Fiori di primavera

Fiori di primavera o di fine inverno? Mentre la neve si scioglie sui prati fra i sentieri fa sobbalzare il colore intenso dei nuovi fiori
Fiori di primavera

Crocus
L’ho avvistato per primo fra tutti quest’anno, una piccola esplosione viola fra il color terra delle foglie secche. Il crocus è temerario e di frequente è il primo a sbocciare, fra la fine dell’inverno e l’inizio di primavera. Appartiene alla famiglia delle Iridacee (Iridaceae) e il suo nome viene dalla lingua greca, Kròkos. Questo piccolo fiore, viola o bianco, è citato fra le pagine dell’Iliade: significa filo di tessuto. All’interno sono ben visibili i lunghi stigmi che nel suo cugino più celebre, il Crocus sativus (comunemente noto come zafferano!) vengono sfruttati in cucina.
Il piccolo crocus durante la stagione primaverile sa trasformare i prati in un dipinto. Nell’Appennino tosco-emiliano il crocus spunta ovunque, fra le zolle di terra brulla e l’erba ingiallita scampata alla fine dell’inverno insieme ai piccoli cespugli di violette e le primule. Cresce in Europa, ma si trova anche in in Africa nord-occidentale e in Asia occidentale, fra le vallate dei Monti Altaj, un posto magico, dove anticamente nacque lo sciamanesimo e i popoli che vivevano qui consderavano sacre le montagne. Qui si trovano le vette più alte della Siberia e il confine fra Russia, Mongolia, Cina e Kazakistan.
Ma io alla fine dell’inverno ogni anno attendo, con trepidazione e curiosità, i bucaneve. Perché la natura ritorna, con magica puntualità, da anni, così tanto che noi non abitavamo in questa casa e non eravamo nemmeno nati. C’è un unico piccolo gruppo di bucaneve, qui in giardino; non sono che tre o quattro eppure da più di cinquant’anni, tornano, alla fine dell’inverno, sempre di fianco alla porta di casa. E io spio il loro arrivo.
Bucaneve
Il bucaneve, Galanthus nivalis, è della famiglia delle Amaryllidaceae: galanthus, così viene chiamato anche in lingua inglese, da due parole greche: gala, latte, e anthos, fiore. Fra i parchi del Regno Unito in questa stagione è ovunque: se ti trovi a camminare fra i parchi di Londra nel mese di febbraio vedrai un tappeto di minuscoli bucaneve, ai piedi delle querce. In Irlanda il bucaneve era il simbolo della festa di Imbolc, una festa antichissima che poi in epoca cristiana divenne la Candelora. Sai che il bucaneve inglese ha un legame con l’Italia? Fu la regina Elisabetta a introdurre i primi bucaneve in Gran Bretagna, dalle montagne italiane.

L’arte del vedere
Vedere è un’arte, sai? Sì, perché non basta vedere o poter vedere: saper vedere è un allenamento e un’ispirazione, va coltivata ogni giorno e quanto spesso ce ne dimentichiamo. A vedere si impara, ecco perché si tratta di un esercizio quotidiano. Nella storia della medicina i casi di chi ha potuto vedere grazie a un intervento chirurgico ci hanno fatto scoprire che fenomeni come la prospettiva non sono un fatto scontato bensì una costruzione: noi vediamo con il cervello e la nostra vista si allena nel tempo. La visione che abbiamo, del mondo e anche di noi stessi, delle forme, dei colori e di come percepiamo le cose è il risultato di tanti fattori: del nostro carattere e delle nostre unicità, della cultura che respiriamo e della storia in cui siamo collocati. È il nostro universo di senso. Se ci fermiamo su questo pensiero – il modo in cui ognuno di vede è unico – allora può accadere un’incredibile rivoluzione e a partire da questo possiamo persino iniziare a costruire la nostra visione, che non ha solo a che fare con la vista perché diventa il modo che abbiamo per chiederci quali sono i nostri sogni, le direzioni in cui ci interessa andare, la strada che stiamo percorrendo giorno dopo giorno.






