Piano piano… Osservare la natura per vivere senza fretta

Tu immagina una giornata di nuvole e la pioggia forte in giardino, il lento viaggiare delle chiocciole e il volo della libellula che nasce e vive sull’acqua. Senti sulla pelle il sole che ti asciuga le ali, la terra che ti avvolge quando strisci nel buio. Allenati alla metamorfosi del tarassaco e della farfalla, che vibrano nel cambiamento ascoltando le stagioni.

Ogni stagione della nostra esistenza ce l’abbiamo scritta dentro

C’è un cielo immenso là sopra e noi crediamo di essere grandi invece siamo piccolissimi, minuscole creature di terra, acqua e aria che a volte con la terra, l’acqua e l’aria si mescolano e allora diventano immense. Diventiamo senza confini quando ci arrendiamo al piccolissimo, disintegriamo le mappe e i Paesi, ne facciamo brandelli.

Diventare esploratori del momento è l’avventura senza fine

Ecco, non si è esploratori: esploratori si diventa. Non si è coraggiosi, coraggiosi si diventa. Noi non ci arrendiamo al già fatto bensì al non detto strappiamo una promessa: la parola, il seme, il sogno. Il futuro di questo attimo da afferrare adesso è il presente che si fa nelle nostre mani. Lo impastiamo. Lo guardiamo. A piedi nudi lo dipingiamo, questo adesso di cui vogliamo trovare scoperta e meraviglia.

Qui stiamo sfogliando questo libro: “Piano piano… Osservare la natura per vivere senza fretta. 50 storie” di Rachel Williams con illustrazioni di Freya Hartas (Giunti editore) cinquanta storie, una per ogni pagina, una per ogni frammento raccolto nel mondo là fuori: una fotografia da dipingere e impressionare, disegnare e raccontare, rimodellare per inventare la vita ascoltando il cuore.

La scuola di Tito

io non me lo ricordavo, ma dentro al mondo della Pimpa – che io credevo scomparso invece esiste ancora – c’è un personaggio che si chiama Tito
è un piccolo cane blu
vorrebbe andare a scuola lui, ma è troppo piccolo
e allora, la scuola se la crea a casa
è una scuola inventata la sua,
sono i libri a raccontarsi
a prendere parola
le cose
tutto il mondo intorno
ed è vero, è così
all’inizio della nostra vita volevamo imparare tutto
eravamo esploratori instancabili
viaggiatori intergalattici in arrivo da sconosciute galassie su questa Terra di cui non sappiamo niente
lo siamo ancora.
Noi diciamo che non abbiamo tempo, ma i bambini molto piccoli non si danno per vinti. Ce lo ricordano con infinita pazienza ogni attimo:
non c’è niente altro da fare
se non
sperimentare
e
continuare
a
chiederci
che cosa
vogliamo
imparare

 

Scuola è ogni volta che apro gli occhi

 

qui da quando l’inverno se n’è andato e siamo tornati c’è stata la settimana delle passeggiate di primavera, la settimana in cui si piantano semi e si fanno i riordini della bella stagione, la settimana a zonzo alla scoperta dei bombi e a mettere il naso nelle case amiche; la settimana del vento, a svegliarsi presto e leggere libri sul tappeto com il caffellatte e quella in cui i libri si son letti di notte al chiaro di luna. La settimana del mare, a guardare le barche e costruire piste immense per le biglie, la settimana nudista in giardino fra sabbia, terra e acqua, la settimana dei bimbi, a fare amicizia e passare tutto il tempo in giro. Settimana scorsa è stata la settimana del ping pong e del calciobalilla, era da una vita che non ci giocavo, settimana di afa, giochi, sabbia e del fare gruppo.
Questa settimana a cosa sarà votata? ~ non lo so
ma,
dovremmo chiedercelo
che si sa, il tempo si misura in settimane
il weekend si ferma
il tempo
poi, ricomincia. E
via così, settimana dopo settimana
sia che tu faccia la casalinga o sia in fabbrica o in ufficio
il venerdì, il sabato, il fine settimana
è sempre un tempo diverso, speciale
un tempo del rallentare
non è una questione nostra,
te ne accorgi anche se sei in pensione
è il mondo intorno a dirtelo
il mondo per un attimo prende fiato,
respira
e poi si riparte
e intanto chiediamocelo
allora
qual
è
l’ispirazione
per
questa
nuova
settimana
?
Chiediamocelo a venti, quaranta, sessant’anni o novanta, che forse solo questo ci salverà
fino a cento e per sempre
l’entusiasmo
ogni giorno imparo
ogni giorno POSSO imparare
ogni giorno la scuola inizia quando apro gli occhi
ogni giorno è un nuovo viaggio

Il coraggio di raccontare ai bambini

non so se ti è mai capitato di sfogliare un libro per bambini,
e non so se ti è capitato di passare del tempo
con un bambino

con un bambino scopri
domande incredibili
curiosità inesauribile

dentro ogni bambino
c’è un vecchio,
dovremmo vederli così i ragazzi
immaginare loro adulti

come ci comporteremo,
davanti a un uomo e una donna di trenta, quarant’anni
uno come noi

che cosa vogliamo per noi
che cosa avremmo voluto
?

dovremmo trovare il coraggio
di
raccontare ai bambini
storie importanti
storie forti, impegnate
storie di Storia, di geografia, di cuori
storie di verità e ricerca

me li ricordo i libri che mi capitava di sfogliare da bambini,
quelli di papà o alcuni, dalle pagine ingiallite: li portava a mia nonna una zia, sua sorella
grandi scatole piene di vecchi giocattoli e volumi che erano stati di qualcuno ormai grande

dentro, c’erano illustrazioni precise, grande ricchezza di dettagli.
Erano storie che parlavano a cuore e cervello con onestà,
dirette. In queste pagine di adesso si trovano più spesso
parole semplici al punto da diventare banali,
parole che si perdono in colori sterminati e vuoti
nei libri dedicati ai bambini molto piccoli
ipersemplificazione
nelle storie per i più grandi
edulcorato e stiracchiato all’essenziale
il racconto
perde fatti e ricchezza.

