Perdersi in Friuli Venezia Giulia

Camminare nell’area archeologica fra i boschi della Riserva naturale regionale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa

Passo dopo passo per il centro di Trieste e guardare il mare lungo i camminamenti di ronda di San Giusto e dal Castello di Miramare

La passeggiata a picco sul mare da Sistiana a Duino sul golfo di Trieste lungo il sentiero Rilke

Il Lago di Cornino e la Riserva Naturale, dove scoprire le alghe azzurre, il progetto dell’avvoltoio Grifone e il ponte sospeso sulle rive del Tagliamento

Trekking lungo il sentiero naturalistico che si snoda alla scoperta della cascata Čukula, vicino al villaggio di Platischis e al confine con la Slovenia

I Laghi di Fusine nel comune di Tarvisio, Lago Superiore e Lago Inferiore, due piccoli laghi alpini nel Friuli a un passo dalla Slovenia e a uno dal confine con l’Austria

Il borgo marinaro di Muggia

Udine da Via Mercatovecchio  a Piazza Libertà e la Loggia del Lionello, il Castello, la Torre dell’Orologio e Piazza Matteotti, il salotto della città (nota anche con i nomi di Piazza San Giacomo, Piazza del Mercatonuovo o Piazza delle Erbe)

Una nuotata nel lago artificiale di Barcis, in provincia di Pordenone, al Lago di Cavazzo, balneabile, e fra le fredde acque del Lago del Predil, vicino al confine con la Slovenia

Picnic e canoa sul Lago di Sauris, artificiale, costruito su un paese oggi sommerso dove dal 1948 esiste la diga per la centrale idroelettrica

Perdersi in Veneto

Camminare lungo il camminamento di ronda della città medievale di Cittadella

Annusare piante e sprofondare fra i colori del Parco Giardino Sigurtà, a Valeggio sul Mincio

Per i sognatori con la testa fra le nuvole il Museo del Volo al Castello di San Pelagio in località Due Carrare in provincia di Padova

Perdersi (ovviamente) al labirinto dei Castelloni di San Marco

Viaggiare con la mente al Museo di Geografia di Padova

Esplorare le Grotte di Oliero alle pendici del massiccio dell’altopiano dei Sette Comuni in Valbrenta

La via dei Forti a Cavallino Treporti dove fra il 1845 e il 1917 vennero costruire fortificazioni militari che oggi rimangono a memoria del periodo della Grande Guerra

Tramonto al faro di Punta Sabbioni

A caccia di storia alle sorgenti valchiusane fra le acque del Brenta e del Livenza, e poi seguendo il viaggio del Timavo, che scorre fra Slovenia, Croazia e Italia

Lazise e la fortezza di Peschiera del Garda, dove inizia la pista ciclabile di 43,5 km lungo le alzaie del fiume Mincio, fino alla città lombarda di Mantova

In altalena al Parco delle Cascate di Molina, in provincia di Verona

Dentro alla storia del fiume Brenta al Museo Etnografico Canal di Brenta di Valstagna, dove fra i boschi dell’altopiano si coltivava tabacco, le vie del legno, i lanifici e la Grande Guerra del 1915-18

Sulle tracce dei Cimbri nell’Altopiano di Asiago, dove nel 1981 è stato scoperto il primo e più grande scheletro di Plesiosauria in Italia

Respirare la magia ancestrale della Terra nella grotta delle Torri di Slivia nel Carso Triestino

e poi….. chissà, forse continuare a perdersi in Friuli Venezia Giulia

Dedicato ai bambini

Insieme ai più piccoli esplorare il Parco degli Alberi Parlanti  a Treviso

Ai Pioppi, il parco giochi dove tutto funziona senza elettricità che Bruno Ferrin ha iniziato a costruire nel 1969

Con il naso fra i fossili al Museo di Storia Naturale di Venezia e alla scoperta degli insetti con i bambini all’Esapolis di Padova

Vietato non toccare al Children’s Museum di Verona

Perdersi in Austria

Da Venezia al Tirolo lungo la strada verso Merano e Innsbruck fino a Salisburgo: perdersi in Austria

Il bosco delle biglie sul Glungezer a 1.560 metri

Merano e i giardini di Sissi,
camminare fra gli alberi
girare in monopattino per Innsbruck, soprattutto se sei un piccolo viaggiatore intergalattico

Passeggiare in una sera di fine estate lungo il lago di Seefeld, dove
sempre se sei un piccolo viaggiatore intergalattico, ti interesserà esplorare il parco giochi,
La casa capovolta a Terfens, una ventina di minuti da Innsbruck.

