10 maggio 1933: il rogo dei libri di Berlino

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I roghi di libri, Bücherverbrennungen, sono stati decisi in Germania nel 1933 dal governo nazista. Tutti i libri non in linea con l’ideologia nazista vennero bruciati: gettati dalle finestre, accumulati per strada, trasformati in falò.


Dort wo man Bücher verbrennt, verbrennt man auch am Ende Menschen

Dove arde il libro, in fin si abbrucia l’uomo.
Heinrich Heine, poeta tedesco

“Là dove si bruciano libri, si finirà per bruciare uomini”. Nato tre anni prima che il Settecento finisse, il poeta tedesco Heinrich Heine, di origine ebrea, morirà a Parigi il 17 febbraio 1856: le sue parole sinistramente profetiche anticipano la visione che nel giro di trent’anni diventerà lugubre realtà, nella sua Germania. Nella città di Düsseldorf, dove Christian Johann Heinrich Heine era nato, il principale rogo di libri avviene l’11 aprile 1933. Uno dei primi fu a Dresda, 8 marzo, poi a seguire Braunschweig, Würzburg, Heidelberg e Kaiserslautern, Münster, Lipsia e Wuppertal il primo aprile, Schleswig il 23, Monaco di Baviera il 6 maggio, Rosenheim e Coburgo il 7. Insieme ad altri, uno fra i più tristemente noti è il rogo di libri di Berlino, avvenuto il 10 maggio 1933. Il rogo più grande.

Saranno 25mila i libri dati alle fiamme nella celebre Opernplatz, la grande Piazza dell’Opera nel quartiere Mitte di Berlino, nel 1947 rinominata Bebelplatz. Oggi, proprio in questo luogo c’è una targa con le parole del poeta Heine. Sì, dove si bruciano libri si finirà per bruciare uomini, oggi sappiamo che è così. Sotto un pannello luminoso, l’occhio vede oltre la superficie della strada: dentro, una stanza piena di scaffali vuoti, opera di Micha Ullman.

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Il 10 maggio 1933 gli studenti bruciano oltre 25.000 volumi, considerati da distruggere a causa dello spirito non tedesco: intorno al terribile falò che illumina questa notte di tarda primavera circa 40.000 persone, riunite qui all’interno dell’Opernplatz per il discorso di Joseph Goebbels. Inizia così la censura di Stato, organizzata dall’ufficio della Stampa e della Propaganda, promossa dall’Associazione studentesca della Germania, condivisa da tutti quelli che staranno lì, a guardare.

Coltivare una mente libera non è mai facile

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Rogo dei libri in Opernplatz a Berlino

La lista degli autori e dei libri proibiti

La lista degli autori, i cui libri vennero bruciati nei roghi organizzati dal governo nazista, è lunga. È una lista lunga e trovo sia importante annotare ogni nome, uno dopo l’altro. Lo spazio che vediamo nell’opera di Micha Ullman in Opernplatz ci ricorda che il vuoto lasciato dall’assenza è un un territorio vivo, che possiamo decidere di abitare.
Ogni volta che leggiamo un libro, le parole di un autore vivono di nuovo e così la sua visione del mondo, che si intreccia alla nostra vita: le idee cambiano la storia, attraverso il tempo.

Albert Einstein
Alexander Lernet-Holenia
Alfred Döblin
Alfred Kerr
Alfred Polgar
André Gide
Anna Seghers
Arnold Zweig
Arthur Schnitzler
Bertha von Suttner
Bertolt Brecht
Carl Sternheim
Carl von Ossietzky
Charles Darwin
Egon Erwin Kisch
Émile Zola
Erich Kästner
Erich Maria Remarque
Ernest Hemingway
Ernst Bloch
Ernst Erich Noth
Ernst Glaser
Ernst Toller
Erwin Piscator
Eugen Relgis
Felix Salten
Franz Kafka
Franz Werfel
Friedrich Engels
Friedrich Wilhelm Foerster
Georg Kaiser
Georg Lukács
George Grosz
Grete Weiskopf
H. G. Wells
Heinrich Eduard Jacob
Heinrich Heine
Heinrich Mann
Helen Keller
Henri Barbusse
Hermann Hesse
Ilja Ehrenburg
Isaak Babel
Iwan Goll
Jack London
Jakob Wassermann
James Joyce
Jaroslav Hašek
Joachim Ringelnatz
John Dos Passos
Joseph Roth
Karl Kraus
Karl Liebknecht
Karl Marx
Klaus Mann
Kurt Tucholsky
Lev Trockij
Leonhard Frank
Lion Feuchtwanger
Ludwig Marcuse
Ludwig Renn
Ludwig von Mises
Maksim Gor’kij
Marcel Proust
Marieluise Fleißer
Max Brod
Nelly Sachs
Ödön von Horváth
Otto Dix
Robert Musil
Romain Rolland
Rosa Luxemburg
Sigmund Freud
Stefan Zweig
Theodor Lessing
Thomas Mann
Upton Sinclair
Vladimir Lenin
Vladimir Majakovskij
Walter Benjamin
Werner Hegemann