Abbiamo bisogno di
parole che
sappiano cercare
saggezza
sappiano scavare
trovare anima
spirito
esempio
visione
ispirazionee

che non siamo e non diventiamo niente,
senza prima svegliare
quello che ci rende
umani
vivi

Quali libri e autori ricordi che ti hanno fatto diventare grande?

Guglielmo Milani, detto Mino

Il tempo dell’imparare

Alle elementari mi sono ben presto resa conto di imparare in modo differente rispetto agli altri compagni di classe. Il mio obiettivo primario è sempre stato uscire a giocare il prima possibile. Sapevo, pertanto, di dover sbrigare tutti i compiti nel modo più rapido – e comunque anche imparare qualcosa – se volevo evitare noie. Fin dall’inizio ci sono riuscita abbastanza bene. In terza, poi, ho smesso di fare i compiti relativi a argomenti che già conoscevo – mi sembrava un’inutile perdita di tempo. In effetti sono riuscita a cavarmela in questo modo fino alla maturità. Oggi, a posteriori, non riesco a spiegarmi come sia riuscita a farla sempre franca. Al liceo, nei primi due anni, ho frequentato una scuola a tempo pieno. Per me è stato ovviamente un problema dato che lì mi veniva imposto un metodo di studio ben preciso – per esempio, dovevo avere un quaderno apposito per i compiti a casa. Il tutto mi infastidiva parecchio, mi sentivo limitata e anche bloccata. Quando ho avuto di nuovo la possibilità di studiare nel modo a me più congeniale, tutto è tornato a posto. Ripensando ai tempi della scuola posso dire che, ovviamente, avrei potuto ottenere risultati migliori, ma a me non è mai interessato dedicare più tempo allo studio per prendere voti più alti. Per uscire dalla maturità con un voto superiore a 70/100 che ho portato a casa essendomi preparata per circa otto ore, avrei dovuto studiare un’enorme quantità di tempo in più, ma per me non ne valeva davvero la pena. Ovvio, di tanto in tanto provavo rimrsi di coscienza e pensavo di dovere effettivamente sforzarmi maggiormente. Tuttavia, è stato proprio l’accettare di essere una persona che impara in modo minimale a essermi di grande aiuto.
Felicitas Komarek

Dopo tutto Felicitas Komarek è riuscita a sopravvivere bene agli anni di scuola. Ha frequentato la Facoltà di Scienze sociali e comportamentali all’Università di Leiden, Germania, e ha scritto un libro proprio su questo. Essere una persona che impara in modo minimale significa che non c’è un unico metodo di studio da seguire: non solo se ne possono seguire di alternativi, ma soprattutto, spiega lei, dobbiamo smettere di sentirci in colpa e diventare consapevoli del semplice fatto che… Ognuno è fatto a modo suo, ognuno studia a modo suo.

Al di là del contenuto (se sei interessato ai metodi di studio salta qualche riga più giù e qui sotto troverai il titolo) ho trovato interessante che le autrici del libro sono Felicitas e Iris. Felicitas è la figlia di Iris Komarek, esperta in processi di apprendimento, studiosa di pedagogia e sociologia della formazione.

A proposito, chi cerca ispirazioni su metodi di studio classici e alternativi può consultare il libro di Iris e Felicitas Komarek “Guida allo studio per pigri” (Feltrinelli, 2019).
… Perché ogni studente è una persona unica e particolare

Conoscere con la pelle

Toccare il sole con i piedi, iniziare così ogni mattina e ricordarsi di avere tempo. Pelle, l’organo più grande del nostro corpo. Pelle, dentro e fuori. Dentro l’invisibile me, fuori tutto il mondo. Pelle: delicata, nuova come quella di un bambino, ruvida, dura, disegnata dagli anni come un tronco d’albero. Scoprire il mondo con la pelle

Diventare esploratori

erling-kagge

“In quanto esploratore penso spesso che nessuno possa avere delle certezze. Non so quali cime mi troverò di fronte all’improvviso e dovrò superare, scalare o semplicemente ignorare. Io credo che i sogni e la curiosità per il mondo che mi circonda siano ciò che dà un senso alla mia vita, ovunque mi trovi e qualunque sentiero io scelga di percorrere. Mi sforzo di attenermi il più possibile alla mia filosofia, anche se alcune volte compio qualche passo falso ed è probabile che farò qualche sbaglio anche in futuro. Tra tutte le regole che mi sono dato nel corso degli anni trascorsi a esplorare il mondo, ce ne sono due che cerco di tenere sempre presenti.[…]”
Erling Kagge

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Il talento

Un giorno il maestro si presentò con una candela e spense la luce.
Non capivo.
Ci vedevo a malapena.
“Suona” mi disse. Maestro non vedo, gli risposi.

“Non devi vedere, devi sentire. Ci sono dei bravi pianisti che sono ciechi e suonano benissimo.
Devi poter suonare anche senza vedere”

Erano in una baita fra i boschi della val di Rabbi, gli anni Sessanta, quando il maestro Arturo Benedetti Michelangeli pronuncia questa parole. Un ricordo dell’allievo Carlo Maria Dominici, che il maestro metteva alla prova chiedendo di suonare lo stesso pezzo sui differenti pianoforti presenti nella stanza.
Ascoltare la vibrazione della diversità, saggiare con le dita, adeguare il passo.
Un esercizio di musica e di vita, di sensazioni.