Salisburgo, la città di Mozart
passeggiare sul colle dei cappuccini
la vista della città
da lontano, la fortezza Hohensalzburg
e poi scendere dai vicoletti
dalla piazza del duomo
attraversare il ponte Staatsbrucke
sul fiume Salzach
fermarsi sulle gradinate al sole

in una giornata di pioggia a Salisburgo il Museo dei giocattoli per sperimentare i giochi antichi
e la Casa della natura, il Museo della natura e della tecnica di Salisburgo
dove immaginare la vita segreta degli universi marini e quelli di altri mondi, nello spazio lontano.
A Salisburgo ci sono anche il Museo delle Marionette, nell’antico soffitto della Fortezza Hohensalzburg,
il Museo di arte moderna, il Museo di storia militare,
il WasserSpiegel, Museo dell’acqua nel serbatoio sul colle Mönchsberg per andare alla scoperta del sistema di rifornimento idrico di Salisburgo
il museo del Natale (a proposito, nel cuore più antico della città, non distante dalla Casa di Mozart c’è un piccolo negozio dove è Natale tutto l’anno),
il museo della birra Stiegl, dove si visita il birrificio privato più grande dell’Austria
la casa natale del poeta Georg Trakl, figlio di un commerciante di ferramenta di Salisburgo e morto a ventisette anni all’ospedale militare di Cracovia all’inizio della prima guerra mondiale
e poi Hangar-7, il Museo degli aerei, all’aeroporto di Salisburgo, dove i Flying Bulls di Salisburgo recuperano e restaurano rari velivoli storici

Perdersi in Garfagnana

Al passo delle Radici San Pellegrino in Alpe è il valico che separa Emilia Romagna e Toscana, provincia di Modena e Lucca. C’è un cartello a ricordarlo proprio nel punto al crocevia dove la selva romanesca si apre. C’era un bar, uno di quei posti di legno e quella vecchia atmosfera di una volta, scampata al passato, con il bancone alto e i tavolini che socchiudevo gli occhi ed ero ancora in un tempo fatto da altri anni, cartoline in bianco e nero. Adesso la porta è sprangata, ha chiuso da un paio di anni.
Dietro la curva c’è san Pellegrino, se te lo lasci alle spalle e tieni la destra segui l’indicazione per Lucca e inizi a scendere. Giù, giù, curva dopo curva, come Alice quando cade nella tana del Bianconiglio attraverso il vuoto e le strade costruite, pezzo per pezzo, da chi su queste strade ci sputa sudore, catrame e fatica
terrapieni, argini
a combattere contro le frane e il rumore del Tempo che passa e sconquassa, abbatte, logora.

La provinciale 72, ex statale 324, mette in comunicazione la Garfagnana toscana e il tratto modenese dell’Appennino, la valle del fiume Secchia che nasce alle pendici dell’Alpe di Succiso e si tuffa nel Po dopo un lungo viaggio dalle sorgenti di montagna fino alle città di pianura. Da Montefiorino la provinciale 32, che si snoda lungo la via per Frassinoro, incrocia al Passo delle Radici la statale 486 che arriva da Modena passando per Sassuolo e la statale 12, da Pavullo nel Frignano. Tutte qui, una rete che fa un nodo: si congiungono con la vecchia 324 a Imbrancamento e questo nome dal suono importante e vagamente inquietante, dentro ha il suono di mille campanacci e urli, chiasso e caos: a questo incrocio i pastori diretti nelle terre toscane riunivano le pecore in un unico gregge prima di passare al di là.

Adesso ci sei, in una manciata di km segui la linea che si fa strada fra gli alberi. Un po’ più in là, sul fondo di questo imbuto magico di montagna che scende, troverai piccoli paesi e campanili e campi al sole. Intanto la luce del tramonto fa risplendere il profilo delle Apuane sullo sfondo, accidentate come un coltello seghettato, irregolari e belle, così strafottenti e segrete con le loro storie che appartengono a un altro territorio, fatto di una parlata e leggende diverse, che oggi sembra tutto vicino ma un tempo, a piedi e con gli animali, erano giorni di viaggio, notti all’addiaccio, luna e stelle sulla testa, respiro di freddo del vento di notte. Intanto il tramonto si fa rosa, arancione, viola indaco.

