Perché tenerci stretta la malinconia

I paesaggi della malinconia sono come certe giornate d’autunno o di inizio primavera, quando la pioggia e il sole si scambiano di posto velocemente e l’aria è ancora fredda. La malinconia è dentro un tramonto, ma a volte anche dentro a certe albe seppur piene di luce e bellezza. Perché proprio con la luce e la bellezza si mescola l’ombra della malinconia: è nebbia, non di quelle dove non si vede nulla; assomiglia di più a quella foschia leggera che annebbia l’anima e i pensieri con un non so che dolciamaro. Sì, questa parola esiste, dolciamaro, e mi sembra bellissima perché unisce il dolce all’amaro, piacere e dolore insieme, l’ombra e la luce, allegria e tristezza, proprio come il sentimento complesso della malinconia.

Una decina di anni fa Justin Feinstein, dell’Università dello Iowa negli Stati Uniti, ha condotto una ricerca selezionando un gruppo di dieci persone, fra cui cinque affette da forme di amnesia antrograda a causa di danni all’ippocampo e alla memoria a breve termine, connessa con la memoria spaziale e con l’incapacità di formare nuovi ricordi. Alle persone sono state mostrati dei video con scene tratte da film emotivamente intensi: dopo la visione degli spezzoni i ricercatori hanno testato la “temperatura emotiva” e le reazioni dei soggetti coinvolti nell’esperimento. Il risultato? Le persone colpite da amnesia rimanevano tristi più a lungo rispetto agli altri, pur senza sapersi spiegare il motivo. L’esperimento è stato ripetuto con la visione di film allegri, tuttavia è stato registrato che nel primo caso la condizione di tristezza mostrava una lunghezza più importante.

Non è qualcosa a cui dovremmo fare molta più attenzione? A volte per superare brutti periodi, disavventure o momenti tristi vorremmo lasciarci tutto alle spalle con una scrollata di spalle. Pensiamo che resilienza sia andare avanti, sempre avanti eppure dimentichiamo una caratteristica fondamentale della resilienza (oltre all’ovvio fatto che noi esseri umani non siamo metalli): il ritorno alla forma originale dopo un urto o una sollecitazione presuppone comunque una deformazione, un cambiamento. Non torniamo mai le stesse persone che eravamo: ogni attimo ci trasforma, ogni passo dentro al viaggio del tempo. E non parliamo sempre e solo di traumi, parliamo di cicatrici e vita, cadute, ginocchia sbucciate, parliamo di salite e rincorse, discese a perdifiato, di tuffi e voli, del cuore in gola e dei sogni che abbiamo dentro.

Allora teniamocela stretta la malinconia, come piccole perle da infilare nelle collane del Tempo che passa e fluendo ci fa danzare come foglie al vento. Teniamoci stretti i giorni di nebbia e le piogge improvvise, quando stare a occhi aperti a sentire le gocce sul tetto e contare ogni istante, che poi finiranno per passare veloci anche quelli che sembrano immobili. Teniamoci stretti la luce opaca dei grigio e del bianco, di certe mattine del lunedì o di una domenica al rallentatore, fra divano e copertina. Sì, la malinconia sembra nutrirsi di un senso di immobilità, è la magia del Tempo che si ferma ma solo per un attimo. E per un attimo riporta istantanee che credevamo perdute, un profumo dimenticato, il gesto di una persona lontana da tanto, l’angolo di una stanza in cui siamo passati che ormai sono anni, come le targhette con scritto il cognome sulla porta di una casa abitata una vita fa, oggi scomparsa. Ecco, la malinconia è come un’onda e, quando abbiamo il coraggio di restare lì in attesa e chinarci in ginocchio davanti all’oceano del tempo, come per magia appaiono relitti che si pensavano scomparsi, la coscienza ce li restituisce e per un attimo sono di nuovo lì, a ricordarci, forse, la bellezza sublime dei valori in cui crediamo nascosti nei piccoli dettagli, quelli che ci fanno alzare ogni mattina. Questo sì, è importante: ricordare a noi stessi cos’è che ancora ci sveglia e ci riporta in vita.

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Pubblicato da

Maddalena De Bernardi

Giornalista freelance e web writer, scrivo di qualità della vita. Ho un dottorato in etnosemiotica con un progetto di ricerca sui riti di cura. Da qualche anno vivo in un borgo dell'Appennino modenese e mi occupo di resilienza, educazione, meditazione

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