Se ti trovi a camminare
mentre la notte scende su
Amsterdam,
poi scopri che
si somigliano
le sorelle d’acqua.
Come a Venezia
ti chiederai
passo dopo passo,
è una città di fantasia
o
una vera
scenografia
dove
sto
passeggiando
?
Tag: viaggio alla fine del mondo
Fra i mulini a vento di Kinderdijk
E poi il vento fra i mulini, che
se arrivi di mattina presto in un febbraio fuori stagione
è tutto chiuso, il negozio di souvenir e il ristorante
invece l’uomo del chioschetto c’è e inizia a preparare perché in Olanda il fritto è un’istituzione e le patate sono sempre e ovunque
i tetti sono di cannarelle, quelle che si muovono scosse dal vento, altissime e sottili. Qui ci sono diciannove mulini, Patrimonio Unesco: sono stati pensati per macinare ma anche per risucchiare quest’acqua che è ovunque e contro cui l’Olanda che ci affonda combatte da sempre, instancabile.
Tu cammini e intanto il sole esce dalle nuvole.
Una coppia di germani nuota senza fretta. Nel canale un’altra coppia di svassi, con le loro crestine rosse, si tuffa in acqua alla ricerca di pesciolini. Il polder è il terreno strappato al mare grazie alla diga: l’erba che ci cresce è verdissima, lo spazio disegnato dai canali.
Accanto, una fattoria e le pecore, che in Olanda sono ovunque e hanno musi che assomigliano un po’ a quelli dei cani.
Camminare in silenzio,
il vento che porta via i pensieri
lo sguardo, che arriva lontano
lontanissimo
Kinderdijk ha un nome strano, ma dentro c’è la parola kinder, che ti fa subito venire in mente “bambino”. Ed è così, secondo la leggenda dopo la grande alluvione del 1420, alla diga arrivò una cesta, con dentro un gatto e un bambino. Kinderdijk, che oggi è famosa per i mulini a vento patrimonio UNESCO, significa questo: diga dei bambini.
Una cosa che non sapevo sulla storia dei tulipani
La “bolla dei tulipani” è stato il primo crack finanziario della storia “moderna”. Fu la Turchia a cominciare a esportare i bulbi di tulipano, dalla metà del Cinquecento. I viaggiatori occidentali in Oriente ne erano rimasti incantati.
Avere tulipani diventa uno status symbol, un po’ come una Ferrari dell’epoca, ma tu pensa invece che bellezza splendida ed effimera quella di un mazzo di fiori freschi. Si contrattava nelle case e nelle locande, o nei collegi di agricoltori e commercianti. L’Olanda, che possedeva le rotte delle Indie orientali, con le sue navi e la gente che viveva per mare poteva reperire qualità rare.
Il fatto è che si avvia l’abitudine di acquistare bulbi che devono ancora essere interrati e crescere, “futures”, per dirla con il linguaggio economico. Acquistare futures significa comprare alla scadenza. Ma se un seme contiene una pianta in divenire in mezzo da considerare c’è anche l’azione del tempo.
Veniva chiamato “commercio del vento”: si vendevano “futures”, bulbi che dovevano ancora essere piantati o arrivare da oltremare chiedendo agli acquirenti il pagamento di una commissione del 2,5 %, nota “soldo del vino”, fino a un massimo di tre fiorini per scambio. Ma un conto è un bulbo, un altro è il fiore. In mezzo c’è il tempo. In mezzo c’è il sole, la grandine, le navi e i porti, la mente volubile dei desideri e della gente. In mezzo c’è il Tempo.
Il reddito medio all’epoca ammonta a 150 fiorini. Con 100 fiorini si compra una tonnellata di burro. Per un bulbo si arriva a spendere 2500 fiorini. Con un bulbo si possono scambiare terreni, attività e persino case. L’apice è raggiunto nell’asta di Haarlem, vicino ad Amsterdam, per un bulbo di Semper Augustus: 6000 fiorini. La follia.
Poi la bolla si rompe. Come da tutte le follie, ci si sveglia e all’improvviso è un nuovo giorno. Tutto era tenuto in gioco, insieme, da una catena, ma se l’ultimo anello si sfila cade a terra la collana e se vanno, disperse, le mille perle che la componevano. È un effetto che gli economisti conoscono. Se i clienti di una banca credessero che questa stia per fallire e pensassero di andare a prelevare tutti i loro risparmi… l’istituto in questione fallirebbe realmente.
La paura. Le nostre paure hanno delle conseguenze. Non è vero che vivono solo nella mente: le paure diventano idee, azioni, stili di vita.
Ed è così che dopo la più incredibile asta della storia, nel 1637, tutti vengono sommersi dallo spettro di una grande paura collettiva. I venditori cercano di vendere e finiscono per svendere, i creditori non riescono a recuperare, i clienti spariscono. La bolla si è rotta e si esce dalla follia della tulipomania. Ed è così che i bulbi di tulipano diventano quello che tutti conosciamo: gentili protagonisti delle belle bancarelle di fiori d’Olanda dove si acquistano per qualche cent.