La strada provinciale 71, i patriarchi di Pratofosco: tre vecchi figuri che noterai per la saggia imponenza, li incontrerai seguendo il sentiero dopo una quarantina di minuti. Immersi nel silenzio, Castagno di Pratofosco, Faggio degli Stefanelli, 180 anni stimati, e Castagno del Volpiglione, albero monumentale della venerabile età fra 500 e 600 anni. Tu pensa, aver vissuto e sentito sulla pelle cinquecento inverni, essere morti cinquecento volte e rinati in estate, provato di nuovo le mille foglie che ti riempiono le braccia di verde e aver detto addio per cinquecento autunni, mentre tutto il mondo cambiava e lentamente scompariva. Lì vicino il piccolo oratorio di Boccaia, una preghiera nel silenzio, e giù sempre più dopo la curva ecco la frazione di Chiozza, con la torre campanaria nel centro del borgo e il fiume Esarulo, sull’antica via Vandelli, dove era un castello che oggi non esiste più e già nel 952 si menzionava questo centro abitato che ancora sopravvive. A Mozzanella, che nel Seicento venne distrutto dagli Estensi con un incendio, scorre il torrente Corvino e gli atti dell’archivio arcivescovile di Lucca raccontavano di un eremo di frati agostiniani. La montagna, il profilo delle rocce. Terra, prati infiniti che cambiano colore durante le stagioni dell’anno; boschi, alberi, case di pietra e legno, il ritmo lieve di una pace secolare. Dopo Castiglione di Garfagnana, incastonato su un contrafforte fra castagni e faggi, il ponte medievale dei Molini, un arco a sella d’asino nel verde del dirupo, visto dall’alto.

Castelnuovo di Garfagnana è a qualche chilometro, sempre dritto, tu vai a destra, direzione Aulla. Si cammina in bilico in un magico incrocio fra Garfagnana e Lunigiana, là dove fra poco si aggiungerà, a poca distanza, un’altra provincia ancora: La Spezia. La regione Liguria e i suoi borghi sono lì, tu non lo pensavi possibile invece sei a un centinaio di km da Modena e ottanta da La Spezia. Pieve Fosciana, Pontecosi, Villetta, Sillicagnana, San Romano in Garfagnana e Fortezza Verrucole, con la passeggiata che guarda tutto dall’alto, e poi Piazza al Serchio, con la locomotiva al centro, proprio lì in mezzo alla strada e alla piazza, una locomotiva a vapore memoria delle ferrovie – vennero costruite cinquanta locomotive come questa fra il 1922 e il 1923 – che una volta prestava servizio sulla linea Aulla Lucca connettendo Valle del Serchio, nel versante della Garfagnana, e Valle dell’Aulella, Lunigiana. Intorno castagni, faggi e cerri, è il Parco Naturale dell’Orecchiella, dove si nascondono cervi e caprioli.

Nella località Rimessa di Agliano, proseguendo lungo la provinciale 51, ecco che ti affacci sul Lago di Gramolazzo. Insieme al Lago di Vagli, famoso per essere il paese sommerso, si tratta di un bacino artificiale creato nel Novecento per lo sfruttamento di energia idroelettrica da parte della SELT Valdarno, oggi Enel. Ci sono le canoe sul Lago di Gramolazzo, si pesca e si nuota. La mattina inizia pigra, con la passeggiata sul bordo lago e la spiaggia di sassolini, fra le dita dei piedi pesciolini che guizzano via leggeri. A parte il camping c’è una piccola spiaggia libera all’inizio del paese. Se giri l’angolo, proprio prima del ponte, c’è il piccolo bar di Vittoriano che fa anche da osteria. Mentre aspetti da bere guarda a destra e vedrai, appesa al muro, una fotografia in bianco e nero incorniciata. Facce felici, giovani e rotonde, piatti di spaghetti: è il 31 dicembre del ’64, il primo giorno in cui si inaugurava il ristorante, in occasione del matrimonio di una cugina. Anche se in realtà è da ancora prima che si dà da bere e da mangiare perché c’era già un negozio di alimentari negli anni Trenta, era del nonno di Vittoriano, il papà della ragazza che si vede nella foto e ora è di là in cucina, seduta in questo luglio di cinquant’anni dopo, a guardare la vita che passa. Fuori, nel giardino inselvatichitico dal tempo, due mosche legnaiole dalle ali azzurre e un macaone, quelle farfalle dalle ali bellissime con i disegni geometrici bianchi, gialli e neri. L’odore forte della menta selvatica invade tutto: ce ne portiamo via qualche radice e vediamo se nascerà.

