Il sale, una delle materie prime più preziose per la vita: una delle tasse più antiche, che un tempo era a persona, perché si calcolava una certa quantità di sale per ogni persona. Il sale veniva trasportato attraverso le rotte delle vie carovaniere, da una parte all’altra del mondo allora conosciuto.
In Garfagnana nel 1170 alcune famiglie decidono di non pagare più la tassa sul sale a Lucca e questo è uno dei motivi per l’assedio di quella che oggi è una piccola rocca incastonata fra le montagne, da scoprire quasi per caso imboccando la strada per #Aulla.
La fortezza delle Verrucole di San Romano in Garfagnana nel Trecento è stata di Spinetta Malaspina, condottiero di ventura, ghibellino e marchese. Nel Quattrocento diventerà di proprietà degli Este, di Ferrara. Poi cade lentamente in rovina e per cinquecento anni, dal Cinquecento, è parte del Ducato di Modena.
Dei combattimenti non c’è più traccia. Se capiti qui in una mattina fuori stagione troverai il silenzio millenario delle Apuane, con il blu che ti sbatte in faccia l’aria di sole e la pacatezza di chi non ha fretta.
Di fronte, i calcari grigi del massiccio Pania di Corfino: queste rocce si sono formate 200milioni di anni fa, durante il Giurassico. Un tempo così grande che non riusciamo neanche a immaginarlo, un altro schiaffo in faccia alla effimera presenza del passaggio della nostra esistenza sulla Terra.
Eppure, nell’aria limpida del mattino c’è questo silenzio grande a cui apparteniamo tutti. l’urlo della battaglia non grida più e su per la salita viene da fermarsi, dentro a tutto quel blu, e pensare se davvero vogliamo vivere sempre in guerra o esercitarci a trovare modi per portare pace nella nostra vita. Che il primo modo passa per il respiro.
Pace,
respirare la parola
lentamente
spostarsi al sole
sentire il calore nella pietra antica
costruire panchine rivolte verso l’infinito
Perdersi in Lunigiana
metti il cielo limpido del sabato mattina,
due toast, il caffè e tre tazze nel lavandino.
La voglia di una promessa di primavera e
anche se fuori stagione non importa,
vogliamo illuderci
sole da rubare all’inverno.
Passi la selva romanesca e incroci il passo delle Radici, là dove per un attimo sei ovunque:
san Pellegrino sulla testa, a destra direzione Lucca
il mare nella mente, le montagne sul cuore
quest’anno (ancora?) niente neve a san Pellegrino in Alpe, il comune più alto dell’Appennino, in provincia di Modena. Le Apuane, là di fronte, sono di inchiostro azzurro. Castelnuovo è dritto, ma tu a Pieve Fosciana vai a destra, verso Aulla, che ancora non ci si era mai passati.
Pontecosi, Sillicagnana, San Romano in Garfagnana con la sua fortezza e i mulini da dove viene la farina di castagne, tradizione secolare. Qui si coltiva il farro, che è tipico di queste terre.
È una piccola strada sorridente la statale 62. Corre fra prati al sole e borghi. A lato, gruppetti di case con le facciate di sassi, quelli tondi di pietra grigia e liscia del fiume. Si chiamano osterie i bar e hanno menù appesi fuori con tradizioni vecchie di secoli che parlano di mani capaci di impastare confini lontani solo in apparenza.
Che, passo dopo passo, percorri il mondo e cuci insieme i pezzi. Lunigiana. L’Emilia Romagna è alle spalle. Sei dentro la Toscana eppure il movimento ti ha già portato altrove, a dirtelo sono gli accenti e la parlata dentro le parole. È sangue e sguardo di Liguria.
Lunigiana.
In Piazza al Serchio c’è una locomotiva: ci ricorda che questo luogo nel Medioevo fu centro dove tanti fili convergevano, dove si uniscono i fiumi, il Serchio di Sillano al Serchio di Gramolazzo, e la Via Clodia si divide. Crocevia di strade e passanti, incrocio di storie.
Al centro, a un passo dalle case e dalla strada, i binari della ferrovia: fino a Fivizzano, che a parte la Piazza medicea, la chiesa fatta tremare dal terribile terremoto del 1920 e le mura volute da Cosimo de’ Medici è famosa per un altro fatto. La prima macchina da scrivere è stata immaginata e costruita qui. Qui è esistita la stamperia di Jacopo da Fivizzano, una delle prime in Italia e oggi qui, fra le sale del Palazzo Fantoni, c’è il Museo della Stampa.
