Calendimaggio

Calendimaggio, o cantar maggio: è la festa del primo maggio che, in alcuni luoghi, si festeggia nei giorni immediatamente seguenti. Una festa antichissima quella di Calendimaggio, già presente nel calendario dell’antica Roma. Nell’Europa del Nord, dall’Irlanda alla Germania, era la festa gaelica di Beltane, che astronomicamente è l’opposto del giorno dedicato ai morti, in autunno.

Dall’irlandese Lá Bealtaine e dallo scozzese Là Bealltainn, Beltane o beltaine: “fuoco luminoso”, da accendere durante la notte fra il 30 aprile e il primo maggio.

Quante le feste dei falò che accendevano le notti nelle campagne: in ogni parte d’Europa, in parte per ripulire la terra in un momento in cui ancora non c’è il rischio di incendi, quando l’inverno è ancora alle spalle e la primavera sulla porta, in parte, simbolicamente per salutare un nuovo inizio. Maggio è il tempo delle nuove nascite, il tempo delle piogge e delle ultime nevicate, in montagna: tempo per l’orto e di attesa. Mai come adesso, con il potere degli acquazzoni e del sole che diventa ogni giorno più forte, la natura si rigenera e le foglie nei boschi sfoggiano un colore di un verde così giovane e intenso che entra nel cuore.

Primo maggio, Calendimaggio: non sempre lo ricordiamo ma c’è stato un tempo in cui bruciavano falò nella notte e sotto la luna
si cavalcava sul dorso di una lepre fino ai monti sacri. Come il monte Brocken in Germania e le montagne italiane dell’Appennino.
Per onorare la luna e la nuova luce, accogliere la primavera. E con la primavera il nuovo anno. Che un tempo l’anno iniziava ora, con l’aria che si faceva dolce e i semi pronti a nascere, le piogge forti e il sole sempre più forte. Dopo i mesi passati al focolare, nuovi giorni di là da venire in cui tornare a lavorare la terra e stare all’aperto, portare il gregge nei pascoli più alti e attendere il periodo dell’anno in cui la notte è più chiara e luminosa.

La notte di Valpurga

La festa di Beltane con la diffusione della religione cristiana verrà sovrascritta dalla notte di Valpurga, il cui nome deriva da Valpurga di Heidenheim, monaca bavarese dell’VIII secolo canonizzata dalla Chiesa Cattolica e venerata il primo giorno maggio. Fu badessa nel monastero di Heidenheim, in Baviera, ed ebbe due fratelli, entrambi santi (!): sembra che il padre fosse il nobile san Riccardo d’Inghilterra.

Ma la santa e la notte di Valpurga non riescono del tutto a cancellare il potere di un femminile ancestrale: un potere capace di affascinare e incutere timore come gli sconquassi delle burrasche di primavera e della luce del sole che senza che si sappia esattamente come, ci abbraccia e sparisce ogni volta a suo piacimento. Secondo tradizioni antiche durante la notte fra l’ultimo giorno di aprile e il primo di maggio le streghe uscivano dai loro rifugi e si incontravano nei boschi per danzare in onore della Luna. A citarle è anche Goethe nel suo dramma in versi Faust, pubblicato nel 1808.

Arrivavano lì galoppando, minuscole, una lepre, animale sacro e notturno, volando su oggetti rimasti nell’immaginario come la classica scopa di saggina o persino grazie al potere dei sogni, viaggiando con l’immaginazione

Si incontravano nel folto della foresta e sul monte Brocken ballavano il sabba, che in lingua basca era conosciuto come akelarre. Sabba è una parola che nessuno sa esattamente cosa significhi, ma ha un’assonanza con il termine ebraico shabbat e infatti, di solito, aveva a che fare con un convegno segreto che si teneva il sabato notte. Sembra che il termine compaia per la prima volta nelle carte di un processo di metà del Quattrocento, registrato dai tribunali francesi. Chissà come li chiamavano loro, questi incontri segreti, questi balli notturni illuminati dal potere delle stelle e della luna: forse non avevano nome, come tutte le cose belle che non hanno bisogno di essere chiamate o catalogate.

