Terapia per l’anima? Sì, la cultura è un aiuto alla cura
Grazie a un accordo fra il Museo di Belle Arti di Montreal e l’Associazione medici, i malati della città canadese potranno beneficiare di ingressi gratuiti per accedere negli edifici museali.
Luoghi dell’arte, terapia, per lo spirito e non solo. Gli effetti benefici della cultura si fanno sentire anche a livello fisico, spiegano le ricerche, che negli ultimi anni si interrogano sempre di più sul risvolto di pratiche simboliche, dalla meditazione all’arte, nel trattamento del dolore e della malattia.
Il progetto, che nasce in partnership fra il Montreal Museum of Fine Arts e l’associazione Médecins Francophones du Canada, per il momento avrà la durata di un anno. Al riguardo Nathalie Bondil, direttore generale del Museo delle Belle Arti di Montreal, ha spiegato che i pazienti, insieme alle loro famiglie, avranno la possibilità di sperimentare esperienze e percezioni in un luogo bellissimo e stimolante, allontanandosi per un attimo dal contesto della malattia.
Pensiamo agli spazi adibiti alla cultura: insieme alla visione potente delle opere d’arte e delle instammazioni ciò che un museo ci dà occasione di sperimentare è una passeggiata nella bellezza, in un’architettura mai banale, immersi nel silenzio, circondati da colori e forme, design e storia. Un mondo un po’ al di là della realtà, o almeno ad essa parallelo, dove ritrovare il contatto con noi stessi e fuggire, almeno per un attimo, dalla pressione dello stress.
In Finlandia, che per prima aveva iniziato un progetto pilota nel 2010, il progetto era stato chiamato Taiku, “Arte e cultura per la salute e il benessere della popolazione”: un programma culturale che ha coinvolto il Ministero della Salute e Affari Sociali, Cultura e Sport, Ambiente, Istruzione, Economia e Lavoro. Al termine dell’esperimento è stata creata una Cattedra di Cultura, Salute e Benessere presso l’Università di Turku, che oggi sta studiando gli effetti e medio e lungo termine dell’iniziativa, terminata nel 2015, per cercare di comprendere come l’arte e le emozioni positive che viviamo attraverso la cultura possano influire a livello sociale e partecipare al processo di crescita individuale.
È stato provato che vivere esperienze positive, legate alla percezione di benessere e felicità, costituisce una sorta di analgesico naturale, tanto da avere effetto anche sul dolore cronico. Dal diabete al cancro, sono tante le applicazioni di una terapia a base di cultura. Musica, arte, poesia e scrittura sono esplosioni di suoni, colori e parole capaci di accarezzare l’anima e dare tregua alla mente, portare un arcobaleno nella difficile giornata di un malato.
La cultura aumenta la felicità
Secondo una ricerca presentata sul British Journal of Psychiatry dai ricercatori dello University College di Londra introdurre nella propria routine almeno un’attività culturale una volta al mese è in grado di ridurre il rischio di depressione del 48%. Lo studio, che è condotto su oltre 2.000 donne e uomini over 50, ha seguito i partecipanti al test per dieci anni. Sono sempre più diffuse le iniziative legate al benessere e alla cultura. Il MoMa, The Museum of Modern Art, di New York organizza visite specificamente pensate per i malati di Alzheimer e per le loro famiglie, un’esperienza su cui sta lavorando anche la Galleria d’Arte Moderna di Roma.
In un recente esperimento sono stati coinvolti 99 volontari fra 19 e 81 anni alla scoperta degli affreschi dipinti sulla volta del santuario di Vicoforte, nel Cuneese, dove si trova quella che è considerata la cupola ellittica più grande del mondo. Un tour culturale a 63 metri di altezza (con tanto di imbragature!) per immergersi nella pura meraviglia.
L’arte è antistress e ci rende più felici, ecco i risultati. La determinazione dei livelli salivari di cortisolo, l’ormone dello stress, subito prima e immediatamente dopo essere saliti sulla cupola ha evidenziato una modificazione nello stato di benessere.
Bisogno di stimoli positivi
Per la prima volta iniziamo a intrecciare in un orizzonte comune ricerca scientifica e cultura, creando i presupposti per un terreno dove coltivare quello che sarà il futuro delle Medical humanities, una parola che in italiano… ancora non esiste.
Medicina e humanities, discipline umane, iniziano a prendersi per mano immaginando una ricerca finalmente più interdisciplinare, ricca, capace di dialogare con la nostra parte più umana. Per ora questo è l’inizio, ma dobbiamo iniziare a crederci e fare qualche timido passo per poter andare verso nuove direzioni. Perché quello che vogliamo, e di cui abbiamo bisogno, è iniziare a vedere la persona che sta dentro ogni malato e concepire la cura come un universo complesso in cui possono e devono coesistere fattori diversi, dalla biologia all’etica alla filosofia e l’arte.