I motivi dei bambini sono impalpabili, nascosti fra gli scherzi, le lacrime e il silenzio. Ci metterai anni a capirli e forse in questo sta la pazienza infinita dei nonni: dentro ci sono le radici di tutte le ore passate negli anni familiari, i litigi con i figli, i malcontenti al lavoro, le belle giornate di sole, le speranze inattese, gli sbagli ripetuti, i sorrisi dopo gli errori.
I motivi dei bambini esistono. Sempre. Perché c’è sempre un motivo. Solo che nella maggior parte dei casi esula totalmente dalla nostra logica e sfera d’azione.
-Scusa, io parlavo con i gesti: volevo solo fare finta di essere muto!
Tu fai una domanda e desideri una risposta: il più possibile rapida, concreta, seria. In generale non gente che risponda a gesti vaghi e occhiate sbilenche verso il cielo.
A volte manca il tempo, a volte la pazienza e a volte semplicemente la fantasia, il più delle volte.
A volte, troppe volte da adulti siamo troppo seri. Perché è da tutta la vita che ci chiedono serietà, è da tutta la vita che ci stiamo allenando a sembrare e essere seri; affidabili, concreti, pragmatici. Così succede che non hai reazioni pronte, la tua spontaneità ha preso la ruggine dopo anni a bagno nella serietà. Non sai rispondere a gesti così velocemente; ti viene difficile buttarla sul ridere. Ti viene difficile dimenticarti del ruolo, del senso del dovere, del tempo che corre, degli obiettivi mensili, dei traguardi e dei conti della giornata. Noi adulti vogliamo arrivare da qualche parte, sempre. A dire il vero, non abbiamo assolutamente idea di dove, ma da qualche parte sì: è necessario, sia pure per sedersi e avere l’idea di essere arrivati da qualche parte – nonsisadove.
Mi dispiace. A volte sono proprio noiosa, dico io e mi siedo vicino a te. Tu ti giri e mi guardi: sì, è vero, ma solo pochissimo noiosa, mi rispondi tu.
Quel tantissimo che dici tu quando sei proprio dispiaciuto. Mi dispiace tantissimo, nel il tuo linguaggio sgangherato e piccoletto, con il dolore grandissimo: mi dispiace tantissimo e quel “tantissimo” mi sembra occupi l’orizzonte intero, mi sembra che ci si distenda dentro come uno di quei paraspifferi morbidi che si mettono d’inverno sui davanzali.
Oggi lo dico io: mi dispiace tantissimo. Non importa mami, dici tu. A volte succede, mi dici: anche a me capita di arrabbiarmi a volte. A volte perfino mordo. Sai perché mordevo a volte quando ero piccolo? Perché ero molto arrabbiato e non riuscivo a dirtelo.
Oggi hai quattro anni e ti senti molto grande. Mi stupisci in questa domenica di novembre perché per la prima volta provi ad attraversare la tempesta delle emozioni e nel mentre guardarle, dare loro un nome.
Per capire i motivi dietro le azioni dei bambini ci vuole immaginazione. Sì, anche in questo riesce la fantasia: a saltare dentro un altro universo dove le ragioni dietro le cose hanno principi e logiche diverse.
Per noi adulti vale la logica degli obiettivi, delle risposte e, se possibile, del più breve tempo possibile. Per voi bambini del gioco, che è tutto. E del tempo, che è infinito. Infinito, vero?
Noi e voi non viviamo in due mondi diversi, siamo qui. Abitiamo due tempi diversi, questo è vero. Eppure noi siamo stati voi, voi sarete noi. Si tratta di uno scambio. O magari di un gioco in cui potremmo imparare qualcosa che abbiamo dimenticato, qualcosa che dobbiamo, anzi che possiamo, ancora (ri)scoprire.
Io mi sono arrabbiata perché tu non dovevi rovesciare l’acqua del cane sul pavimento. -Sì, mamma ma rovesciare l’acqua non è una tragedia: si asciuga. Mica devi chiamare i pompieri per questo, per esempio.
Sei triste adesso? -No, no no. …. -Sai, ero un po’ triste prima, non volevo dirtelo. Adesso diamoci un abbraccio. Forte forte. E ricordiamoci di non lasciare mai arrivare la notte senza aver fatto pace.