A Gabicce Mare

in uno spazio tempo a metà via fra Cesenatico degli anni Ottanta e i matrimoni lampo di Las Vegas vive
Gabicce

a Gabicce non si dorme mai e si mangia a stento,
i “ciucciamonetine” sono alti un metro e mezzo o poco più,
conoscono bagnini e baristi, con cui hanno traffici segreti: è tutto uno scambiarsi soldini e monetini per avviare i temibili giochi, che sono
ovunque. Impossibile andarsene dalla spiaggia: bimbi! esclama il piccolo viaggiatore con il dito puntato
e del mare chissenefrega

il centro del mondo è la spiaggia,
giochi: giochi è la prima parola con cui ci si sveglia la mattina e mentre si aprono gli occhi suona imperioso un monito interiore:
là, fuori
fuori. Giochi!

C’è il camper di Adriano al bagno 28, si narra che quando arrivò i piccoli viaggiatori intergalattici facevano la fila. Me lo dice il bagnino Francesco, che per passione legge grossi volumi di economia in lingua inglese all’ombra. Al sole delle due resistono solo le signore più abbronzate, indefesse con il cappellino sulla fronte: loro, quelli piccoli, non si arrendono

scotta la sabbia? no
correre! dicono, e se ne vanno correndo mentre i grandi si salutano in fretta e lasciano i discorsi a metà.
Abbiamo tutti gli stessi giocattoli, molto simili, cambiano i colori e qualche forme. TrattoLe! I trattori sono i preferiti, ruspe, palle che il vento disperde continuamente e
ovviamente, secchiello e paletta.

Sono oggetto di lunghe contrattazioni fra i più piccoli, secchiello e paletta. Una palestra con cui i più volenterosi imparano, e insegnano, l’uso dei possessivi e della filosofia politica: mio, tuo, suo, condivisione, riappropriazione, appropriazione indebita, prestito, riscossione etc. Gli stronzi di solito iniziano a intuirsi già a questa età, hanno modi di fare che rivedrai a diciotto o quarant’anni, solo con più rughe.

Ma a volte è da un graffio e uno spintone che nasce un’amicizia. Perché tu, che cammini su questo pianeta da un po’, te ne andresti. Invece loro no: i giovani viaggiatori dello spazio, neo neanderthaliani, stanno ripercorrendo la storia dell’umanità in breve. Sono convinta che sia un’informazione impressa nel DNA, esce allo scoperto all’inizio del viaggio sulla Terra. Mio! No! Tu! IO! dicono “io” per dire “tu” e “tu” per dire “io”, si lanciano urli e danno spintoni, ma poi tornano, proprio come preistorici Neanderthal ribadiscono le posizioni, le discutono, si guardano dritto negli occhi, si lanciano sabbia e si depistano, si perdonano, si baciano, si odiano, si fanno la guerra e fanno pace

e poi te ne vai, un po’ più in là.
C’è il bagno Marisa al 23, dove incontri il gruppetto degli amici con cui proprio ti trovi. Succede a ogni età, affinità elettive, qualcuno le chiama, o più semplicemente la capacità di allenarsi a riconoscere quelli con cui ti piace fare gruppo: un esercizio che forse è il più importante di tutti e per tutta l’esistenza. Forse è proprio da questo allenamento che nasce il desiderio e la forza di non accettare passivamente la classe, la scuola, o i colleghi del lavoro ma di andare a cercare le situazioni e le persone con cui sentiamo di star bene; sapere che sì, è sempre possibile trovarle. Soprattutto se continui a camminare ed esplorare, sapendo che è un viaggio, che ti fermerai con qualcuno e non è affatto detto che saremo amici, non possiamo essere amici di tutti: questa è una grande e meravigliosa verità.

