Fare arte con la terra e il tempo

Emerge durante gli anni Sessanta con il nome di Land art o Earth art: arte che nasce dal territorio, dalla materia primordiale della Terra. Arte che gioca con la materia prima del mondo e diventa voce della natura, eco di un paesaggio assorto che all’improvviso si sveglia con uno squarcio nel silenzio.

Fare arte nella forza degli elementi naturali e il rifiuto dell’ingresso in un museo diventano scelta consapevole nella movimentata decade di quegli anni del Novecento, tuttavia dentro questo processo creativo si riscopre la fertile e umile volontà di un istinto ancestrale. La spirale del tempo si avvolge su se stessa e, passo dopo passo, lascia intravedere l’orma di un essere umano antico, legato alla natura e al suo destino, che spesso dimentichiamo essere così intrecciato al nostro. Homo in quanto “terrestre” e nel senso di questa parola rintracciamo il suono che etimologicamente è legato a hŭmus, terra.

OFF, totem di pietre. Operazione creativa al fiume

Labile, effimera è l’orma lasciata da questa azione creativa in cui l’idea della fine è già intrinseca nell’opera ed è questo, il suo spirito leggero, a caratterizzarne l’anima. Leggerezza che connota il gesto temporaneo di un’installazione collocata in uno spazio in costante cambiamento.

L’azione dell’artista partecipa a una dimensione dell’effimero. Quando dico questa parola la mente evoca l’immagine delle effimere, specie terrestre che nasce volando e trascorre l’esistenza fuggevole vicino ai corsi d’acqua. Gli insetti dell’ordine Ephemeroptera appena nati sono già capaci di prendere il volo e raggiungono lo stato adulto dopo alcune ore, in alcune specie in alcuni minuti: “che vive un giorno” è il significato del termine ephemeros in lingua greca.

L’effimero non vive che in un tempo momentaneo, fatto di istanti.
Che spazio occupa nella vita il tempo di un momento?

Chi si occupa di Stone Balancing trasforma la precarietà in azione creativa e progetto esistenzale. L’Arte Effimera delle pietre in equilibrio è il risultato di una performance che agisce nel territorio in modo invisibile: dietro, la mano dell’uomo. Manifestazione silenziosa di un accordo misterioso fra natura e sottili contrasti, in bilico costante fra il pericolo della caduta e l’accordo mai definitivo con la gravità.

Sassatella, frazione dell’Appennino modenese nel comune di Frassinoro, provincia di Modena

Trasformare l’effimero in arte è gioco con le coordinate spazio-temporali. L’azione del terrestre, uomo che si perde nel paesaggio, si muove nell’eternità di un tempo immobile, quello della pietra, materia del mondo. Respiro creativo che nasce dalla terra e dalla natura, l’arte dell’equilibrio è antica forma di meditazione zen: con infinita pazienza e la calma risoluta di un gesto definito il balancer pone una pietra sull’altra. Unico collante fra l’una e l’altra la forza della gravità che disegna lo spazio inerme del vuoto. Un vuoto che plasma e mette in movimento, spaventa e si trasforma in materia creatrice.

Nel paesaggio dell’anima si disegna la geografia del cambiamento.
La terra, sabbia che passa fra le dita,
roccia che scalfisce e resta salda,
ce lo ricorda.
Ogni attimo

Le configurazioni della natura danno forma al senso misterioso della geometria sacra: assoluti in cui si rintraccia lo schema universale dell’arte della vita, esistenza perennemente in bilico, disegnata dal tempo e dallo spazio eppure sempre al di là di essi: il filo di questa vita, che attraversa Madre Terra e tesse l’andare dei giorni, schiariti dal sole, spazzati via dal vento e dalle tempeste che ci lasciano affranti, ricostruiti da un nuovo sole e diverse geografie.

Guardando dall’alto, ciò che resta dell’azione è un punto in una distesa di sfumature dipinte nel grigio: quasi invisibile, l’installazione è il diapason di un’armonia fugace nella sua bellezza transitoria. Momento di meraviglia nella precarietà dell’equilibrio. La vita in fondo non è che questo, traccia improvvisamente riconosciuta nel caos della materia, pazienza dell’amore, gesto di passione. Coraggio di giocare con il tempo dell’infinito sapendo che niente è eterno: siamo tutti parte di un ciclo, portiamo impressa sull’epidermide la parola “fine”.

Inscrivere nel suo senso originario indica l’azione di “scrivere o disegnare qualcosa dentro una figura geometrica o sopra una superficie” (Treccani): scrivere sopra e dentro, incidere, tracciare un segno. Unione fra orizzonte e verticale, incrocio di mondi e di momenti. Un incrocio destinato a durare quanto? Un attimo di tempo, un momento ritagliato dallo spazio immenso di una geografia che diventa emozionale, territorio vissuto e attraversato, percorso e addomesticato, spazio/tempo in cui fermarsi prima di ripartire, distesa temporale in cui tutto accade, costantemente.

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