Partiamo per un’avventura?

〰️guarda mamma, una foglia caduta

sì, la prima figlia dell’autunno che vola nell’aria, me l’hai fatta notare tu qualche giorno fa

la sorpresa di mille farfalline azzurre sull’erba medica fiorita, si confondono con il viola del prato e volteggiano,
come minuscoli petali leggeri portati dall’aria

il biancospino un tempo profumato, ora tornato nel periodo dell’anno in cui è verde cespuglio dalla bellezza spinosa e discreta, che non si fa notare se non a sguardo attento

le foglie grandi e ovali del noce, profumatissime quando le strofini fra le dita: gli alberi ancora verdi, ma già con qualche punta di giallo

fermarsi a osservare una strana pianta spinosa e il ragno che vi ha trovato casa

osservare il muschio, interrogarsi sulle direzioni e rifarle con il corpo, braccia e gambe a orientarci verso mondi diversi

giocare con la terra, scoprire che con il fango si impasta, creare torri di sassi, fermarsi a seguire il percorso di un insetto.

Oggi mi dici 〰️partiamo per un’avventura? Mi torna in mente così, con la meraviglia della parola AVVENTURA che all’inizio dell’esistenza è la scoperta a guidare la giornata.

Avventura, senti che suono mentre lo dici.

Ogni giorno è un viaggio che non conosciamo, ogni giorno c’è l’andare. Immaginare, trovare, osservare. La magia della scoperta è nel toccare, sperimentare, nel fermarsi. Vedere attraverso la pelle. Crescere esploratori è un’attitudine, ovunque saremo

Equinozio

12 ore di luce, 12 ore di ombra: equinozio. I giorni di equinozio segnano il tempo di una stagione nuova e del cambiamento.

Le ombre, da qualche giorno le noti e me le indichi ovunque. Sarà che viviamo i giorni in cui le ombre iniziano ad allungarsi anche tu te ne accorgi: il buio entra dalla porta, come ho detto qualche giorno fa in un’espressione sbagliata ma bellissima.

A entrare dalle crepe dei muri e della vita non è solo la vita, ma anche l’ombra. Siamo fatti di due parti, destra e sinistra, luce e ombra, visibile e invisibile. Siamo fatti di parti emerse e parti sommerse; il buio è sempre dietro l’angolo, lo sanno bene i bambini: paura e fascinazione. Quando le cose vanno con calma, al timore segue la curiosità e allora impariamo, a piccoli passi, a camminare nel buio. A guardare il buio. Il ritrovare e ritrovarsi al buio diventa una ricerca con il respiro sospeso, con ogni senso all’erta.

E mentre l’equinozio porta lentamente l’ingresso dell’oscurità attraverso la porta del Tempo, in natura si fa più forte la luce. Ha toni esagerati, affascina come un pugno sul cuore.

Nella storia del mondo il più antico modo per segnare il tempo è stato attraverso le ombre: la meridiana, che ancora vediamo qualche volta sulla facciata delle vecchie case. La luce segna la nostra storia, ci si incolla addosso.

Intanto, mi torna in mente un rito che  lo scorso anno mi raccontò una signora tedesca: prima di Natale, all’inizio di dicembre, si scrivono 30 desideri su trenta foglietti. Se ne aprirà uno al giorno bruciando con una candela quello pescato: alla fine non ne rimarrà che uno e sarà quello su cui concentrarsi per il resto dell’anno
Ecco, prendo il rito e lo trasformo, di desideri ne scrivo dodici, che mi sembrano già molti: li consegno a questo inizio d’autunno e fra dodici giorni vediamo quale sarà il pensiero bello su cui soffermarsi in questa nuova stagione che inizia.

Oggi a Riga bruciano mille candele per celebrare l’equinozio come si faceva, secoli fa, nelle feste dei popoli del Nord: equinox, festa del sole, per celebrare la luce che ancora ci inonda e il buio che, con coraggio, nella vita bisogna imparare ad affrontare.

14 settembre

Giovedì, ’23.