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Tu sei liber* di esprimerti? Giornata Mondiale della Libertà di Stampa

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Quella che si vede nella fotografia è una lettera datata 1941. Non mi era mai capitato di vedere queste buste, fino a quando non ne ho trovata una in un cassetto: dentro, lettere scritte fitte fitte per risparmiare carta e farci stare quante più cose e persone possibili. Fuori, la superficie ruvida e sottile con attaccato il francobollo e un timbro nero che occupa, ben visibile, buona parte della busta. TACI.

TACI

3 maggio, Giornata mondiale della libertà di stampa. La libertà di parola è sancita dall’Articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948: sono passati 70 anni dal 10 dicembre 1948, quando il futuro premio Nobel per la Pace René Samuel Cassin presenta al mondo quei trenta articoli costati il sangue di due guerre mondiali e innumerevoli conflitti armati, coscienza civile in evoluzione attraverso un secondo complicato, il Novecento, che si è concluso ma forse porta ancora il triste strascico di una sposa bambina. Libertà soffocata e azzittita, in mille modi e ancora cento, nei Paesi in guerra e a volte, più spesso di quanto vorremmo, anche in quelli cosiddetti civili, dove il silenzio, così come la fame, diventano una questione più elaborata, sfumata ed elegante.

TACI

Secondo il rapporto di Reporters sans frontières sono 54 i giornalisti uccisi nel 2018. Questa è la mappa redatta da Reporters sans frontières / Reporters Without Borders / RSF con il 2019 World Press Freedom Index, l’indice che ci informa sul libello di libertà di stampa nel mondo. Ai primi posti Norvegia, Finlandia, Svezia. Italia? 43esimo. Stati Uniti 48esimo, Venezuela 148, Turchia 157, Libia 162. Visti da qui, i nomi e le geografie di cui ci parla la tivvù sono una prospettiva straniante e incredibile. Incredibile sì, perché sono le notizie che provengono da realtà di cui possiamo vedere anche al tiggì o utilizzando i social, anche se (ancora troppe) poche volte li utilizziamo così, per andare a caccia del non detto.

TACI

“Quello di allora era un mondo che voi non potete capire” mi ha detto tempo fa un uomo di 90 anni che del Novecento ha vissuto molto e rischiato la pelle più volte (salvandosi solo per il fatto, anzi la fortuna, di essergli capitati in sorte pelle e capelli del colore giusto). Nel suo toscanaccio allegro mi ha indicato le montagne e la distesa del mare. Un tempo le notizie non viaggiavano alla velocità di internet, il paesaggio era davvero una barriera fisica: la comunicazione aveva dei tempi e delle attese. Si dovevano attendere le notizie e quelle che viaggiavano erano poche, talvolta false e poco verificate. Si stampava su carta difficile da reperire, si stampava a volte di nascosto e del mondo non c’era una conoscenza certa, ma una sensazione vaga fatta di pezzi da incrociare e faticosamente legare fra loro, un rammendo fatto in fretta e precario, con quello che c’era. Una mappa imprecisa dove le geografie, i confini e le notizie di quello che stava accadendo, anche solo pochi chilometri più in là, sfumava nella nebbia. “Voi, abituati a svegliarvi e nemmeno uscire per andare a comprare il giornale, perché ora basta un tasto per iniziare a leggere, vedere video, informarsi su quello che c’è da sapere, non potete neanche immaginare cosa significa aprire gli occhi in un posto e non sapere: non sapere proprio nulla, non sapere nemmeno domani e non sapere nemmeno quando si saprà qualcosa“.