Vogliamo appiattire i bambini dicendo ‘sii amico di tutti’, ‘i giocattoli sono di tutti’. Ma tu non daresti la tua borsa o il vestito a cui tieni a chiunque. Dentro, anche se sei alto meno di un metro, intuisci che c’è qualcosa di storto, qualcosa che non torna in queste parole. No, non possiamo essere amici di tutti: bisogna imparare a sentire. E scegliere. E sperimentare, vivere, metterci alla prova. Curiosare. Uscire dal proprio spazio e vedere che effetto fa. Provare a giocare insieme, sbirciarsi a vicenda.

C’è Luca che ha cinque anni, anzi sei, ma non so quando sono nato in ogni caso o venerdì o sabato o domenica perché al mio compleanno è sempre festa, c’è Maria Sole che è sua sorella e di anni ne ha tre e Anastasia, la grande, che ne ha nove e suo papà, bravissimo a costruire piste giganti, che ogni tanto scappa a fumare, quando può – ancora un’altra ? – dice lei e scuote la testa. C’è Ettore che, la sua mamma sospira, spero si stanchi e vada a dormire. E poi Domenico che ha il costume con i teschi e gli occhi azzurrissimi: sono in quattro fratelli, ognuno distante cinque anni dal precedente o successivo. E poi Simone, che passerebbe la vita su uno scoglio o in acqua a nuotare come un pesce.

Tutti festeggiano le pagelle, comunque sia andata, e l’inizio di una nuova stagione dell’anno e della vita: le vacanze, desiderio di un anno intero. In barba alle preoccupazioni su ragazzini curvi sugli schermi, a Gabicce mare impera, incontrastato, il vecchio gioco delle biglie

le biglie sono palline di plastica colorata con dentro un’immagine, una figurina di carta diversa così ognuno può riconoscere la sua. Ogni giorno si fanno piste immense, dotate di tunnel, salite, discese ardite e fossati: questo impegna all’incirca tutta la mattina; poi si svolge la gara di biglie. Subito dopo è l’atto finale di distruzione perché le buche vanno richiuse altrimenti una persona può cadere e si rompe una gamba, soprattutto i vecchi, e poi il bagnino si arrabbia: questo lo sanno tutti i bambini. Per i più piccoli una delle cose più difficili da capire è perché alla cura estrema a non rompere mura e parapetti e tunnel in un attimo si sostituisca la furia cieca della distruzione. Tant’è, succede anche nella vita. E di solito, in spiaggia come nel quotidiano, solo chi ha costruito ha il diritto di rompere: diritto che si accaparrano i più grandi, che tanto si sono impegnati con secchi, sabbia, leganti e leggi dell’architettura dei ponti.

ogni giorno è diverso, ma solo se lo vuoi. Perché
se non fai programmi e ti lasci portare dalle sensazioni
può darsi che ieri ti farai un caffettino e uscirai tardi, senza orologio finendo per tornare tardissimo, al tramonto, con un cartoccio di spiedini di gamberi e calamari, la sabbia fra le dita dei piedi e ovunque, la pelle rossa di sole e appena il tempo di fare una doccia prima di addormentarsi
oggi hai lasciato aperta la tapparella e ti sei alzata presto, beato chi ama svegliarsi all’alba e cammina nella spiaggia ancora umida fra i colori che dipingono l’inizio del mondo

domani non sappiamo che sarà,
non lo sappiamo mai a dire il vero solo che cerchiamo di darci orari, tempistiche, programmi,
giusto per star tranquilli
giusto per occupare il tempo

e ci perdiamo il gusto,
il gusto di vivere attimo per attimo, che
ogni attimo ti dice di cosa c’è bisogno in questo momento
proprio questo, adesso e qui

tutto questo sembra estate, ma è ancora primavera,
gli ultimi giorni di primavera
a Gabicce Mare.

Primavera a Berdjansk

A Berdjans’k c’è un porto. Un tempo aveva un altro nome la città, a dire il vero ha cambiato nome tre volte da quando è stata fondata, alla fine dell’Ottocento, ormai due secoli fa. Fra poco ci sarà un anniversario importante: 1827, la fondazione – 2027. C’è il museo di scienze naturali e anche le terme, perché qui ci sono i fanghi e un tempo alla stazione climatica si veniva per i trattamenti di bellezza.