Litighiamo. Tu lanci cose e io urlo. Facciamo pace, mi dici. No, non sono ancora pronta. Facciamo pace, facciamo pace. Ma hai capito perché mi sono arrabbiata? Facciamo pace. Allora ti dico sì, con la voce brutta e tu mi rispondi no, questa non è pace. E allora che cos’è pace? Pace è quando c’è amore. E che cos’è amore? Amore è quando tu abbracci qualcuno, quando abbracci una persona.

Oggi è stato litigi e ravvedimenti, il sole forte di stamattina e l’acquazzone improvviso delle tre, questo pomeriggio, quando ci ritroviamo tranquilli sul tappeto a giocare con le gru e le palline, cacciare via la polvere e impilare libri. E facendo ordine ritroviamo cose, ispirazioni per nuovi giochi, pensieri e tracce. Prepariamo il campo per papà, che questa settimana ha lavorato molto e tu un po’ ne soffri e ogni volta che senti un rumore: sarà papà alla porta, è tornato? E lo chiami.

C’è il sole del tramonto fra i tuoi capelli e nell’aria di nuovo limpida,la fine del temporale; dare i calci al pallone verde regalo di nonna e ridere forte mentre cerchiamo di fare canestro. Tu che sei voluto uscire di casa con i guanti di lana e ti sei disegnato la pelle con la mia matita azzurra degli occhi e siccome si è rotta mi sono anche arrabbiata un po’. La bici, le corse, un piatto di riso alle verdure condiviso con John che arriva dalla Nigeria e abita a Padova e io che avevo – di nuovo – perso la pazienza per la canina che abbaia e – ti sei calmata? – così dalla finestra uno sconosciuto si trasforma nella chiacchierata di uno capitato chissà come in questo borgo ora deserto e tu gli chiedi quanti anni hai e lui risponde cento.

Lanciare non significa mettere in ordine le cose, mi dici tu alla fine giornata. Una bellissima consapevolezza. Sono fiera di te, aggiungo, e uso questa parola – fiera, fiero – che tu hai sentito da qualche parte e da un po’ di giorni ti piace ripetere. Lanciare non significa mettere in ordine le cose, fare ordine è… spazio, guarda. Armonia, bellezza. Non trovi che ora ci sia molto più spazio per giocare e muoverci?

Piedi nudi, sentieri nel verde, fiori da annusare, il silenzio di settembre mentre in alto nel cielo passa un aereo – ascolta, guarda – le corse sfrenate, i chiodi che ora sai impuntare da solo, gli attrezzi e le cose che ti servono per conoscere il mondo – ma quelle vere eh, non per finta. Mammi, guarda per terra quante foglie, sta proprio arrivando l’autunno. Io che sorrido dentro perché mi divertono tutte le nuove parole che impari ogni giorno e sfoderi contento. La rincorsa e buttarsi al collo di papà, quando vedi la sua tuta arancione da lontano. Le piante del giardino e la terra arsa che bevono l’acquazzone. I programmi semplici e bellissimi: toast per cena, Lego e canoe di cuscini che navigano l’oceano immaginario del divano.

Ti amoro. Sai, ho pensato che sei la mia mammina bellissima, la più bella delle belle. Ci addormentiamo tutti e tre insieme fra luna e abbracci, intanto ritorno all’inizio del giorno. Guardo il tuo visetto addormentato e calmo, riascolto le prime parole pronunciate al risveglio. Ti amoro anche io. E ti tengo, col braccio sotto al tuo collo, la guancia sulla fronte e una mano sul cuore. All’unisono.

6 settembre

Di oggi potrei dire

il risveglio con il mal di gola -io- e il tè caldo con il miele e il limone – noi- sul vassoio con il pandoro (sì, il pandoro) spolverato di zucchero a velo e il plaid mentre il sole ancora non si è affacciato

l’espressione di fronte alla prima mora dell’autunno, una, unica, viola. E imparare che il senso del Tempo è quello dell’attesa che serve per permettere al rosa pallido di diventare viola

