Chi era Francis Drake?

Era nato il 13 luglio: lo stesso giorno di tuo nonno Vittorio, mio papà, lui nel ’47 e Drake nel ’40 ma con in mezzo una distanza di quattro secoli.

Francis Drake, anzi Sir Francis Drake fu capitano di navi, viaggiatore, corsaro e politico.

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Nacque il 13 luglio 1540 a Tavistock, nel sud ovest dell’Inghilterra, contea del Devon. In verità non c’è un atto di nascita, nell’epoca di cui parliamo il tempo era una questione piuttosto vaga infatti secondo alcuni la data di nascita di Francis poteva essere fra il 1540 e il 1544: era il più grande, il primogenito dei dodici figli di Mary Myllwaye e Edmund Drake, agricoltori, che a causa della loro fede protestante erano fuggiti nel Kent, una contea a sud di Londra abitata fin dalla preistoria, da gente di cui si perde memoria popolata da tribù celtiche e raggiunta dai soldati di Giulio Cesare, attaccata dai Vichinghi, invasa dai Normanni e mai sottomessa. Una terra, il Kent, proprio davanti al mare e in effetti la parola “cent” indicava il “confine, bordo”, nell’antica lingua celtica parlata prima dell’arrivo dell’esercito di Roma e del latino. Il porto di Dover, in questo angolo nell’estremo sud est, guarda in faccia Calais, dall’altra parte del mare. Regno Unito e Francia, una di fronte all’altra e il mare in mezzo, il canale della Manica. 

Con l’affanno per i sentieri scoscesi tra le rocce gessose, su, fino in alto: dalle bianche scogliere di Dover certi giorni sembra di vedere, al di là dell’orizzonte, anche la Francia, terra straniera e sconosciuta, promessa di viaggi e ignoto, avventura. Ecco quell’avventura, il richiamo del mare e del viaggio, lui ce l’aveva nel sangue, anche se il sangue i suoi genitori glielo avevano dato di terra e mattoni, ma chissà com’è poi, che ognuno la vita la scrive col suo sangue ed è un sangue unico, che va per strade misteriose. Nel sangue c’è scritto il destino, dicevano gli antichi, ed è un destino che nessuno conosce esattamente.

Francis Drake a 18 anni si imbarca su un mercantile come apprendista per un mercante, proprio su una di quelle navi che andavano e venivano fra la Francia e l’Inghilterra

Aveva fama di essere un navigatore esperto, capace di addentrarsi anche nelle acque difficili del Mare del Nord, e infatti non passò molto tempo che comandò una nave tutta sua.

A 23 anni parte dalla baia di Plymouth per il Nuovo Mondo, l’America, che Cristoforo Colombo aveva raggiunto da nemmeno cent’anni.

Viaggiò attraverso la frastagliata punta dell’America del Sud, il comandante Drake, là dove Atlantico e Pacifico si fondono nel gelido ghiaccio dell’Oceano Australe e la Terra del Fuoco, che di fuoco non è per niente, punta verso il desolato Antartide. Sembra che fu un portoghese che rapì a Capo Verde, Nuno da Silva, a rivelargli la rotta del passaggio nello Stretto di Magellano.

Forse era il suo nome a guidare la sua storia: El Draque, lo chiamavano gli spagnoli nel Mar dei Caraibi, “il dragone”, diretta traduzione del cognome Drake.

Fatto sta, che il suo nome è ancora lì, lo Stretto di Drake è il passaggio, uno dei più pericolosi al mondo e ricercati per secoli, fra l’Antartide e il mondo. Circa quarant’anni prima sembra che un altro avesse attraversato per primo questo tratto di mare – il navigatore spagnolo Francisco de Hoces – durante un viaggio verso le Molucche, ma è Drake a lasciare il suo nome, nel 157. Attraversa lo stretto di Magellano e scopre la connessione fra gli oceani: è nota come CCA, Deriva del Vento da Ovest, e circola in senso orario intorno al continente Antartico. Si tratta di uno spartiacque, un fiume nel mare, barriera e unione, fra le correnti calde del Subantartico e le correnti fredde intorno al continente. Per una lunghezza di mille chilometri e ottocento di larghezza, il passaggio di Drake unisce Atlantico e Pacifico: Capo Horn, il punto più a sud del Sud America, e le Isole Shetland Meridionali. Qui si trovano le acque più inquiete di tutto il pianeta, ancora oggi luogo di tempeste mortali, onde anomale alte come muri che superano i 20 metri, dove la terraferma sparisce e le correnti oceaniche turbinano.