Dal Medioevo i viandanti in cammino in Lunigiana viaggiano su vie che attraversano boschi secolari, vigneti, fattorie e ponti sull’acqua. In queste terre passa la Via Francigena, la Via del Volto Santo e la Via degli Abati. Le chiese si chiamano pieve e ogni borgo ha la sua osteria.
Le grotte di Equi Terme e l’orto botanico di Frignoli, fino a Aulla, con l’abbazia di san Caprasio: la Strada delle cento miglia, da Luni a Parma. La Spezia all’orizzonte, il mare come una tavola azzurra, inquieto e sciabordante: da Bocca di Magra a Lerici sono nove chilometri, un passo la Liguria e le Cinque Terre, un passo e la lunga marina di Massa, il litorale sterminato fino a Forte dei Marmi. Un bagno dopo l’altro, con i nomi che ne fanno un’epoca e una storia.
Intanto il tramonto. Rosa. Acceso. Interminabile. Solo negli occhi. Seguendo la linea del mare. Il tramonto dura per ore. Scende rapido nella spiaggia di Fiumaretta, si tuffa nell’acqua azzurra e lilla fra le pinete di Massa, emoziona di rosa il cielo del Forte, resiste sulle cime delle Apuane. Resiste a lungo, anche quando il buio incalza e siamo già dentro i tunnel scavati nella roccia della montagna smangiata dalle cave di marmo.
Perché il rosa, colore da femmina, non si arrende. È rivoluzione della gentilezza. Il rosa è nascita, rinascita, primavera, petali sbocciati, dita dell’alba, speranza. Si dipingevano, mi raccontava mio padre, le camere dei malati di cuore e polmoni come suo padre, mio nonno paterno. Perché con il rosa si respira meglio, si respira la dolcezza e la calma, la speranza, il cielo dopo il temporale. Si aprono i polmoni e il cuore. Si porta dentro un frammento di bellezza da conservare per i momenti più duri
Camminare d’inverno
i cani sdraiati nella neve,
a guardare l’infinito
camminare d’inverno,
quando il sole in un attimo sparisce
l’aria che ha una luce viola e arancio
le dita ghiacciate
il gatto nero selvatico che non vedevamo da mesi che riappare all’improvviso e resta a osservarci a debita distanza
il fuoco nei camini, le strade silenziose, i pomeriggi assordanti e poi silenziosi all’improvviso, le tazze di caffelatte, la musica jazz, immaginare un concerto,
fermarsi
immobili
a guardare il fosso che qualcuno al momento pronuncia ffoffo
l’acqua che scorre
innarestabile
fra gli alberi e il muschio
ci rapisce il fluire dell’acqua
lo ammiriamo così, senza far niente
e pensare a come sembrerà strano, come sempre, quando il freddo sarà un ricordo e d’estate avremo di nuovo infradito e gambe nude e nel fosso il ghiaccio si sarà sciolto14 gennaio ’22
12 gennaio
la neve sui tetti, appena apri gli occhi
nascondersi fino al naso sotto al piumone
libri leggeri
un bacio del buon giorno
pancake a colazione e marmellata di pescheil rumore della lavatrice
cieli azzurri infiniti, sole che scioglie il ghiaccio
nel cuore
la telefonata di una persona cara
lontana
la voce di oggichiudere gli occhi per un attimo
il profumo di caffè dopo pranzo
uscire con i capelli bagnati
immaginarsi la luce dell’estate
sulla pelle
toccare il tessuto dei pantaloni e sorridere
imparare a infilarsi una felpa per la prima volta
quasi da solo
prima un braccio poi la testa
gli stivaletti al contrario
il cappell stortola sensazione meravigliosa di quegli attimi
quando l’anima è leggera
senza un perché
solo per una giornata di sole,
un paio di pantaloni puliti dopo la doccia:
cambiamo abiti e abitudinie poi piedi freddi
addormentarsi abbracciati
la luce della luna e il silenzio improvviso della notte.
Chiederci quali sogni vogliamo per domani
12 gennaio ’22
Cambiamento
CAMBIAMENTO
è una parola che contiene una storia bellissima,
dentro c’è un movimento
il collo quando si gira per
andare incontro a
nuove direzioni,
è il momento in cui decidiamo
più o meno consapevolmente
che ci tocca spostare
corpo e sguardo
cambiare, dal verbo greco kambein:
curvare, girare
è tortuoso spesso, il cambiamento
mai lineare
torna su se stesso e ritorna, indietreggia
si fa strada e
alla fine diventa metamorfosi,
nell’istante esatto in cui la forma muta
da dentro.