la polvere che lascia la sabbia, il sole forte sulla pelle nostra e delle piante. La bellezza di una rosa nell’ombra che ormai ha quasi raggiunto il secondo piano e del cancelletto nascosto dai cespugli così vivi e amati dalle api. I bombi che volano ubriachi di dolcezza fra la menta e la malvarosa; i vecchi muri scrostati eppure ogni anno sempre uguali, come le facce della gente che in fondo non cambia mai. Le lucertole minuscole che corrono via fra i sassi e le radici della lavanda, la rucola selvatica e il basilico timido che appena lo tocchi si emoziona di profumo

la luce incredibile di settembre, i pomeriggi ancora lunghi, lunghi come un filo che si dipana dal mattino alla sera tutto in un gomitolo di luce: mai come in questo momento dell’anno, la fine dell’estate, le piante e i fiori sono bellissimi, verdi e vivi fino a quando non soccomberanno come sempre al primo gelo, improvviso anche quando preannunciato.

Potrei dire dei picnic in giardino, della coperta scelta, cercata e stesa – altrimenti che picnic è? – dei piatti portati in coraggioso equilibrio – tu – che poi non vuoi perché dentro non ci sono le stesse cose e in fondo dovevo saperlo che vuoi sempre e solo quello che facciamo noi – questo è quel periodo della vita, a volte ce lo scordiamo, noi sempre sotto la lente della tua instancabile osservazione -. Potrei dire dei bicchieri rovesciati, delle coperte da picnic bagnate, dei canidi viziati ma saggi, dei rimproveri urlati, dei litigi. Di quando litighiamo e ce ne stiamo ognuno in una stanza diversa perché se fai pace solo a parole allora l’altro lo sente e ti dice che questa non è pace per davvero ma non ci puoi fare niente, c’è un tempo anche per questo. E poi chissà come mai la rabbia delle donne è una cosa misteriosa, ci vuole più tempo per scioglierla forse perché è grande come l’amore e ce n’è una per ogni sì detto e all’improvviso si trasforma in tempesta di sabbia che impolvera tutto e trascina via anche le intenzioni migliori.

Poi direi di quando ci si incontra a metà strada. Mentre uno scende qualche gradino e l’altro sale. Non c’è bisogno di dire più niente a quel punto lì, basta farsi l’occhiolino e sorridersi.

Credevo non ti sarei mancata mai più!
〰️ Adesso non sei più arrabbiata, come mai?
Perché l’ho sbollita. E poi perché mi mancavi e ti voglio bene. E poi perché ti ho detto tutto quello che dovevo dirti e se ci diciamo quello che sentiamo importante allora anche la rabbia se ne va.

Ancora, potrei dire delle cadute di metà pomeriggio e degli spaventi, che giornate lunghissime. Delle telefonate con le amiche lontane e delle pagine sfogliate, dei sonnellini saltati e delle azioni spericolate 〰️mammi, mi sono spaventato anche io! – anche tu adesso potresti dire delle cose già dette che ora sai con la forza dell’esperienza, degli annaffiatoi e dell’acqua che rinfresca, del profumo della terra, delle ore che non conosci, delle campane e del mondo su cui ti interroghi.

E poi il profumo del pane che sale per la casa e mette in pace, sempre, aggiusta l’anima e scalda il cuore.
Come gli abbracci.
Come le notti con i piedi vicini vicini.
Come i risvegli con il sole sulla pancia e le braccia buttate al collo

La giornata più bella

Ogni giorno, un attimo prima di addormentarci, mi piace dirti piano piano all’orecchio le cose che abbiamo vissuto. Sarà che quando le ricordiamo le cose appaiono di nuovo, come per la prima volta. Fermarmi a guardare la vita è il mio esercizio zen: per non lasciare che sfuggano raccogliamo attimi momento per momento. E mentre li diciamo loro esistono e noi ce ne rendiamo conto: guardandoli li cogliamo, raccogliamo e decantiamo, giù per la gola, fino al cuore.