Sul monte Brocken in Germania

Da settembre a maggio sul monte Brocken c’è la neve e spesso una nebbia così fitta che non si vede a un palmo di naso, sarà forse per questo che fosse il luogo preferito, così nascosto e discreto, da queste donne antiche, che arrivavano lì galoppando, minuscole, una lepre, animale sacro e notturno, volando su oggetti rimasti nell’immaginario come la classica scopa di saggina o persino grazie al potere dei sogni, viaggiando con l’immaginazione. Oggi il monte Brocken, che si trova nella catena montuosa dell’Harz, ricco di boschi e giacimenti minerari (il nome, letteralmente significa “foresta”) è parco nazionale e ospita un giardino botanico inaugurato nel 1890 di piante di montagna. C’è un piccolo treno a scartamento ridotto a condurre i visitatori fino lì, dove si trova una vecchia torre televisiva che ora è utilizzata come osservatorio ma un tempo, all’epoca della costruzione del Muro di Berlino, venne utilizzata dalla polizia segreta della Germania dell’Est, la Stasi, come centro di spionaggio. Ancora prima, il Brocken e la sua stazione meteorologica, vennero bombardati dagli Alleati, il 17 aprile 1945. I danni furono ingenti ma la torre televisiva si salvò: era stata la prima al mondo a essere costruita, proprio qui, su queste montagne, la prima a portare in diretta televisiva l’Olimpiade di Berlino del 1936.

La notte di Valpurga in Svezia

Nella città universitaria di Uppsala, nelle vicinanze di Stoccolma, il 30 aprile, sista april o Valborgsmässoafton, si fa colazione con un bicchiere di champagne e verso le dieci di mattina si va sulle rive del fiume per il tradizionale appuntamento con forsränning. Gli studenti discendere le rapide del Fyrisån, chiamato anche Full o fiume Sala, a bordo di zattere allegoriche, costruite da loro stessi nelle settimane precedenti. Poi si pranza con il buffet tipico, sillunch, con il meù della tradizione e aringhe. Sala era l’antico nome del fiume, che in seguito fu cambiato, per l’esattezza fra 1600 e 1700, in onore della pianura paludosa di Fyrisvellir, a sud del villaggio di Gamla Uppsala.

Anticamente, i viaggiatori per raggiungere il tempio e la residenza del re di Svezia, situati a Gamla Uppsala, dovevano lasciare le imbarcazioni e proseguire a piedi. La parola, dalla lingua norrena, Fyrva fa riferimento al “rifluire” e alle inondazioni che periodicamente sommergevano la piana d’acqua. L’area poi fu bonificata e oggi le navi possono risalire il fiume Fyrisån dal Mälaren, il lago in cui sfocia, vicino alle sponde del mar Baltico, fino alla città di Uppsala, dove due chiuse impediscono un’ulteriore risalita. Durante l’ultimo giorno di aprile già un secolo fa gli studenti tentavano l’impresa di risalire il corso del fiume con le zattere e si ritrovavano, dopo pranzo, in Carolinabacken indossando il berretto universitario tradizionale, lo studentmössa, bianco con visiera nera, per suonare e intonare canti tradizionali di primavera. Ancora oggi lo mösspåtagning, quando il rettore si affaccia da una finestra agitando il berretto e tutti lo agitano con lui in segno di saluto, viene trasmesso dalla televisione svedese. La stessa tradizione viene ripetuta ogni anno anche nell’università di Stoccolma, Göteborg e Linköpin, dove ci si ritrova nel cortile del castello cinquecentesco, accompagnati dal coro.

Calendimaggio in Italia: Assisi

Nella città di Assisi si celebra Calendimaggio e il ritorno della primavera con una festa che rievoca le feste e gli usi degli Umbri, l’antico popolo che un tempo abitava le terre della valle del Tevere fino al mar Adriatico, che Plinio il Vecchio commentava come la popolazione più antica d’Italia, i quali, riporta nella Naturalis Historia, che sarebbero stati chiamati Ombrici dai Greci perché sopravvissuti alle piogge quando la terra fu inondata. Sulle tavole eugubine, in bronzo, ritrovate nel territorio di Gubbio nel Quattrocento e oggi conservate nel Palazzo dei Consoli della città, sono descritti in una difficile lingua che mescola umbro e latino, alcuni riti dell’epoca. Gli umbri credevano nella dea della terra Cupra e nella triade divina Ju-pater, Mart, dio della guerra e Viofonus, equivalente del latino Quirino.

Simboli di maggio sono le viole, le rose e l’ontano, di cui i Maggerini trasportavano un ramo dove appendere doni. Intorno agli ontani, alberi sacri, si ballava e cantava. Per l’equinozio di primavera in Romagna si festeggiava la Fogheraccia e i riti del nuovo anno, che per molti popoli della Terra iniziava con la primavera.

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Pubblicato da

Maddalena De Bernardi

Giornalista freelance e web writer, scrivo di qualità della vita. Ho un dottorato in etnosemiotica con un progetto di ricerca sui riti di cura. Da qualche anno vivo in un borgo dell'Appennino modenese e mi occupo di resilienza, educazione, meditazione

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