A Gabicce Mare

in uno spazio tempo a metà via fra Cesenatico degli anni Ottanta e i matrimoni lampo di Las Vegas vive
Gabicce

a Gabicce non si dorme mai e si mangia a stento,
i “ciucciamonetine” sono alti un metro e mezzo o poco più,
conoscono bagnini e baristi, con cui hanno traffici segreti: è tutto uno scambiarsi soldini e monetini per avviare i temibili giochi, che sono
ovunque. Impossibile andarsene dalla spiaggia: bimbi! esclama il piccolo viaggiatore con il dito puntato
e del mare chissenefrega

il centro del mondo è la spiaggia,
giochi: giochi è la prima parola con cui ci si sveglia la mattina e mentre si aprono gli occhi suona imperioso un monito interiore:
là, fuori
fuori. Giochi!

C’è il camper di Adriano al bagno 28, si narra che quando arrivò i piccoli viaggiatori intergalattici facevano la fila. Me lo dice il bagnino Francesco, che per passione legge grossi volumi di economia in lingua inglese all’ombra. Al sole delle due resistono solo le signore più abbronzate, indefesse con il cappellino sulla fronte: loro, quelli piccoli, non si arrendono

scotta la sabbia? no
correre! dicono, e se ne vanno correndo mentre i grandi si salutano in fretta e lasciano i discorsi a metà.
Abbiamo tutti gli stessi giocattoli, molto simili, cambiano i colori e qualche forme. TrattoLe! I trattori sono i preferiti, ruspe, palle che il vento disperde continuamente e
ovviamente, secchiello e paletta.

Sono oggetto di lunghe contrattazioni fra i più piccoli, secchiello e paletta. Una palestra con cui i più volenterosi imparano, e insegnano, l’uso dei possessivi e della filosofia politica: mio, tuo, suo, condivisione, riappropriazione, appropriazione indebita, prestito, riscossione etc. Gli stronzi di solito iniziano a intuirsi già a questa età, hanno modi di fare che rivedrai a diciotto o quarant’anni, solo con più rughe.

Ma a volte è da un graffio e uno spintone che nasce un’amicizia. Perché tu, che cammini su questo pianeta da un po’, te ne andresti. Invece loro no: i giovani viaggiatori dello spazio, neo neanderthaliani, stanno ripercorrendo la storia dell’umanità in breve. Sono convinta che sia un’informazione impressa nel DNA, esce allo scoperto all’inizio del viaggio sulla Terra. Mio! No! Tu! IO! dicono “io” per dire “tu” e “tu” per dire “io”, si lanciano urli e danno spintoni, ma poi tornano, proprio come preistorici Neanderthal ribadiscono le posizioni, le discutono, si guardano dritto negli occhi, si lanciano sabbia e si depistano, si perdonano, si baciano, si odiano, si fanno la guerra e fanno pace

e poi te ne vai, un po’ più in là.
C’è il bagno Marisa al 23, dove incontri il gruppetto degli amici con cui proprio ti trovi. Succede a ogni età, affinità elettive, qualcuno le chiama, o più semplicemente la capacità di allenarsi a riconoscere quelli con cui ti piace fare gruppo: un esercizio che forse è il più importante di tutti e per tutta l’esistenza. Forse è proprio da questo allenamento che nasce il desiderio e la forza di non accettare passivamente la classe, la scuola, o i colleghi del lavoro ma di andare a cercare le situazioni e le persone con cui sentiamo di star bene; sapere che sì, è sempre possibile trovarle. Soprattutto se continui a camminare ed esplorare, sapendo che è un viaggio, che ti fermerai con qualcuno e non è affatto detto che saremo amici, non possiamo essere amici di tutti: questa è una grande e meravigliosa verità.

Vogliamo appiattire i bambini dicendo ‘sii amico di tutti’, ‘i giocattoli sono di tutti’. Ma tu non daresti la tua borsa o il vestito a cui tieni a chiunque. Dentro, anche se sei alto meno di un metro, intuisci che c’è qualcosa di storto, qualcosa che non torna in queste parole. No, non possiamo essere amici di tutti: bisogna imparare a sentire. E scegliere. E sperimentare, vivere, metterci alla prova. Curiosare. Uscire dal proprio spazio e vedere che effetto fa. Provare a giocare insieme, sbirciarsi a vicenda.

C’è Luca che ha cinque anni, anzi sei, ma non so quando sono nato in ogni caso o venerdì o sabato o domenica perché al mio compleanno è sempre festa, c’è Maria Sole che è sua sorella e di anni ne ha tre e Anastasia, la grande, che ne ha nove e suo papà, bravissimo a costruire piste giganti, che ogni tanto scappa a fumare, quando può – ancora un’altra ? – dice lei e scuote la testa. C’è Ettore che, la sua mamma sospira, spero si stanchi e vada a dormire. E poi Domenico che ha il costume con i teschi e gli occhi azzurrissimi: sono in quattro fratelli, ognuno distante cinque anni dal precedente o successivo. E poi Simone, che passerebbe la vita su uno scoglio o in acqua a nuotare come un pesce.

Tutti festeggiano le pagelle, comunque sia andata, e l’inizio di una nuova stagione dell’anno e della vita: le vacanze, desiderio di un anno intero. In barba alle preoccupazioni su ragazzini curvi sugli schermi, a Gabicce mare impera, incontrastato, il vecchio gioco delle biglie

le biglie sono palline di plastica colorata con dentro un’immagine, una figurina di carta diversa così ognuno può riconoscere la sua. Ogni giorno si fanno piste immense, dotate di tunnel, salite, discese ardite e fossati: questo impegna all’incirca tutta la mattina; poi si svolge la gara di biglie. Subito dopo è l’atto finale di distruzione perché le buche vanno richiuse altrimenti una persona può cadere e si rompe una gamba, soprattutto i vecchi, e poi il bagnino si arrabbia: questo lo sanno tutti i bambini. Per i più piccoli una delle cose più difficili da capire è perché alla cura estrema a non rompere mura e parapetti e tunnel in un attimo si sostituisca la furia cieca della distruzione. Tant’è, succede anche nella vita. E di solito, in spiaggia come nel quotidiano, solo chi ha costruito ha il diritto di rompere: diritto che si accaparrano i più grandi, che tanto si sono impegnati con secchi, sabbia, leganti e leggi dell’architettura dei ponti.

ogni giorno è diverso, ma solo se lo vuoi. Perché
se non fai programmi e ti lasci portare dalle sensazioni
può darsi che ieri ti farai un caffettino e uscirai tardi, senza orologio finendo per tornare tardissimo, al tramonto, con un cartoccio di spiedini di gamberi e calamari, la sabbia fra le dita dei piedi e ovunque, la pelle rossa di sole e appena il tempo di fare una doccia prima di addormentarsi
oggi hai lasciato aperta la tapparella e ti sei alzata presto, beato chi ama svegliarsi all’alba e cammina nella spiaggia ancora umida fra i colori che dipingono l’inizio del mondo

domani non sappiamo che sarà,
non lo sappiamo mai a dire il vero solo che cerchiamo di darci orari, tempistiche, programmi,
giusto per star tranquilli
giusto per occupare il tempo

e ci perdiamo il gusto,
il gusto di vivere attimo per attimo, che
ogni attimo ti dice di cosa c’è bisogno in questo momento
proprio questo, adesso e qui

tutto questo sembra estate, ma è ancora primavera,
gli ultimi giorni di primavera
a Gabicce Mare.

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