È un privilegio dell’età quello di andare piano. Un passo dopo l’altro, passeggiare con lentezza. Guardare i tetti, le facciate che raccontano anni e quartieri. Le persone, soprattutto.
Per osservare le persone che ti camminano a fianco ci vuole tempo. Come nella vita.
E poi l’andatura. Da adolescenti si corre, c’è solo futuro: si cammina nel mondo invisibile creato dai propri desideri. Ci insegnano ad andare veloci, la maggior parte lo fa. Eppure basta un mal di schiena o un ginocchio messo malamente alla prova e si riscopre in un attimo quanto può essere lunga una strada.
Passo dopo passo. Quartieri interi, strade, vite. Oggi mi sono presa la briga di seguire un’inclinazione che raramente ho: lentezza. Rallento i passi, mi godo ogni frammento e lo trasformo in istantanea. Ne ho pieno i cassetti, in un posto a metà fra cervello e cuore, di polaroid dell’anima, collezione geografica dei momenti in cui attraverso la vita in una strada. E mi fermo quasi immobile a guardarla.