente di radici. Poi lo abbiamo portato a casa e piantato al tramonto, ora è già lì che spunta, rosa come una promessa bella, come l’alba che ri/nasce.

Ecco, c’è una cosa di cui non parliamo spesso. Da anni una delle parole che pronunciamo di più è la parola “resilienza”. Immaginiamo la resilienza come una palla che rimbalza. Evento dopo evento, continuiamo a rimbalzare contro il mondo e noi stessi, colpo su colpo, sbattendo la testa contro il muro. Senza arrendersi, senza demordere.

Sì e no. Perché noi non siamo materiali di ferro o gomma. Siamo fatti di pelle, muscoli, ossa, emozioni e pensieri. Ci sono parti che guariscono più fretta e altre, invisibili, che non guariranno mai. Questo è quello che dico al viaggiatore intergalattico: qui su questo pianeta dove sei capitato non tutto si aggiusta. Si rompono le belle amicizie, i grandi amori, le ossa, le speranze e non sempre si trova si trova il modo per ripararle. A volte non si ripara una frattura.

Quello che si può fare è trasformare e forse è questo che ci  insegna il rito del kintsugi, che letteralmente significa “riparare con l’oro” e sembra sia nato nell’antica Cina proprio da una tazza preferita alla cui rottura un guerriero non si arrese. 

Dispiacersi per le rotture, fermarsi di fronte alle grandi frane della vita e piangere. Poi ri/costruire. La vera resilienza forse è osare chiederci come ci sentiamo quando andiamo a pezzi.

Quello che non diciamo e a volte non ammettiamo è che le cose non torneranno come prima. Trovare la vera resilienza forse è iniziare a piangere per le rotture, fermarsi di fronte alle grandi frane della vita e lasciarci essere in piena come un fiume che scoppia e arriva all’oceano.

Non si torna indietro. Si va a avanti, è vero. Ma il cuore segue le gambe solo quando è pronto per farlo e a volte, come vasi vuoti, dobbiamo attendere. 

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Inventario delle cose belle

Le sveglie alle cinque del mattino, con il caffè caldo, le gambe incerte sulle scale e gli occhi che si chiudono

Ascoltare il vento fuori dalle finestre

La sensazione mentale di quando finisci un lavoro e inizi un periodo di riposo, la brezza della vacanza che inizia nel momento in cui fai l’ultima cosa che devi portare a termine

Le docce con il sole, a metà pomeriggio o di mattina, mentre tutti fuori corrono: il lusso di fermarsi

Guardare chi ami mentre dorme

Accarezzare il naso minuscolo di un bambino con la punta dell’indice

Trovare una finestra da dove guardare la pioggia e sperare che non smetta solo perché anche la tempesta sa essere bellissima, specialmente in un giorno di metà estate

Le giornate con gli orari confusi, a svegliarsi quando è buio e dormire con la luce, come da universitari  svagati

Il profumo delle cose nel forno che cuociono lente

Il disordine in giro per casa da mettere a posto, ma senza fretta

Continuo a raccogliere istanti per l’inventario delle cose belle da tenere sul cuore…

〰️〰️〰️〰️〰️

La vasca da bagno di questa casa dove viviamo ormai da un po’ ha un abbaino da cui si vedono le nuvole che corrono nel cielo. Da un paio di giorni hai deciso di provare anche tu a fare il bagno in questa vasca di pietre viola che arrivano da lontanissimo, da un posto fra montagne sacre chiamato Uttar Pradesh.

Fa un po’ paura però va bene, mi hai detto la prima volta che l’hai sperimentata. Lasci che l’acqua ti arrivi fino al collo: lanci spugne, boccette, bagnoschiuma e osservi. Perché stanno a galla? Dentro c’è il liquido e l’aria, ci somigliano un po’: dentro noi abbiamo sangue e aria e muscoli e come i tappi di sughero nel lavandino quando giochi in cucina, il nostro corpo galleggia e questo è un buon motivo per non avere paura di lasciarsi andare nell’acqua. Galleggiamo.

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La vera libertà

Chi ha detto che non possiamo uscire al tramonto, anche se la giornata sembra già finita?

Chi ha detto che non possiamo fare picnic in salotto o in giardino seduti su un sasso?

Chi ha detto che non possiamo fare i viaggiatori se non siamo lontani da casa?

Chi ha detto che non possiamo vivere la vita come un’avventura, ogni giorno?

La vera libertà è la possibilità di immaginare se stessi e il proprio tempo in maniera fluida

〰️〰️〰️ siamo guardatori

si dice osservatori, a dire il vero

no, guardatori. È più bello. Perché guardiamo

“Guardatori”: gente che ostentamente guarda, spesso da case e posti non suoi dove si introduce con un sorriso; ficcanaso, avrebbe anche detto mia nonna. Una parola nuova insieme alla bellissima “vestipanni”, attaccapanni

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Ultima settimana di luglio

L’ultima settimana di luglio inizia con un lunedì che è già 31 perciò faremo finta, per quest’anno, di essere ancora luglio mentre il calendario ci spalmerà già agosto sulla pelle

Torneranno i giorni del silenzio e della calma, adesso no. Ci sono le amicizie, quelle fra le amichette del parchetto e quelle delle mamme, che cuciono fili di relazioni e tessono le tele delle loro vite raccontandosi gli anni e i sogni fra una panchina e un caffè.

Sono giorni di sole, luce forte che entra dalle finestre schermate come ci dicevano di fare i nonni un tempo, con le persiane socchiuse; giorni di pomeriggi lunghi e serate infinite, con i papà che arrivano con le tute da lavoro e le braccia abbronzate oppure il venerdì, quando tutto diventa una festa e il fine settimana sembra interminabile.

