Pomeriggio di fine inverno,
quando il sole esplode all’improvviso.
La natura ancora assonnata si sta svegliando,
germogli di velluto sui rami secchi dei cespugli selvatici.
Passo dopo passo,
perdersi sulla via Vandelli.
Silenzio immenso,
il fruscio del vento fra gli alberi.
Ricordo
una vecchia storia tetra
che raccontava di una locanda
qui sulla Vandelli
dove viandanti e commessi viaggiatori
si fermavano lungo il tragitto
fra Emilia Romagna e Toscana E
si mangiava bene,
ma poi succede che dentro il brodo
un frate
trova un mignolo
un dito intero, proprio nella zuppa.
E allora lo avvolge in un fazzoletto, poi
il giorno dopo lo consegna alla gendarmeria che
farà chiudere per sempre quella
locanda sulla Vandelli.
Fortuna vuole che il monaco fosse magretto,
altrimenti nella zuppa finiva anche lui.
Oggi c’è lo scheletro di un vecchio albergo mai ultimato
e cippi, ogni tanto. A ricordare
il tragitto.
Da Cento Croci, con la sua piccola cappella in pietra
a Sant’Andrea Pelago.
Il sentiero è un’ampia strada piatta,
polverosa e dritta.
Si potrebbe camminare fino all’infinito,
un passo dopo l’altro.
Foglie secche, l’eco del silenzio delle
due di pomeriggio,
il sole ancora caldo sulla pelle
per un attimo immobile.
Cane che corre e si butta a pierdifiato tra i prati,
boschi e fossati.
L’ombra del muschio sulle rocce a nord.
Non si sentono nemmeno gli uccelli.
L’ora della giornata in cui tutto si ferma
in inverno dura un momento,
prima che la pelle rabbrividisca di nuovo.
Chiudere gli occhi al sole
nella luce abbagliante.
Il cielo azzurro e la strada deserta,
oltre i faggi
la distesa di prati.
Chissà dove vanno, mi chiedo e
penso alla prospettiva verticale di
una poiana che vede tutto dall’alto.
Le tracce dei lupi e
i denti di animali divorati.
Piccole colline di rocce friabili sbriciolate,
sentieri sconosciuti verso
direzioni nascoste
in alto, sempre più in alto
dove il bosco ha
mille occhi
invisibili
Conosci la sfortunata storia di Domenico Vandelli?
Di fatto, ogni silenzio consiste nella rete di rumori minuti che l’avvolge: il silenzio dell’isola si staccava da quello del calmo mare circostante perché era percorso da fruscii vegetali, da versi d’uccelli o da un improvviso frullo d’ali.
Italo Calvino
Vagabondo
Un qualche giorno
Lungo la strada,
Se guidi piano,
Dopo la Veggia,
Verso Saltino,
E Riolunato,
Vedrai sul lato,
Camminar lento
Un vagabondo,
D’un altro mondo.
Lo sguardo alto
Verso i monti,
Ricco di sogni,
Zaino leggero,
Niente altero,
Dirà , volere
Sul mont’ Cantiere
E suo paese
Boccassolese,
In dov’è nato,
Da emigrato,
Tornar’agiato.