Il porto si affaccia sul mar d’Azov, che fa parte del mar Nero ed è il mare meno profondo al mondo, perché raggiunge la profondità massima di 13 metri. Qui c’è il limo, come sul Nilo, lagune piene di sale e una distesa di piccole isole. Si estrae gas naturale e petrolio. È dallo stretto di Kerc sul mar d’Azov che gli Unni attraverso queste terre arrivarono nella loro marcia inarrestabile, tanti secoli fa.

Abitavano circa diecimila persone a #Berdjans nel 1860: dopo quarant’anni erano diventate più del doppio, grazie al porto e agli intensi commerci. La vita delle città che sono porto è uno scambio continuo. Persone, cose, sapori vivono la fluida vita dell’acqua, capace di mescolare confini e storie.

Nel 1860 c’era la scuola di Talmud e altre tre scuole, della popolosa comunità ebraica, poi quasi scomparsa nei pogrom e nella guerra. Nel 1926 il 60per cento della popolazione era russo, il 20 ucraino. Ma non importava molto. In tempo di pace non importa che lingua parli. Bisogna immaginare amori, matrimoni, dolci e zuppe con ricette che si mescolano fra loro come solo sanno fare le mani in cucina e i cuori nelle case.

A #Berdjans d’estate si va in spiaggia. In certi pomeriggi afosi basta prendere un bus per fuggire dal centro e trovare un pezzo di mare che più azzurro non si può. C’è anche lo zoo ma io non ci sono mai andata perché mi fa tristezza vedere qualcuno in gabbia. E poi il picnic al parco di domenica, i resort dove fare i bagni di fango, il museo d’arte e il grande parco acquatico.

Non so se l’hai vista, c”è la statua di un pesce al parco: è un grande pesce di metallo con una coda a ventaglio, assomiglia un po’ a uno di quei pesci rossi degli acquari ma questo è decisamente più grande e dalle forme fantastiche. È per ricordare la grande abbondanza di pesce di cui è ricco il mar d’Azov, grazie a cui ci si sfamò nelle guerre e nei periodi di carestia. Se guardi bene mentre cammini farai un altro curioso incontro, perché da un tombino vedrai uscire un operaio: sbuca da sottoterra, con la sua chiave inglese e lo sguardo eternamente sbigottito. È un operaio ma tutto di metallo, come di metallo è anche il tombino; chi l’ha costruito ha fatto in modo avesse anche una piccola fessura fra le labbra e i turisti si divertono a mettergli una sigaretta. Un operaio che lavora con la sua sigaretta accesa fra le labbra per pensare.

Oggi il meteo di Berdjans’k dice che è nuvoloso, forse verso le tre uscirà il sole. Ma tu non ci sarai già più, forse. Alle nove di stamattina apre il corridoio umanitario che hanno concesso, un cessate il fuoco momentaneo. Mentre in Italia c’è il rumore forte della pioggia stamattina, io mi immagino te, che guardi dalla finestra che stai per lasciare. Che cosa ci si porta via dalla guerra? Guarderai ancora quel corridoio e quante volte ti girerai a vedere la porta di casa e il tavolo della cucina dove prendevi il caffè prima di andare al lavoro? La spazzola sotto lo specchio del bagno e ricordati quella vecchia foto nella cornice, quella non la puoi lasciare. I libri pazienza, sono troppi e troppo pesanti, non sapresti che scegliere. I documenti, tutti presi. La valigia, quella più comoda e leggera: è ancora lì aperta, o l’hai già davanti alla porta? Chissà perché lasciamo sempre qualcosa che non riusciamo a finire, nel frigo o in un angolo di quel mobiletto: tutte le cose rimandate che ora non faremo più

è ora di andare, vai. Buon viaggio. Col cuore che scoppia. E se saremo fortunati, oggi pomeriggio prenderemo un caffè sotto la pioggia, bagnati fradici e vivi mentre esce un raggio di sole a Berdjans’k

