La montagna a fine inverno

Stamattina mi è capitato di uscire presto, da sola.

A fine inverno la montagna ha il muschio più verde che si possa immaginare. Piove e piove, incessantemente. La pioggia si sente sui tetti tutta la notte, a volte nel vento, a volte bufera, o in silenzio, pioggerellina di quasi primavera come un velo, sui muri e sui sassi, tra le incrinature dei muretti spaccati dalla neve e sui musi dei gatti vagabondi che nonostante il brutto tempo escono a esplorare il mondo silenzioso della notte.

Stamattina bevo un capuccino caldo e mi danno un ombrello perché io l’ho scordato e adesso piove forte. Mi torna in mente, inevitabilmente, dei giorni di noi bambine, cugine in vacanza qui d’estate con i nonni, guardavamo l’inizio della pioggia e, come ipnotizzate dall’inizio della pioggia, alle prime gocce correvamo a metterci le scarpe pronte per uscire. Le nonne non facevano storie, ci davano un ombrello e ci permettevano di andare, da sole, a passeggiare sotto la pioggia. Passeggiare nella pioggia, da sole sotto l’ombrello, vicine vicine, senza una meta precisa ma con uno scopo: avvistare, ancora una volta, la misteriosa fine dell’arcobaleno, eternamente sfuggente. Camminavamo in silenzio e spesso finivamo per fermarci nel garage di un amichetto, a giocare a un gioco di società dietro le grandi vetrate che davano sulla strada. Attente, perché, ci dicevano i nonni, durante i temporali è meglio staccare le spine e stare lontani dai vetri.

Cammino nella pioggia, in silenzio. Ascolto il suono dei passi. Ha piovuto così tanto, nelle ultime settimane, che i rami di certi alberi sono ricoperti da un sottile strato di muschio verde. All’improvviso gli ultimi strappi di nebbia volano come fantasmi su per i crinali delle montagne, rapidi come nuvole in fuga.

La montagna alla fine dell’inverno è muschio verde brillante che ricopre i muri dei sentieri nei boschi, il giallo timido delle primule che portano colore alla terra scura di fine inverno e i primi crocus, viola o, più rari, bianchi, nei prati pronti a rinascere di erba nuova. Ho scoperto, di fianco a un albero dove passo di solito, dei ciuffi di erba cipollina selvatica, che vorrei tagliare e mettere in un vasetto da tenere sul davanzale di casa. La montagna alla fine dell’inverno è camminare lungo i fossi: il bosco ha un’immagine che esiste solo all’inizio della primavera, quando i fossi esplodono e i torrenti, che seccheranno nella stagione estiva, vivono al massimo della potenza, emblema ancestrale di un’acqua che un tempo doveva necessariamente sembrare un inno alla vita, ingrediente magico capace di far rinascere il bosco e il mondo intero. Agli occhi di chi visse millemila anni fa e, a pensarci bene, anche al nostro sguardo se solo facciamo l’atto magico di immaginare il mondo per la prima volta.

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