Vita nelle Isole Frisone: Den Hoorn aTexel
e mi mette di buon umore svegliarmi
in un mondo
dove
c’è un posto con i mazzi di tulipani freschi che stanno per sbocciare
con accanto un cassetto dove lasciare le monete
la fiducia
nello scaffale di patate, miele, marmellate locali
il barattolo degli spicci
un mondo dove i rifiuti di plastica
si trasformano
in uccelli magici, e in un giardino incantato
c’è una poltrona a dondolo per farti compagnia
ricordati di crearlo tu quel mondo,
con piccoli atti di bellezza quotidiana.
Se vuoi cambiare il mondo
dall’isola di Texel, Den Hoorn
Isola di Texel
ecco, adesso che stai lì di fronte
guarda
il mare immenso
mille volte ci sei annegato,
hai nuotato
stremato
hai sognato, sperato, pregato, bestemmiato
mille volte ti sei salvato, sei morto e risorto.
Quattrocento anni fa, 1615.
sei partito da qui in una giornata di sole
14 giugno sull’isola di Texel
cercavi una nuova rotta e quando dopo giorni e giorni di navigazione avvisterai la terra la chiamerai come casa tua, che Casa è sempre nel cuore.
Horn: adesso ne esistono due, uno in Olanda, uno altrove
al di là dell’oceano
Il faro dell’isola di Texel, che in realtà si pronuncia Tessel, sorveglia dall’alto l’isola. Di notte la sua luce che pulsa come un cuore si vede da lontano,anche dall’altra parte della costa.
Nel Seicento dall’isola partirono molte spedizioni. Uno di questi avventurosi viaggi fu quello che portò il navigatore Willem Schouten a doppiare Capo Horn: scoprirà una nuova rotta nel Pacifico ma sarà accusato di aver infranto il monopolio della Compagnia delle Indie. La sua nave verrà confiscata a Giava e lui, in un altro dei suoi viaggi, morirà in mare, nel Madagascar, dopo aver lasciato, trascritte, preziose mappe. Insieme a lui, alla ricerca di nuove rotte, Jacob Le Maire. Anche lui morirà in viaggio, a bordo della nave “Amsterdam” mentre faceva ritorno
Con le speranze più belle nel cuore e
sulla schiena le paure peggiori,
ci saranno sempre sognatori davanti al mare
a immaginare un oceano più vasto
Passeggiare al mare in Olanda
In posti come Schveningen il mare è sopra, sotto e ovunque
l’acqua sembra più in alto di te che sei lì, in mezzo al vento sulla terraferma, e intanto puoi camminare fino all’orizzonte e questo mare è già qui, dentro la sabbia
cammini sul mare,
sabbia bagnata che riflette e mille conchiglie incastonate. I cani che corrono a perdifiato, la fila dei bar sulla spiaggia chiusi, riapriranno a marzo.
E poi i bistrot dove sedersi a un tavolino di legno e immaginare il viaggio dei pescherecci in partenza, il tramonto, l’aria che all’improvviso si satura di rosa, il legno delle barche lucidato dal sole, dagli anni e dal sale
sei a un passo da L’Aia, la capitale, ma qui è già tutto diverso.
Si vive di azzurro.
Di vento, di cieli immensi.
Allora, lungo la costa, inseguendo il nord,
andare
avanti
fino alla fine del mondo, fino al mare che si tuffa nel mare
e chissà
dove
si
arriverà
?
Schveningen è considerata la spiaggia della città Den Haag, L’Aia. La lunga fila di locali chiude durante l’inverno per lavori e riapre verso aprile: durante la bella stagione puoi venire qui e sederti per un pranzo o lavorare al tuo computer con una tazza di caffè, guardando la linea del mare. Ma se vuoi fuggire dalla folla e trovare la parte più selvaggia dell’Olanda vai,
non ti fermare
sempre dritto, inseguendo la linea della costa che ti porta
verso il margine della mappa
Den Helder,
un centinaio di km e poco più
un posto completamente diverso
scende la sera
un paio di pub che resteranno aperti ancora un po’,
due avventori davanti a un boccale di birra
le luci intense che illuminano gli interni in legno
come un quadro antico.
La strada corre accanto al canale,
chi dorme sulla terraferma e chi su una casa galleggiante
o scende dalla barca, con un balzo e
si mescola fra gli altri.
Poco più in là troverai, sulla destra
l’attracco del traghetto.
Ne partono spesso, anche d’inverno.
Il biglietto è già calcolato di andata e ritorno che
se sull’isola vai, da lì tornerai
è già scritto.
Texel, che in olandese pronunciano “tessel”
ecco di nuovo,
un’altra fine del mondo
finisce la mappa
e tu sei andata oltre il margine
qui inizia il mare e tu ti tuffi
con lo sguardo
solchi le onde
insieme ai gabbiani
davanti al mare
tu, che quando ancora non parlavi, ascoltavi i gabbiani e urlavi il loro verso al mare
tu non te lo ricordi, ma c’è stato un tempo in cui hai visto per la prima volta il mare:
hai guardato il blu,
respirato l’immensità.