Nel 1560 Drake parte sulla sua nave, la Judith, verso l’Africa per fare il mercante di schiavi, cosa che non gli fa certo onore. Illegalmente rapisce persone e vende i prigionieri in quelli che anni dopo verranno chiamati Stati Uniti d’America e che all’epoca sono la Nuova Spagna. 

Nel Regno Unito, al sicuro nei suoi palazzi, regna intanto la regina Elisabetta: è lei a nominare Francis Drake corsaro. E Drake parte.

Assalta ogni nave spagnola incontrata. Combatte contro tempeste e temporali. Carica oro e argento. Sopravvive ai naufragi. Dagli assalti salva le mappe, scritte dagli spagnoli, che usa per navigare. Cercando – e non trovando – il passaggio a Nord Ovest che per secoli tutti cercheranno, la rotta che collega Atlantico e Pacifico attraverso il Canada, va verso sud e arriva nella baia di San Francisco, si dirige a ovest e attraverso il Pacifico raggiunge le Molucche, doppia il Capo di Buona Speranza e infine, nel 1580, a bordo del galeone Golden Hind, Cerva d’oro, torna in Inghilterra. Sbarca sul Tamigi, a Londra, che un tempo era il porto più grande di tutti: esattamente lì, seppur con non poche proteste da parte degli spagnoli, la regina Elizabeth lo nominerà cavaliere. Tornò carico di oro, tesori e spezie, Sir Drake: la metà alla regina, la quale ordinò a tutti il silenzio più totale, pena la vita, e che ogni viaggio fatto dovesse restare segreto, ognuno dovette giurarlo.

Il corsaro Francis Drake divenne sindaco della città di Plymouth. Nella sua vita partecipò ancora a molti viaggi per mare, assalti e spedizioni, navi incendiarie e guerre combattute fra le onde, forse perché in fondo lontano dall’avventura non ci sapeva stare, abituato com’era al mare, a svegliarsi fra le stelle e il rollio costante che a scartoffie e passeggiate comode. Un giorno i colpi di cannone sparati dalla fortezza di San Felipe del Morro, a Porto Rico, colpirono in pieno il ponte della nave, ma anche quella volta la scampò, chissà come.

Morì a gennaio, un gennaio che non era freddo per niente, considerando quelli che aveva visto là dove era nato nella madrepatria terra inglese. Si trovava a Panama e mancavano pochi anni alla fine di un secolo: era il 1596. Ancorato nella baia di Portobello, morì per una malattia infettiva, la dissenteria; fu vestito della sua armatura e buttato in mare, come aveva chiesto lui. O forse si dovrebbe dire seppellito, perché non si viene sepolti solo nella terra, ma semplicemente nel posto dove uno sa che si sente in pace.

E non c’è niente come il mare per riposare, lo sanno bene i marinai e chi ha il cuore inquieto.

Francis Drake destinò parte del suo patrimonio alla gente più povera di Plymouth, come scritto nel suo testamento, e la leggenda racconta che se l’Inghilterra fosse in pericolo basterebbe battere sul suo tamburo per vederlo apparire.

Sic parvis magna“, in latino: così, dalle piccole cose le grandi. Dal poco si arriva al tanto. Così, il piccolo diventa grande. Così, goccia per goccia, svuotiamo il mare.

Era il suo motto. Niente è impossibile: le cose piccole sono il necessario inizio delle cose grandi.