Svegliarsi con una gatta che strofina il tuo naso contro il tuo, ma poi si rimette a dormire fino a quando non ci svegliamo tutti.
Indugiare. Indugiare, che parola bellissima. Indugiare a guardare le foglie più in alto sulla cima dell’albero mosse dal vento, lì dalle finestrelle della soffitta. Indugiare a fare, indugiare a uscire, indugiare e prendersi attimi scambiando granelli di clessidra con briciole di niente
guardare un paio di cartoni animati e imparare qualcosa sul mare. Bere il caffè. Scaldare il latte e mescolare bene con il cacao. Osservare i gatti. Salutare il sole che va e viene dalla finestra.
Uscire, finalmente, con le chiavi in una tasca di lana; ridere dei gatti circospetti e della canina che abbaia forte. Correre nelle foglie secche che iniziano a cadere e fare rumore. Notare le tapparelle chiuse dove di solito ci sono le lezioni di ballo e dispiacersene un po’, di non poter osservare le prove apollaiati su un finestrone come al solito.
I muretti al sole. Stare sotto, col naso insù, a guardare le foglie di vite americana che diventano ogni giorno un po’ più più rosse. I gatti che corrono nei prati di tarassaco,che ancora sopravvive e punteggia di giallo il mondo, qua e là. Un fiore di trifoglio solitario. I noccioli e i gusci vuoti, bucati dagli scoiattoli. Un crocus viola ai piedi di un grande pino. Le noci scomparse di cui hanno fatto incetta i ghiri.
Correre a perdifiato, fra i prati e lungo i vialetti, ogni volta che si può. Urlare. Saltare. Fermarsi a osservare.
Ascoltare la “Viva la pappa col pomodoro” proprio mentre mangi le tagliatelle al sugo. Il rosso del pomodoro fatto in casa nel tempo estivo a cucchiaiate. Provare a cantare le canzoni. Chiedersi perché l’estate è estate e perché in autunno le giornate si accorciano. Cercare un libro sul sistema solare.
Costruire un carro che trasporta oggetti dalla sala alla cucina con una macchina telecomandata e un nastro che in realtà doveva essere un segnalibro. Travestirsi con mille stracci colorati. Aprire la finestra per guardare fuori, guarda come corrono veloci le nuvole oggi. Trovare oggetti casuali nei cassetti e farci qualcosa, inventare, inventarsi e inventare il tempo. Uscire anche se c’è il vento. Rincorrere i gatti, salutare un cane di passaggio e invitarlo nel cancello: “Entra, sei il benvenuto”.
Dondolarsi sul cancello rosso ormai stinto. Sbattere forte le porte e non c’è verso di capire che no.
Ascoltare vecchi vinili e chiedersi da dove arriva la musica in un disco. Ballare in salotto. Organizzare aperitivi in cucina a base di acqua e menta e brindare con le dediche, brindare alle giornate di vento, alle cose belle e a chi si aspetta.
Stendere la biancheria e intanto giocare distesi su un tappeto. Guardare dalla finestra i lampioni, con il salice laggiù spazzato dal vento e avvolto dalla pioggia improvvisa.
Farsi reciprocamente una sonatina al piccolo pianoforte di legno ma con un cappello da sombrero in testa e che sia cantando “io ti amo così tanto che mi si spacca il cuore”. Leggere qualche pagina, ancora una, dal Libro delle Scoperte, sì ancora quello, che io non so niente e voglio imparare il mondo.