Fuori cade la maschera, si spacca la crisalide
Intanto, nel silenzio deflagrante del cambiamento
io neanche me lo ricordo più quando ho iniziato a
girarmi, quanto sforzo mi è costato
cercare nuove direzioni
consegnarmi all’onda di ciò che mi chiama a mutare
una spina dorsale meravigliosamente elastica
sostiene questo andare
di che cosa è fatto il cambiamento?
Lasciar andare
ciò che non serve,
forse è questo il senso del cambiamento
semplicemente smettere di dare energia a ciò che non ci fa crescere e
iniziare a fare più caso a ciò che
ci rende felici,
il sole che scalda e la pioggia che illumina,
i momenti per cui vale la pena
gli abbracci veri,
le scoperte
la bellezza
Oggi fai un’azione che ti renda felice
Sulla spiaggia di una giornata d’inverno, quando il litorale è vuoto e intorno ci sono solo piccoli viaggiatori temerari, pescatori e cani sciolti
andiamo dai pescatori, dico
la canina abbaia ancora più furiosa
ci avviciniamo
tu ti fermi a osservare la canna da pesca piantata nella sabbia, lunghissima
dal filo alzi lo sguardo fino su, dove finisce e si confonde con il cielo
vuoi vedere un pesce?, ti dice quello ed è un ragazzo bruno e alto, con l’accento forte di un’altrove che per un attimo mi sembra di essere là, dove viene lui, un’altra isola nel blu
ecco – e scoperchia un secchio rosso – è ancora vivo, anche se ormai è quasi morto
con i suoi occhi scuri ti guarda
tu sei serio,
abbassi lo sguardo
osservi il pesce, una piccola guglia grigia che guizza in due dita d’acqua
non fai per toccarla, rimani serio,
a guardarla.
tu, viaggiatore intergalattico ancora non parli la lingua terrestre, ma
usi i gesti, come ogni buon viaggiatore al di là dei confini, in visita a mondi non suoi
con lo sguardo fermo e accigliato, fissi giù nel secchio
punti l’indice minuscolo
là, verso l’azzurro infinito dell’acqua
quell’essere liquido
appartiene al mare
poi, senza salutare te ne vai
passo dopo piccolo passo
arrancando nella sabbia
con l’andatura instabile che hanno i bambini molto piccoli e i vecchierelli
non guardi pù nessuno, solo drittto davanti a te
a me scende un senso vago di tristezza
assenza di libertà che fa male e amaro del limite ineluttabile
così è la vita
la canina abbaia,
il mare butta verso di noi ondate fredde che bagnano la punta dei piedi
tu raccogli sassi, io conchiglie che poi mi fai lasciare a terra
passa qualche minuto,
il ragazzo pescatore, accanto a qualche metro di distanza
si è piegato verso il secchio rosso e ora va verso il mare
gli stivali immersi nell’acqua ghiacciata
fra le pozze del bagnasciuga
è la piccola guglia
libera,
ancora viva
nuota
ecco, ora è libera dice lui
a me scende un sorriso profondo nel cuore
tu lo guardi come ovvio,
deve tornare là, a ciò a cui appartiene, ognuno.
Io vedo lui, di un posto lontano sul mare, ad abitare in una città non sua e anche se non lo conosco e me lo immagino, su una spiaggia solitaria fuori stagione, per stare in piedi di fronte all’infinito e ricordarsi il suo di mare.
sono azioni piccolissime a salvarci,
gesti di bellezza
forza, libertà
coraggio
gentilezza. Sono quello che
ti fa sorridere e sentire libero dentro
Immaginazione
Ci vorrebbe l’ora di Immaginazione
in tutte le scuole, per tutta la vita.
Educazione all’immaginazione no,
che di immaginare siamo capaci benissimo.
Proprio un’ora così, da lasciarsi liberi
vagare con il pensiero
vagabondare fra le idee e i ricordi.
Costruiremo cose da fare, modi di essere e nuovi finali
il diritto di fantasticare
poter cambiare le storie
disegnare orizzonti mai visti
esplorare l’inesplorato.
Non sarà un caso se il mondo,
raccontano in cento lingue diverse
tutti i saggi del mondo,
è nato così
immaginato prima che creato
detto, pronunciato, raccontato
pensiamo i nostri desideri
diamo loro una forma, poi
puntiamo il dito
andiamo in giro
a cercare i nostri sogni.
Anno dopo anno
lo dimentichiamo
cosa vuol dire
immaginare
iniziamo a credere nei soliti finali
impossibile
immaginare case e lavori nuovi,
immaginare nuove vite
impossibile
invece è solo questione di esercizio,
immaginare
scriveva Joseph Conrad
– Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando? –