L’estate dei tuoi tre anni, voi che urlate da rompere i vetri e poi dormite come sorridenti angioletti. La sabbia, i trattori, le grigliate dove non ci si vedeva da tanto e all’improvviso si ritrova il tempo, come per miracolo. Le malverosa fiorite, i cespugli immensi di lavanda e menta, i profumi intensi, il basilico che cresce lento, le innaffiature serali, le idee su cosa fare e come passare il tempo. Che poi in fondo, non si fa niente. Solo giocare, giocare, giocare. Incontrarsi, cucinare, arrampicarsi e correre, sognare.

Guardare le stelle, a volte. Guarda come sono tante e belle, dici tu. O a volte svegliarsi e stare alla finestra: voglio vedere tutto dall’alto ma dall’alto davvero, eh. E ti dirò “gabbiano!” così i pensieri volano, spieghi, e mi sembra un bellissimo pensiero di poesia.

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Cose da fare con i bambini in estate

Un piccolo annaffiatoio e i nuovi vasi di fiori da curare giorno per giorno

Imparare il senso del tempo da una pianta che nasce e cresce, non importa se non c’è il giardino: basta un davanzale

Andare a inseguire le lucciole nelle notti di giugno

Lavare le tazze della colazione stando ben attenti a quelle che si rompono e poi trasformare il lavandino in lago e bicchierini o vecchi gusci di noci in barche

〰️Usciamo!
Adesso andiamo a letto?
〰️Non ancora. Guarda. Se guardi in alto ci sono le lucciole. E le stelle, tantissime
Un’amaca. Una notte d’estate. Una piccola chitarra.
E se chiudi gli occhi ti addormenterai ascoltando i grilli

Colorare. Colorare con le tempere i sassi, anche quelli belli piatti e larghi del giardino, da lasciar colorare sopra il colore che tanto non importa, colorare con i pennarelli e i pastelli quando fa troppo caldo per dormire, colorare con i colori alimentari e il ghiaccio o con le piante per spremerle e farne inchiostri naturali, colorare con gli acquerelli leggeri leggeri di sera, prima di andare a dormire, quando ancora non arriva il sonno e in un attimo è tutto pulito per la buona notte

Tagliare il melone, la frutta e i pomodori per il pranzo. Impastare il pane perché è divertente e fare la salsa guacamole con l’avocado per la merenda

“Pensate a un bambino che, per la prima volta, vede un altro bambino fare una capriola: nel suo cervello, in modo automatico, si attivano gruppi di neuroni che elaborano lo schema di movimento che, fino a quel momento, il bambino-osservatore non ha mai compiuto.
Lo schema implica sequenze muscolari come puntare le braccia, raccogliere il corpo, estendere le gambe, flettere la testa, compiere un giro su se stessi, ritornare in piedi.
Nessuna parola riuscirebbe a trasmettere al bambino l’informazione necessaria per descrivergli la capriola, nessuna astrazione è in grado di emulare la concretezza del movimento: il bambino deve provare, azzardare la sua prima capriola, anche se quella capriola è stata in qualche modo già preparata dai neuroni specchio che hanno interiorizzato le sequenze motorie necessarie.”
A. Oliverio

Andare al parco giochi, da soli e in compagnia. Fare un passo indietro, noi “grandi”, e restare a guardare loro, i “piccoli”: loro che quando nessuno li guarda intessono relazioni, si fanno domande, si comprendono fra loro con piccoli e grandi discorsi. E si osservano: sì, perché tante abilità nascono proprio così, osservando quelli che sanno già fare una certa cosa. Per quante spiegazioni tu possa leggere, non c’è nulla come vedere qualcuno che ti mostra quella cosa mentre le fa e i bambini in questo sono bravissimi insegnanti: sia fra loro sia a noi non ripetono altro che “guardami.. guarda cosa so fare”.

Fare yoga! Sì, soprattutto nelle ore di afa o per sgranchirsi la mattina. Ai bambini non servono troppe teorie, ma da bambini siamo dotati di un’incredibile elasticità che tendiamo gradualmente a perdere nel trascorrere degli anni: basta qualche libretto o delle fotocopie, soprattutto appendiamole in casa in posti dove sono visibili. Basta qualche istante ogni giorno, i piccoli si divertiranno a rifarle guardando la figura (noi ci proveremo e sarà un buon esercizio stretching per le nostre schiene). Conservare anche solo un briciolo di quell’elasticità sarà un dono meraviglioso

Uscire a fare una passeggiata, che sia nel bosco, in spiaggia o nel quartiere. Uscire a piccoli passi e senza fretta, pronti a non sapere quando si farà ritorno: questo è lo spirito dei piccoli esploratori e loro, i bambini, lo sanno benissimo. Siamo noi che abbiamo fretta, abbiamo commissioni, programmi e percorsi. Che bello lasciare che i piani si disfino tutti, almeno quando siamo liberi. Uno zainetto, la coperta per sedersi, qualcosa da mangiare e qualcosa da bere, una palla, qualche gioco semplice e da condividere come vasetti di didò e qualche macchinina. Potremmo metterci anche ore da qui all’angolo, ci sono così tante cose da osservare, o magari per assurdo tornare indietro subito: non importa, non è il dove a fare la differenza, è lo spirito di osservazione, il fermarsi e guardare il mondo, chiacchierare, osservare il camion che porta via i rifiuti, raccogliere sassi da colorare e fiori da mettere subito in un libro, sentire che rumore fanno i passi sopra gli aghi di pino, accarezzare un cane, passare a comprare del pane

Qui trovi…

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