Perdersi in Olanda

Dell’Olanda ricorderai…

le strade, quasi ovunque pavimentate, che sembra un po’ di non uscire mai dal vialetto di casa

la mattina quando ti svegli in un giorno in cui il sole esce dalle nuvole ed è proprio una festa che ti mette di buon umore

il sorriso degli olandesi, salutano tutti con calore un po’ come fossero tuoi vicini da sempre. E tutti parlano inglese

le carote, che qui vendono con la parte verde così lunga che ci si potrebbe fare un bouquet

le case, con i soffitti bassi e le finestre così grandi che diventano una vetrata. E tu te ne stai lì davanti, ci potresti stare ore, a guardare in giardino come ci fossi già dentro, e senza neanche uscire di casa immergerti nel viavai della strada di fronte che in realtà di viavai ne ha pochissimo

i cieli immensi, di un grigio incostante, a pennellate di bianco, tono su tono senza fine, mutevoli come la pioggia che appare ogni tanto ma senza invadere troppo, solo un velo

le biciclette, ovunque. Parcheggi doppi e tripli di biciclette, davanti alla stazione che non si capisce nemmeno come si faccia a ritrovarla, poi, la propria bicicletta fra tutte le altre

i bambini, la pioggia e le bici. Tornano a casa da scuola sfrecciando, senza cappelli, né sciarpa con i capelli bagnati e a quanto pare non importa

i corvi. I corvi sono meravigliosi e irreali, di un tipo che in Italia non c’è. Sembrano ritagliati da vecchie illustrazioni di fiabe e invece no, sono reali. Atterrano all’improvviso, si girano e ti guardano. Hanno ali blu e nere come tuffati nell’inchiostro, piccoli occhi come capocchie di spillo che se li guardi impazzisci

le case, tutte strette spalla contro spalla, di mattoncini marroni e rossi. Con la vetrata della sala che dà sulla strada e l’altra vetrata affacciata su quello che in Inghilterra chiamerebbero backyard, il cortiletto del retro, dove ogni casa ha anche una casetta per gli attrezzi e a volte un divano dove stare a guardare le nuvole e bere birrette

i colori, perché non è vero che al Nord non c’è luce. Dietro i giorni di nuvole il sole avvampa il cielo di bianco come una lampadina e fa emergere tutte le sfumature dei toni della terra, dal legno degli steccati alle piante seccherelle di fianco alle porte di casa

i parchi gioco, che qui sono ovunque. Basta girare l’angolo ed ecco qui uno scivolo e un’altalena, tutti sono dentro un cerchio di sabbia così se cadi non ti fai male e ti illudi anche un po’ che sia un giorno di mare

gabbiani, corvi e le cannerelle, che si agitano davanti a ogni casa in ciuffi scomposti. Ognuno l’ingresso di casa lo personalizza in modo diverso ma i cespugli di cannarella con mancano mai. E poi l’erica rosa e piante lasciate allo stato selvaggio. Nei parchi si intravedono già i bulbi che in primavera sbocceranno in nuovi tulipani

gatti. Gatti alla finestra che guardano chi passa, immobili. E perfino portagatti da appendere con le ventose ai vetri delle vetrate, che se fossi un gatto mi sembrerebbe un’ottima soluzione per fare il gatto meditabondo davanti alla strada

le mani fredde ma non troppo e camminare, un isolato dopo l’altro si potrebbe andare avanti all’infinito e scoprire di essere arrivati in un’altra città o forse in un’altra dimensione parallela

il design, che qui tutti o sono qui per studiarlo o lo fanno o ci lavorano, e se ne parla sempre e lo si vede anche, qua e là appoggiato ai vetri che danno sulla strada sotto forma di oggetti bizzarri e a volte indefinibili comunque capaci di portare fantasia nella monotonia del grigio

i mercatini dell’usato, tanti, aperti a giorni alterni, ci trovi di tutto, piccole cose bellissime, giochi, libri, posate, abiti. Hanno prezzi così ridicoli che non ci si crede e creano il circolo virtuoso di uno scambio in cui gli oggetti continuano a vivere, viaggiando attraverso luoghi diversi e persone

✏️ abbiamo macinato circa 1800 km e da qualche giorno siamo a Eindhoven dove vogliamo sperimentare una collezione di momenti di vita olandese con l’amico Erik Campanini che neanche a dirlo anche lui si occupa di design