TACI

La paura è il comune denominatore quando la degenerazione del dover tacere si trasforma in un silenzio violento. L’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul, la libertà strozzata dei giornalisti e intellettuali turchi (almeno 170 giornalisti “scomparsi” in carcere in Turchia, oltre a 150.000 funzionari pubblici licenziati e 50.000 persone arrestate), il rischio per la propria vita, sulla propria pelle. Da una parte all’altra del mondo, Iran, Venezuela, Serbia, Arabia Saudita. Si aprono musei strizzando l’occhio alla cultura (e soprattutto agli investimenti economici), nel frattempo si uccidono persone e non siamo dentro a un film, no. È solo che si lavano in fretta le strade e intanto si dimentica che la vera cultura è il coraggio dell’umano, l’invenzione di un’idea e dell’osare: libertà, una parola latina che ci ricorda, ieri come oggi, che essere liberi non è fatto scontato.

TACI

Un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Paolo Borsellino

Un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà, capace di schierarsi contro indifferenza e contro complicità, aveva detto Paolo Borsellino parlando della lotta alla mafia. E forse questo vale in generale per le parole, per il bisogno e la capacità di riappropriarci della bellezza attraverso ciò che è verità, giustizia, onestà. Uomini come lui ci insegnano che il seme del coraggio nasce anche e soprattutto lì, nella dittatura, là dove non dovrebbe ma può. Dove tutto attorno continua a cantare la voce di una bocca tappata che non si arrende. Può perché chi vuole essere libero non si arrende al dovere imposto.

Quasi sempre, è una lotta che ha bisogno del coraggio. E non c’è antidoto, purtroppo, alla paura se non l’osare di ognuno e la condivisione di tutti. Perché la paura aumenta quando si rimane soli e allora parlare, anche per chi non può parlare, diventa un modo per continuare a ricordare ciò che riguarda tutti. La possibilità di immaginare. Coltivare idee, scendere per strada, manifestare ciò che si pensa. Ragionare insieme. Evolvere.

Se tu ti senti libero o libera di esprimerti, se tu puoi scrivere un commento o avere un profilo social, se tu puoi far sentire la tua voce, se ti puoi fermare per strada a ragionare su un’idea e scriverne, se tu puoi accedere a internet… Pensaci. Perché non è ovvio.

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La fine della guerra nell’ex Jugoslavia

Sono passati 23 anni da Dayton: l’accordo raggiunto il 21 novembre in Ohio e sottoscritto tre settimane dopo a Parigi scrisse la fine della guerra fra i Paesi dell’ex Jugoslavia.

I Balcani vengono ridisegnati e questo processo è continuato nel tempo, perché le frontiere non sono realmente qualcosa che si tocca con mano. Contrariamente alla realtà che le mappe tentano di illustrare, i confini non sono una linea tracciata sulla terra. Le frontiere vivono nei cuori e nelle coscienze, si nutrono delle differenze e delle storie, si annacquano e confondono, attraversate dai passi di chi li calpesta per arrivare là, un po’ più in là. Attraverso le frontiere scriviamo la nostra identità, delineando il confine fra ciò che siamo e non siamo più, o non siamo mai stati.

1995-2015, 20 anni di Dayton

70 anni fa la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Il 10 dicembre 1948 veniva presentata a Parigi la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: 70 anni fa, per la prima volta dopo la tragedia di due guerre mondiali nell’arco di cento anni, il secolo Novecento, venivano messi per iscritto i diritti inderogabili della persona. All’epoca furono 48 i voti a favore e 8 le astensioni: Arabia Saudita, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Polonia, Repubblica del Sudafrica, Ucraina, Unione Sovietica.

Fra i redattori della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani il giurista, magistrato e diplomatico francese René Samuel Cassin, nato a Bayonne alla fine del vecchio secolo, il 5 ottobre 1887 (morirà a Parigi il 20 febbraio 1976): Presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo, sarà Premio Nobel per la pace nel 1968.