Adesso non lo sai più. Eppure il tuo corpo ricorda.
E ogni volta che ci troviamo di nuovo davanti al mare, attratti come falene dalla luce, seguiamo il corpo e ci mettiamo a sedere,
senza neanche sapere perché,
inebetiti e felici
di fronte all’infinito
disteso
azzurro
Perdersi in Olanda
Dell’Olanda ricorderai…
le strade, quasi ovunque pavimentate, che sembra un po’ di non uscire mai dal vialetto di casa
la mattina quando ti svegli in un giorno in cui il sole esce dalle nuvole ed è proprio una festa che ti mette di buon umore
il sorriso degli olandesi, salutano tutti con calore un po’ come fossero tuoi vicini da sempre. E tutti parlano inglese
le carote, che qui vendono con la parte verde così lunga che ci si potrebbe fare un bouquet
le case, con i soffitti bassi e le finestre così grandi che diventano una vetrata. E tu te ne stai lì davanti, ci potresti stare ore, a guardare in giardino come ci fossi già dentro, e senza neanche uscire di casa immergerti nel viavai della strada di fronte che in realtà di viavai ne ha pochissimo
i cieli immensi, di un grigio incostante, a pennellate di bianco, tono su tono senza fine, mutevoli come la pioggia che appare ogni tanto ma senza invadere troppo, solo un velo
le biciclette, ovunque. Parcheggi doppi e tripli di biciclette, davanti alla stazione che non si capisce nemmeno come si faccia a ritrovarla, poi, la propria bicicletta fra tutte le altre
i bambini, la pioggia e le bici. Tornano a casa da scuola sfrecciando, senza cappelli, né sciarpa con i capelli bagnati e a quanto pare non importa
i corvi. I corvi sono meravigliosi e irreali, di un tipo che in Italia non c’è. Sembrano ritagliati da vecchie illustrazioni di fiabe e invece no, sono reali. Atterrano all’improvviso, si girano e ti guardano. Hanno ali blu e nere come tuffati nell’inchiostro, piccoli occhi come capocchie di spillo che se li guardi impazzisci
le case, tutte strette spalla contro spalla, di mattoncini marroni e rossi. Con la vetrata della sala che dà sulla strada e l’altra vetrata affacciata su quello che in Inghilterra chiamerebbero backyard, il cortiletto del retro, dove ogni casa ha anche una casetta per gli attrezzi e a volte un divano dove stare a guardare le nuvole e bere birrette
i colori, perché non è vero che al Nord non c’è luce. Dietro i giorni di nuvole il sole avvampa il cielo di bianco come una lampadina e fa emergere tutte le sfumature dei toni della terra, dal legno degli steccati alle piante seccherelle di fianco alle porte di casa
i parchi gioco, che qui sono ovunque. Basta girare l’angolo ed ecco qui uno scivolo e un’altalena, tutti sono dentro un cerchio di sabbia così se cadi non ti fai male e ti illudi anche un po’ che sia un giorno di mare
gabbiani, corvi e le cannerelle, che si agitano davanti a ogni casa in ciuffi scomposti. Ognuno l’ingresso di casa lo personalizza in modo diverso ma i cespugli di cannarella con mancano mai. E poi l’erica rosa e piante lasciate allo stato selvaggio. Nei parchi si intravedono già i bulbi che in primavera sbocceranno in nuovi tulipani
gatti. Gatti alla finestra che guardano chi passa, immobili. E perfino portagatti da appendere con le ventose ai vetri delle vetrate, che se fossi un gatto mi sembrerebbe un’ottima soluzione per fare il gatto meditabondo davanti alla strada
le mani fredde ma non troppo e camminare, un isolato dopo l’altro si potrebbe andare avanti all’infinito e scoprire di essere arrivati in un’altra città o forse in un’altra dimensione parallela
il design, che qui tutti o sono qui per studiarlo o lo fanno o ci lavorano, e se ne parla sempre e lo si vede anche, qua e là appoggiato ai vetri che danno sulla strada sotto forma di oggetti bizzarri e a volte indefinibili comunque capaci di portare fantasia nella monotonia del grigio
i mercatini dell’usato, tanti, aperti a giorni alterni, ci trovi di tutto, piccole cose bellissime, giochi, libri, posate, abiti. Hanno prezzi così ridicoli che non ci si crede e creano il circolo virtuoso di uno scambio in cui gli oggetti continuano a vivere, viaggiando attraverso luoghi diversi e persone
✏️ abbiamo macinato circa 1800 km e da qualche giorno siamo a Eindhoven dove vogliamo sperimentare una collezione di momenti di vita olandese con l’amico Erik Campanini che neanche a dirlo anche lui si occupa di design