E allora, cose belle di oggi…

Svegliarsi con le nuvole e la nebbiolina

Papà tornato a casa presto dal lavoro

Una micro passeggiata sotto la pioggia fatta di trentacinque passi circa che dentro ha avuto: le gocce sulla pelle e fra i capelli, il profumo dei fiori di fine estate, il tetto di foglie degli aceri, le pozzanghere dove saltare, il rosa acceso delle bocche di leone, la potenza degli alberi antichi da respirare insieme al muschio e al cielo

La soddisfazione degli spaghetti al pesto che si arrototolano sulla forchetta e i bocconcini passati da papà

Ritagliare pesci di carta e inventare storie

I cartoni animati, l’aspirapolvere quando finisce di fare rumore e poi abbracciarsi forte come non ci si vedesse da troppo

Lo yogurt al mirtillo sui biscotti con le gocce di cioccolato

Ritrovare la capanna fatta sul divano e leggere libri con la torcia sotto la coperta, giocare a nascondersi e poi gridare fortissimo al momento di apparire

La lunga storia del petrolio con cui si fanno strade e la ricerca di energia pulita

Coccolare la lagotta Kuki a pancia in su seduti fianco a fianco sul divano in cucina

Ballare in cucina con una ninnananna

Ritrovare in soffitta lo yo-yo e allenarsi poi riarrotolarlo per domani

Fare tardi tardissimo e andare a letto che è già notte

Addormentarsi tutti insieme, fronte contro fronte, pelle su pelle, cuore a cuore

La luna che cresce e la notte di luce chiara, il verso dell’allocco di passaggio nel cielo là fuori

〰️ sì, questa è stata la giornata più bella delle belle giornate.

I piccoli sanno sempre ricordarci le cose importanti. Per esempio, il fatto che i momenti davvero belli quello che hanno di speciale non è un cosa, ma un come: insieme, coi sorrisi, senza fare nulla di speciale, tutto diventa sorprendente.

L’estate dei tuoi tre anni

Tu che ti svegli nel cuore della notte per scendere in cucina a bere e io che senza farni vedere per un attimo giro le spalle e accendo in fretta una candelina da piantare in un biscotto. L’espressione della tua faccina, sorpresa e commossa, adulta e bambina, infinitamente senza tempo mentre mi volto e nel buio della cucina ti dico “buon compleanno” e ti canto gli auguri. Tu che dici – per me…! – con gli occhi che luccicano, io che mi commuovo di te commosso

Maggio, la festa del tuo compleanno: giorni avvolti nella pioggia che cade fitta, papà a casa dal lavoro e le candeline sempre, dalla colazione ai toast. Tu che ci obblighi a cantarti auguri su auguri

Il mare, il mare così potente e immenso. Correre in spiaggia la prima sera che arriviamo lì, al tramonto così arancione e rosa, accaldati con i piedi che affondano nella sabbia fredda. L’acqua salata che occupa tutto l’orizzonte, la schiuma, le stelle e le onde da rincorrere: tu e una bambina vi rotolate e ridete forte

Le nuove amicizie, che ci sono per voi piccoli e anche per noi grandi perché a volte ci fate intrecciare e scoprire anime affini

Dormire per tutto il pomeriggio e lasciare il sole fuori dalle tapparelle, ordine cibo al ristorante e mangiarlo per merenda seduti sul letto a guardare cartoni animati anche se non si fa, poi stare in spiaggia a giocare fino a quando non c’è più nessuno perché se ne sono andati tutti, spiare l’arrivo del blu che confonde cielo e mare, ritrovare le stelle, camminare a piedi nudi e fare picnic notturni, seduti sul pattino del bagnino e sullo scivolo che adesso non hai più paura di scendere a tutta velocità

Il momento in cui l’estate sembra solo all’inizio, come l’infanzia, come una mattina ancora piena di promesse

Vuoi che ti accarezzo? – mi chiedi tu che impari a poco poco la grande lezione della gentilezza. E siccome la pronuncia è ancora incerta mimi con la mano cosa significa “carezza”

L’estate in cui ogni giorno impari qualcosa in più sull’arte dell’arrampicarsi: mi alleno, spieghi

Usare le altalene per stare a testa in giù

I nonni, papà e tutte le persone per cui provi così tanto amore che a volte è troppo e allora ti arrabbi e li rifiuti

Osservare le persone, le strade, i dettagli. Voler sperimentare tutto, fare tardi, non arrendersi mai, non bastare e non bastarsi

