Neve nel Vermont

Se ti capitasse di pasare per Cleveland al museo di arte, Cleveland Museum of Art, troveresti appeso questo quadro di Mary Altha Nims. Era nata nel Vermont all’inizio dell’Ottocento, 1817 e si occupava di pittura su velluto, theorem painting.

Chissà, Mary Altha Nims che faceva in quel giorno di neve. Io me la immagino dopo una tazza di tè per colazione, con gli stivali che affondano nella neve a guardare per un attimo l’orizzonte mentre la tempesta si arresta per un attimo e la voglia di uscire è troppa. Poi, per uno strano scherzo della mente ritornare fra le pareti di casa e restare là fuori nella neve: sedersi alla finestra e guardare la casa dall’esterno, attraverso se stessa nella neve, Alice allo specchio.

E allora prendere i pennelli, la tela e il bianco: lasciare l’impronta della giornata candida e tempestosa, che rimanga sulla carta e nella memoria. Perché certe immagini si può solo abbracciarle e cullarle così, strette al cuore. Come le giornate d’inverno bianche di nebbia e nevicate, con il fuoco del camino che scalda l’anima; un senso di immobilità e immaginazione che pervade ogni cosa.

Dicembre 1888

Chissà che tempo faceva quel giorno, io vedo una pipa su una sedia impagliata. L’aria è azzurra, fa pensare a quelle giornate di dicembre con il cielo blu così terso, trasparente. La pipa è di un ragazzo, ha la barba rossa viaggia con in tasca pochi soldi e molti sogni. Anzi, forse uno solo. Esprimere il cuore, lanciarlo via, libero. E l’amore, incontrare l’amore. Ecco, vedi: sono già due. O forse sì, solo uno Amore, passione, espressione colore sogno. La capacità di tenere in mano e inseguire i propri sogni, quello che ci fa battere il cuore Quel ragazzo si chiama Vincent, è arrivato da lontano, dal nord in una piccola città del sud affacciata sull’acqua, sarà per questo che l’aria sembra sempre azzurra qui, anche quando inverno e pizzica un po’ il naso a Arles, nel sud della Francia c’è una casa dentro questa casa c’è una stanza è qui che ha vissuto quel ragazzo di nome Vincent con tutti i sogni, che portava fuori ogni giorno per liberarli fra il vento e l’acqua del canale, dove le lavandaie sciacquavano i panni per ore con le dita arrossate e d’estate il giallo negli occhi campi di grano e girasoli corvi neri come presagi di brutti pensieri nel blu del cielo della mente. Fra le dita teneva tutti i colori, li cullava nella testa e poi dentro al cuore, di notte,quando nessuno sentiva. Credeva si essere solo quel ragazzo arrivato da lontano un signor nessuno, invece i suoi sogni sono arrivati fino a qui