Cervello, noia e immaginazione

C’è uno spazio dentro la mente che si attiva quando apparentemente non stiamo facendo nulla. Quando camminiamo senza una meta, fissiamo il vuoto, ci perdiamo nei pensieri. È in quel momento — secondo le neuroscienze — che prende vita il default mode network (DMN), una rete di connessioni neuronali che si accende proprio quando non siamo concentrati su un compito esterno. È lì che la mente vaga, rielabora ricordi, immagina futuri alternativi, crea connessioni.
Una zona franca della coscienza, dove possono nascere le idee più inaspettate.

Questa rete è stata scoperta quasi per caso, analizzando le immagini cerebrali di soggetti a riposo. E proprio nel “riposo” risiede il suo paradosso: non è inattività, bensì attività interna, in un certo senso svincolata dalla coscienza, o meglio, da quello che viviamo come controllo congnitivo. Forse è il non-fare della tradizione zen, quello di cui parlavano i saggi già millenni fa, in epoche e culture diverse. In quel paesaggio mentale si nascondono fantasia, immaginazione, intuizione. È il luogo dove le storie cominciano a prendere forma, dove le immagini emergono da un flusso indistinto e inconscio.

Ma oggi, quanto tempo concediamo alla mente per “annoiarsi”? La noia è diventata qualcosa da evitare a ogni costo. Ogni attesa è riempita da uno scroll, ogni silenzio da un messaggio. Eppure — suggeriscono neuroscienziati e filosofi — è nella noia che può emergere qualcosa di prezioso: il pensiero originale.

Cos’è il Default Mode Network?

Il DMN coinvolge aree come la corteccia prefrontale mediale, il precuneo, il giro angolare. Si attiva durante l’auto-riflessione, la memoria autobiografica, l’immaginazione mentale. Gli studi degli ultimi anni mostrano che il cervello in default non è passivo, ma lavora su piani profondi, cercando schemi, rielaborando vissuti, creando scenari.

Noia: una finestra sull’invisibile

Il filosofo Lars Svendsen l’ha definita “la possibilità di libertà mentale”. La noia, lungi dall’essere un nemico, è un tempo in cui il cervello non obbedisce, ma esplora. Nei bambini, per esempio, la noia è porta d’accesso all’invenzione e lo è anche età adulta: diventa preludio a intuizioni importanti, se solo ci diamo il tempo per non-fare. Ma serve spazio mentale.

L’incredibile esercizio di sognare a occhi aperti

L’immaginazione non è solo evasione, è progettazione. Secondo studiosi come Daniel Schacter, docente di psicologia presso l’Università Harvard, la stessa rete che usiamo per ricordare il passato serve anche a “pre-vedere” il futuro. Immaginare è un esercizio evolutivo: serve sperimentare senza rischiare, contribuisce a creare la nostra storia e la via che desideriamo tracciare per la nostra esistenza. Aiuta ainventare soluzioni inedite, vedere strade nuove. Immaginare è un respiro che crea spazio.

In un mondo che premia l’efficienza ed è ossessionato dal dover intrattenere noi stessi e i bambini, il non-fare è rivoluzione. Nei momenti di non-fare, che spesso chiamiamo noia, nei momenti di pioggia e solitudine, la mente è attraversata dalla domanda più vecchia del mondo, dai tre anni ai cento – e ora che cosa faccio?

Ecco, adesso sappiamo che potremmo semplicemente interrompere lo schema: intrattenere e doverci intrattenere è solo un’abitudine e nemmeno vecchia, anzi relativamente moderna, che internet ha reso più facile e ovvia. Eppure, senza noia, rischiamo di perdere anche la capacità di ascoltare, trovare, meravigliarci, vedere le cose da prospettive nuove. La domanda – e adesso cosa faccio? – non ha bisogno di risposta. La risposta è nel momento che si ferma per un attimo ed esiste semplicemente nell’osservazione di noi stessi e del mondo. Allenare il vuoto è allenare la mente creativa.

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