La prima volta che inventi una storia, una canzone, una spiegazione. E inizi a dire “lo so io” e provi a spiegarti e spiegarci il mondo. Alla fine dell’estate sei tu a raccontarmi storie mentre andiamo in passeggino

Le bottiglie dei colori, che per ora finiscono sempre sulla pelle

Gli urli a volte tremendi, la fissazione che hai per farti prendere in braccio: ha tutta l’aria di sembrare un capriccio ma ogni volta penso quanto passerà in fretta questo periodo in cui so sollevarti e allora mi godo il tuo nasino che affonda fra i miei capelli e l’abbraccio tenace, tu che ora sai attaccarti forte come una scimmietta

La passione per i tortellini, le tette, la sabbia, l’acqua, il mare

Tu che ami giocare a nascondino e senza saperlo capovolgi le regole perché il tuo gioco è la grande gioia di essere subito trovato. E “adesso dici, dov’è il mio bambino?” mi suggerisci di dire

La pineta, i piedi nudi, l’odore della resina. Uscire per la passeggiata sempre con una corda in mano, un filo da inseguire

La nostra cana con cui condividi sempre il tuo cibo e che beve solo dal tuo secchiello azzurro, che tu puntualmente rovesci

Il profumo dei fiori viola della lavanda e delle foglie di rosmarino, menta fresca e salvia, da stropicciare fra le dita

Stare a pancia sul salterello, fra l’aroma dolcissimo dei fiori di non so che e i cieli di luglio ancora così luminosi e rosa, qui siamo tranquilli – lontano dai rompipalle, dici tu che ogni giorno capti nuove parole

Il sole del mattino sui piedi e sui gomiti, a letto fra le lenzuola

I grilli, i trattori che tu saluti con il braccio e le lucciole, che all’inizio ti addormentavi prima e poi hai imparato ad aspettare: la volta che siamo andati a vedere le lucciole, con stivaletti e torcia, di notte, a inseguirle fra i prati

Senti che silenzio, mi fai notare ogni tanto

La guerra dei gavettoni a Ferragosto, che tu non sapevi cosa fossero

Oggi fa motto caddo, dici tu, molto caldo, e parli una lingua tutta tua fatta tutta di T, come il tuo nome che provi a scrivere dappertutto

Fare tardi al parchetto e andare via quando è già buio, stanchissimi, mezzi addormentati con le guance piene di polvere e gelato sciolto

La volta che io mi sono arrabbiata e ti ho urlato di spostarti perché eri tutto appiccicoso e tu, offeso e disperato, “non sono appittitoso”. Tutte le volte che tu esageri, che io esagero, che urliamo e poi facciamo pace

La volta che abbiamo impastato insieme il pane, aspettando papà dal lavoro, e quella del pomeriggio in cui ci siamo messi alla finestra aperta davanti al temporale, ad ascoltare l’acquazzone

Guarda – mi dici orgoglioso, per farmi vedere che ora ci arrivi – al lavandino, alla fontana, al tavolo. E ogni giorno le tue gambette si allungano e tu diventi più alto

La seggiolina imbottita, rossa, a dondolo – un tempo piaceva anche a me, mi han detto – tu l’hai posizionata davanti a una certa finestrella della soffitta perché ogni tanto ti ci siedi e proprio da quel punto riesci a vedere tutta la montagna e le luci lontane

Il profumo di menta del fieno fresco e lanciarsi dentro

Dondolarsi in amaca, fortissimo con papà

Voler usare le forbici da giardinaggio per tagliare erba, siepe e rose

Regalarmi ogni giorno un fiore. Una sorpresa per te, mia mami. Amici nel mondo, dici a me e papà e ha l’aria di essere la più segreta e bellissima delle cospirazioni

Papà che ti insegna a costruire, si arrabbia se distruggi, fa finta che non gli importi quando non lo abbracci, ti bacia di notte mentre dormi

Io che ti pettino mentre dormi. Tu che parli nel sonno, a volte per ore. Poi ti metti a sedere nella notte, metti la testa sul mio braccio e allora io smetto di fare quello che faccio e rimaniamo così.