Da allora quanto siamo cambiati?

Ecco il testo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, composto dal preambolo seguito dai trenta articoli che insieme hanno rappresentato il primo tentativo di andare oltre i confini dello Stato nazionale per non dimenticare ciò che, al di là delle differenze, costituisce i principi fondamentali di libertà per ogni essere umano.

Purtroppo siamo ancora lontani da quello che sulla carta, e nella realtà, è ancora un ideale. “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona” (articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani): le guerre nel mondo attualmente sono più di quante potremmo pensare, ma ai conflitti è necessario aggiungere tutte le situazioni in cui i diritti della persona vengono sistematicamente calpestati.

Alla popolazione si aggiunge il numero di chi nella guerra ci entra per documentare e testimoniare. Secondo il rapporto di Reporters sans frontières 2017 sono 65 i giornalisti uccisi mondo solo nell’anno 2017 durante l’esercizio di una professione che è diritto per ognuno di noi, il diritto all’informazione. Sono 1331 i giornalisti uccisi dal 1992 al 2018, rende noto il Centro Studi Committee to Protect Journalists, con sede a New York, che analizza il grado di libertà di stampa nel mondo.

Nel 2018 Amnesty International ha lanciato un appello per la Turchia e il giornalismo indipendente: oltre 120 i giornalisti in carcere, senza contare le piccole storie d’orrore quotidiano di chi cerca di sopravvivere in un Paese dove la libertà è un filo d’ossigeno sempre più sottile. Cina, Aghanistan, Turchia, Iran, Siria, Yemen, Iraq, Ucraina Venezuela, Paesi da cui c’è chi cerca di fuggire, con una valigia di speranza e poco altro, da gettare oltre i confini di un presente grigio: oltre, un nuovo futuro da sognare.

Ma non solo, al di là dello schermo del televisore, proprio accanto a noi, nel posto in cui viviamo, la ricerca della libertà è un fatto quotidiano. Nel concreto, accade quando non ci voltiamo dall’altra parte, quando nella nostra piccola vita quotidiana diamo spazio, impariamo a guardare, non ci accontentiamo. E allora non importa se è capitato a te, è anche mio, è di tutta l’umanità. Come è scritto su una delle porte delle baracche trasformate nel Museo Nazionale di Auschwitz-Birkenau, “Fino a quando non avremo compreso l’insegnamento della Storia, saremo destinati a ripeterla”.

Dichiarazione universale dei diritti umani (1948)

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L’Assemblea Generale proclama

la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1.

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2.

Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3.

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4.

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5.

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6.

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7.

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8.

Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9.

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10.

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11.

1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12.

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13.

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14.

1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15.

1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.

2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16.

1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.

2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17.

1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18.

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19.

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20.

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

2. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.

Articolo 21.

1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22.

Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23.

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24.

Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25.

1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26.

1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

2. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27.

1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28.

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29.

1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30.

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

Qui la collezione video della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani costantemente aggiornata in tutte le lingue del mondo

René Samuel Cassin e la Dichiarazione universale dei diritti umani

Chi sedeva fra i redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948? Uno di essi fu René Samuel Cassin. Figlio di una famiglia di mercanti, René Samuel Cassin nasce a Bayonne il 5 ottobre 1887: morirà a Parigi nel nuovo secolo, il 20 febbraio 1976. Giurista, magistrato e diplomatico francese, è Presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo e Premio Nobel per la pace nel 1968.

René Samuel Cassin nel 1908 si laurea in letteratura, successivamente in legge; poi nel 1914 conclude gli studi laureandosi in economia e in scienze politiche. Letteratura, giurisprudenza, economia e scienze politiche: un’immersione nella materia dell’umano, dai numeri e il senso di un commercio che forse veniva anche dalla tradizione familiare, alle discipline che permettono di penetrare nell’arte e nella cultura, costruendo un’idea più vasta sull’uomo e sulla società. E un orizzonte mentale in grado di andare oltre ai confini era presente, saldo e luminoso, nella testa di quest’uomo, che fu tra i promotori e redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, il cui impegno venne riconosciuto con il Premio Nobel per la pace.

Attualmente esiste il Premio René Cassin dedicato alle tesi sui diritti umani