7 marzo

“Fermati, viaggiatore, per un momento, e guarda
Uno che ha viaggiato più di te;
In tutto il mondo, per ogni grado,
Anson e io abbiamo solcato il mare.
Sono passate zone torride e gelide
E, alla fine, arrivammo a terra al sicuro-
In pace, solenni eccociIn pace, solenni
Lui alla Camera dei Lord – io qui”

Stay, traveller, a while, and view
One who has travelled more than you;
Quite round the globe, thro’ each degree,
Anson and I have ploughed the sea.
Torrid and frigid zones have pass’d
And-safe ashore arrived at last-
In ease with dignity appear,
He in the House of Lords – I here.

Se ti capitasse di camminare fra le sale del National Maritime Museum di Greenwich, il più importante Museo Marittimo del Regno Unito, vai a cercare il Centurion: il falegname Benjamin Slade, che lavorava nei cantieri navali di Plymouth, realizzò il modellino di legno che vedi chiuso nella teca, completo di tutto, dai minuscoli tasselli in legno alla polena, che un tempo accompagnò questa nave in mare aperto.

Oggi, 7 marzo 1941, il capitano Anson doppia capo Horn e attraverso lo stretto di Le Maire passa dall’Oceano Atlantico al Pacifico. L’equipaggio è sfinito, ma intanto li coglie di sorpresa una tempesta da ovest: le vele sono a brandelli, la nave rolla così tanto che chi non sa mantenersi in equilibro aggrappato al legno della prua finisce inghiottito dal mare. L’uragano.

Si acquieta per poi cominciare di nuovo. Passa il giorno e sopraggiungono le stelle. Arriva l’alba, meravigliosa speranza fra le nubi nere. E passa un’altra giornata in balia delle onde. L’uragano squassa il Centurion per cinquantotto giorni di fila. Quelli che non uccide la tempesta, li uccide lo scorbuto: la mancanza di frutta, verdura, acqua, vitamine. Ogni giorno si lasciano all’acqua salata i cadaveri dei marinai, dai sei a otto.

Anson tiene la rotta seguendo il sessantesimo parallelo sud; ad occhio, dovrebbe trovarsi a duecento miglia a ovest della Terra del Fuoco, pensa. Dopo due mesi dalla completa oscurità appare la luna: Anson punta verso nord. La meta è l’isola di Juan Fernandez. La foschia si dirada e all’orizzonte appare la terra. Terra! Ma, contro ogni aspettativa, è Capo Noir, al margine occidentale della Terra del Fuoco. Com’è possibile? In realtà, la nave nell’azione disperata di combattere contro la tempesta, era rimasta quasi ferma. Adesso si tratta di recuperare la rotta e in fretta, perché se fossero morti altri uomini, non ne sarebbero rimasti abbastanza per manovrare le vele.

Il giornale di bordo, giorno 24 maggio 1741, segna che Anson conduce il Centurion alla latitudine dell’isola di Juan Fernandez, trentacinque gradi a sud dell’Equatore. Est o ovest, qual è la direzione giusta? Anson decide di puntare a ovest, il Centurion naviga per quattro giorni. Poi, qualcosa gli fa cambiare idea. Inverte la rotta. Anson non sa di trovarsi a poche ore dalla costa agognata. Nel frattempo, dopo quarantotto ore ecco che si avvista terra, di nuovo. Ma si tratta della costa del Cile, dominio spagnolo.

Anson e l’equipaggio del Centurion caleranno l’ancora a Juan Fernandez il 9 giugno 1941, due mesi dopo. Degli uomini imbarcati, oltre cinquecento, rimarranno meno della metà. Questa pagina strappata dal libro dei giorni è dal libro “Longitudine” di Dava Sobel, che narra la storia della difficile, difficilissima conquista della longitudine, la scoperta che riuscì a cambiare la navigazione.

Fra l’altro, proprio nell’isola di Juan Fernandez al Centurion si spezzò il cavo dell’ancora: trascinato in mare fu di nuovo riportato, con grande difficoltà a terra. Costruito nel cantiere navale di Portsmouth e varato il 6 gennaio 1732, la nave HMS Centurion apparteneva alla Marina Britannica. A Canton lo scafo venne abbattuto e ricostruito dai falegnami cinesi; dopo aver catturato il galeone Manila fece ritorno in Inghilterra attraverso il Capo di Buona Speranza e una volta giunto a Londra l’equipaggio marciò per le strade della capitale carico di bottino. Un bottino che i marinai dilapidavano in poche notti, come narrano le voci dei porti, perché allora non esistevano certo fondi di investimento e le proprie tasche, insieme alla vita spesa in mare e per il mare, erano l’unica certezza.

Dal 1734, anno della sua prima sortita, a bordo ospitava John Harrison, orologiaio inglese testardo e autodidatta, che per oltre quarant’anni, sfidando le autorità scientifiche e le guerre di corte, avrebbe continuato a sperimentare il suo cronometro, fino a ottenere l’ambito premio offerto dal Parlamento. Nel 1741 il Longitude Act, infatti, aveva stanziato l’equivalente di milioni di sterline per chi avesse saputo risolvere il problema del calcolo della longitudine in mare aperto.

Per trentasette lunghi anni il Centurion navigò per ogni mare. Con il capitano George Anson attraversò l’Oceano Atlantico, dall’Africa alla Giamaica. Aveva una missione speciale: dare fastidio alla flotta spagnola intercettando il Galeone Manila, un nome in codice che era stato dato alle navi della corona spagnola che dal porto di Manila attraversavano il Pacifico sbarcando ad Acapulco, cariche di merci, che veniva scaricate per poi viaggiare via terra fino a Veracruz, in Messico, e poi di nuovo caricate dai galeoni indiani per arrivare fino in Spagna. Dal 1565 al 1815 questo commercio continuò, ininterrottamente, fra Spagna e Messico e non senza difficoltà, a causa dei venti e delle correnti.

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