Di come affrontare la rabbia ed esercizi per dirsi le cose: per imparare ad arrabbiarsi, abbracciarsi, ritrovarsi
Non ti voglio
Lo dici così, con la faccia rossa paonazza che non vedo, sdraiato su un fianco su quel letto dove ogni tanto vai a giocare, mentre piangi forte e ti disperi: non ti voglio mancano pochi giorni a Natale e tu hai quattro anni, anzi quattro anni e un po’ di più. Forse è così che si ferma un cuore: ascoltando un non ti voglio. Respiro. Prima o poi doveva succedere e no, il mio cuore sta bene; non si è fermato. Puoi dirlo, non cade il mondo, non finisce l’amore: adesso no, in questo momento non ti voglio. Ognuno di noi dovrebbe sentirsi in diritto di poterlo dire. Sei arrabbiato con me? Sì. Mi dispiace. C’è qualcosa che posso fare per rimediare? No, puoi non fare niente. Sei arrabbiato per come mi sono comportata, perché io mi sono arrabbiata e ti ho respinto e poi sono andata via? Per tutto, sono arrabbiato per come è andato tutto. È vero che sono uscita, ma sono tornata subito: sono stata solo un attimo ferma sul gradino, perché avevo bisogno di respirare l’aria fredda. Anche io mi sentivo molto arrabbiata. Perché mi sono sentita assalita. Certe volte tu fai quel gioco che non è un gioco, ti avvinghi e tiri, urli, strappi e mi sembra che capiti più spesso proprio quando sto parlando un attimo con papà o magari sono al telefono, o faccio una cosa di lavoro. Ecco, mi fa molto arrabbiare perché mi sento presa d’assalto, è per questo che sono scappata via. Ti accorgi che c’è un modo bello di giocare e uno che non fa sentire bene gli altri? Ma io volevo fare solo il pinguino! E camminare con i miei piedi sui tuoi. Possiamo farlo lo stesso, sai? Che cosa ne dici? Non so se ce la faccio. Io vorrei non essere più arrabbiato, ma non ce la faccio. Io mi avvicino a te e metto una mano sulla tua spalla. Tu piangi e ti disperi, a volte la rabbia ha una coda lunga, fatta di lacrime e puro dolore, una cascata incessante. Tu disperi e piangi, piangi mentre ti prendo in braccio e per le scale, piangi davanti ai ravioli, ai piatti pieni e a papà che cerca di farti ridere. E io lo so, perché lo sento anche io, che è un piccolo dolore immenso implicato nel dover prendere distanza da qualcosa o qualcuno, seppur amatissimo. Anche io prima ti ho ferito così, senza volerlo fare: per il bisogno dell’adesso no, così no. La rabbia del dolore di fronte alla distanza di quando ci sentiamo scacciati, il dolore della rabbia di quando siamo noi a mettere distanza. Mi hai detto “non ti voglio” stasera ed è stato un atto di grandioso coraggio ed estrema bellezza. C’è voluto un po’ perché le lacrime, piano piano si esaurissero, perché hai sentito, in quello che hai detto, il peso delle parole e dei sentimenti e hai dovuto masticarle. Hai scoperto che il mondo non crolla, l’amore resta: possiamo chiudere un attimo la porta, non preoccuparti. Diventare grandi significa (anche) imparare a prendere una distanza da chi amiamo, la distanza giusta per quel momento.
Lo dici così