L’antica tradizione dei bilancioni

Andando dal Delta del Po ai lidi ravennati scopri i bilancioni. Fra le sponde della laguna i capanni da pesca e le barche che scivolano lenti e, in alto, le reti della pesca a bilancia, i bilancini.

Segui i canali, il loro corso lento solcato un tempo dalle imbarcazioni silenziose, e trovi il mare: il legno dei casotti costruito su palafitte che ricordano epoche scomparse, persino preistoriche.

Di pesca a bilancioni si parla già nel Quattrocento sul Delta del Po, ma chissà quando nasce davvero: è un metodo antico, semplice come le idee che nascono dall’osservazione. Una rete, un sistema per sollevare e abbassare.

Esistono, queste reti, sul Delta del Po, sulla costa vicino a Ravenna; in Puglia e in Abruzzo, i trabucchi. Esistono in India e in Bangladesh.

Negli anni della guerra i bilancioni sono stati il luogo di riunioni clandestine; nei felici anni Sessanta, Ottanta e Novanta posti dove andare a vedere le stelle e mangiare davanti al tramonto o fuggire dal caldo, per sedersi e stare a guardare il mare. Salsedine sulla pelle e pensieri oltre l’azzurro, nei pomeriggi lenti e adolescenti, fra gli amori e le cicale.

Una volta il bilancione stava immediatamente vicino alla pescheria e chi ne era l’orgoglioso proprietario vendeva direttamente sui banchi del negozio il pesce fresco appena tirato su.

La pesca con il bilancione si basa su una rete quadrata, bilancino o bilancella, sospesa su due aste incrociate, che viene immersa e sollevata verticalmente per catturare i pesci. Questa tecnica è particolarmente efficace in acque poco profonde e calme, come i fiumi, i canali e le lagune. Le reti più grandi, utilizzate per la pesca professionale, sono chiamate bilancioni o padelloni.

I capanni da pesca sono costruzioni su palafitte, progettate per resistere alle condizioni ambientali delle zone umide e costiere. La pesca con reti a bilancia è una tecnica antica, diffusa in diverse culture e regioni del mondo. Tradizionalmente, questo sistema era manuale, basato su un palo o una canna che fungeva da leva. La rete, fissata agli angoli di due aste incrociate, veniva sollevata tirando una corda attraverso una carrucola posta all’estremità del palo. Il meccanismo sfruttava l’effetto leva per facilitare il sollevamento della rete.

La pesca a bilancione moderna in Emilia Romagna si sviluppa in particolare nel XIX secolo. Nei bilancioni moderni, il sollevamento della rete è spesso automatizzato. La rete è collegata a cavi che vengono azionati da un motore elettrico, permettendo un controllo più preciso e meno faticoso dell’operazione di pesca.

Sistemi simili sono documentati in molte culture del mondo, dall’Asia (Cina, India, Indonesia) all’Africa e alle Americhe. Alcune fonti parlano di reti a bilancia utilizzate già nell’antico Egitto e in Mesopotamia. La Cina antica ci ha lasciato disegni e descrizioni di reti quadrate sollevate da pali o braccia meccaniche, risalenti alla dinastia Han (206 a.C.–220 d.C.), mentre in zone dell’Africa come il lago Vittoria ancora oggi vengono utilizzati sistemi di pesca simili.

La pesca più antica del mondo? La rete a bilancia

Tanto tempo fa, quando non c’erano le barche a motore né le canne da pesca, gli esseri umani dovevano inventare modi semplici per prendere i pesci nei fiumi, nei laghi o vicino alla riva del mare. Una delle idee più antiche fu quella di usare una rete quadrata, appesa a quattro bastoni lunghi, e calarla lentamente nell’acqua. Poi, aspettando con pazienza, qualcuno tirava su la rete con un sistema a leva o una corda, sperando di trovare qualche pesce dentro. Millemila anni fa qualcuno iniziò a sperimentare un funzionamento legato a una tecnologia semplice, condivisa in diversi luoghi del mondo perché basata sull’osservazione della natura.

In India e Bangladesh, nelle zone paludose, i pescatori usano ancora reti quadrate chiamate jala o china nets, spesso montate su strutture in legno simili ai bilancioni, mentre lungo il fiume Yangtze, in Cina, da secoli si utilizzano grandi bilance di bambù che sembrano grandi ali di uccello.

Le reti da pesca cinesi, conosciute localmente come Cheena vala, sono strutture imponenti e affascinanti, particolarmente presenti a Fort Kochi, nello stato del Kerala, India. Queste reti sono montate su strutture in legno di bambù e teak, con un sistema a bilanciere che permette di calare e sollevare la rete nell’acqua. Il meccanismo utilizza grandi pietre come contrappesi per facilitare il movimento della rete. La tecnica di pesca è stata introdotta nel XIV secolo da commercianti cinesi e oggi rappresenta una delle tradizioni della regione.

Le reti da pesca che si vedono a Fort Kochi, in Kerala (India), si chiamano Chinese fishing nets proprio perché furono introdotte dai cinesi nel XIV secolo. Sono montate su una grande struttura a bilanciere, simile a una gru, con pesi in pietra usati come contrappeso. Intorno al 1300-1400, il famoso ammiraglio cinese Zheng He, durante le sue spedizioni nell’Oceano Indiano, stabilì rotte commerciali e culturali tra la Cina e diverse regioni dell’Asia meridionale, tra cui la costa sud-occidentale dell’India. Secondo la tradizione locale i mercanti cinesi, probabilmente della dinastia Yuan o Ming, a portarono con sé dalla Cina questa conoscenza introducendo l’uso delle reti a bilanciere nella zona di Kochi. Per questo motivo ancora oggi si chiamano “reti cinesi” (Cheena vala, in malayalam, la lingua del Kerala).

In Bangladesh, le reti da pesca tradizionali sono ampiamente utilizzate lungo i numerosi fiumi e corsi d’acqua del paese. I pescatori spesso impiegano reti a bilancia montate su strutture semplici, talvolta integrate con l’uso di barche. Una pratica unica in Bangladesh è la pesca con l’ausilio di lontre addestrate, che aiutano i pescatori a guidare i pesci nelle reti.

Due pali lunghi, una corda, un contrappeso. Un gesto lento, ogni tanto. La rete che scende e risale, con calma. I bilancioni insegnano la pazienza: il pesce arriva quando vuole lui, non quando lo chiami tu. All’alba e al tramonto, i bilancioni si riempiono di voci che non parlano. Voci d’acqua, di canne, di uccelli. Gli aironi, le folaghe, i cavalieri d’Italia passano vicino, quasi sfiorano la rete. Anche loro pescano storie, attimi da strappare all’acqua.

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