La tradizione tedesca dei 30 desideri

Camminando in una sera d’inverno lungo una spiaggia spagnola abbiamo incontrato una donna che bruciava un foglietto. Incuriositi, abbiamo chiesto il significato del gesto che stava facendo. Lei si è fermata e ci ha raccontato la bellissima tradizione dei 30 desideri, un rito magico che di solito viene compiuto alla fine dell’anno.

Dal Dizionario Etimologico, desiderio: dal latino DESIDERIUM, movimento della volontà verso cosa che ci manca. Il verbo latino DESIDERARE è composto della particella intens DE e SIDERARE, che ha il senso di “fissare attentamente le stelle (lat. sidera), come in Considerare, quasi si dica “fissare cupidamente lo sguardo ad una cosa che attrae”. Altri dando al prefisso il significato di allontanamento spiega DE-SIDERARE “togliere lo sguardo dalle stelle per difetto di auguri” quindi “mancare di cosa o persona bramata”

La tradizione tedesca dei 30 desideri per il nuovo anno

In alcune parti della Germania (non tutte!) è un rito che segna dicembre e la fine dell’anno. Come procedere? Su tanti bigliettini verranno scritti 30 desideri; possono essere inseriti in un contenitore o semplicemente tenuti insieme in una busta. L’importante è che ogni sera se ne estragga uno. Un biglietto al giorno, un desiderio ogni giorno: il biglietto estratto può essere letto, prima di essere bruciato su una fiamma. Sì, proprio così. Ogni giorno brucerai un tuo desiderio, e così via per ventinove giorno. L’ultimo giorno ti sarà rimasto il trentesimo biglietto, l’ultimo. Aprilo, leggilo. Questo sarà il desiderio su cui ti concentrerai per il resto dell’anno.

Non ho trovato testimonianze di questa tradizione, eppure mi sembra un rito che contiene una magia bellissima. Sai perché? Te ne accorgerai se deciderai di metterti a pensare ai tuoi trenta desideri da portare nel nuovo anno: non si tratta solo di esprimere un desiderio, è il prendersene cura a fare la differenza. L’impegno, che in fondo dona direzione al sogno e lo trasforma in intenzione, è un aspetto prezioso e così tralasciato. Esprimiamo maree di desideri, le nostre giornate sono popolate da milioni di sogni e speranze, eppure queste presenze si trasformano spesso nei fantasmi dell’assenza. Lanciamo all’universo desideri in continuazione poi li lasciamo lì o talvolta ci anneghiamo dentro, intanto le maree dei nostri “vorrei”, avanti e indietro, ci sommergono come onde troppo grandi da cavalcare.

30 desideri, uno da bruciare per ogni giorno: l’ultimo sarà quello di cui ci prenderemo cura per il resto dell’anno

Quando iniziare? Nella tradizione tedesca dei 30 desideri si usa il mese dicembre, il rito accompagnerà la fine il nuovo inizio dell’anno. Si potrebbe scegliere di iniziare il primo giorno del mese oppure una data simbolica speciale, come Santa Lucia. Una volta scritti tutti e trenta i desideri basterà riporre i foglietti in un posto e dal giorno seguente iniziare l’estrazione. Una cosa di cui ti renderai conto è come e quanto cambia la percezione quando subentra la consapevolezza che nel caso fosse estratto dovrai prenderti cura di quel desiderio per un anno intero dedicandogli il massimo delle nergie e dell’attenzione. In questa prospettiva certi desideri svaniscono subito, non durano che un attimo, nemmeno il tempo di essere scritti: la conferma che spesso tanti dei nostri desideri non sono affatto autentici, li crediamo reali, ci spendiamo energie che ci ttrascinano altrove e in realtà non ci riguardano poi così in profondità.

Come si fa a esprimere un desiderio?

I bambini sono bravi a esprimere desideri; dicono “voglio” e pretendono. All’inizio della vita era così, poi abbiamo imparato a essere educati, a usare il condizionale e fare i conti con la realtà. Forse capiterà anche a te di trovare questa difficoltà: non sempre risulta così facile e immediato trovare i desideri che ci colpiscono al cuore, per giunta così tanti. Non importa che siano piccoli o grandi, basta ricordare che potremmo averci a che fare per molti mesi e già questo sarà sufficiente per fare un esercizio di immaginazione e valutare se davvero ce la sentiamo di mettere questa intenzione nero su bianco.

Ecco, l’intenzione. A volte sembra difficile distinguere l’intenzione dal desiderio. Provando a costruire frasi con queste due parole forse il senso si precisa: io desidero… fare questo, vedere quello; io ho intenzione di... fare questo, vedere quello. Quando ci metto intenzione, il desiderio prende forza: accade perché aggiungo l’azione, che in fondo è il senso, mi sembra, di questo rito antico. Finché lasciamo i nostri desideri, le nostre speranze più belle immobili in un cassetto rimandiamo all’universo, al tempo e al caso che prima o poi si realizzino. Quando ci muoviamo verso i nostri sogni, o almeno ci proviamo, allora anche loro si muovono verso di noi e succede già solo per il fatto che ci fermiamo a guardarli e a chiedere a noi stessi quali sono i nostri sogni.

Quali sono i tuoi sogni più belli? Cos’è che aggiunge senso alla tua giornata? Come e dove, con chi e a fare cosa, ti vedi fra un anno, il prossimo autunno?

A ogni bambino e bambina, a quelli che siamo stati e a chi ci troviamo intorno, dovrebbe essere fatta la domanda: che cosa stai sognando per questo momento della tua vita? Che cosa ti rende felice fare? I sogni della vita crescono con noi, non sono immobili: si costruiscono a poco a poco. Ecco perché forse varrebbe la pena di tornare periodicamente su queste domande e magari tenere un taccuino: la pratica di un’ora di immaginazione, di un taccuino per immaginarci sarebbe un modo per dare direzione alla nostra vita e ricordarci di tenere lo sguardo verso l’orizzonte.




Se non fai il bravo, la brava… è un ricatto

E ricordati che “Se non fai il bravo, la brava… Babbo Natale non… ” è un ricatto.

〰️che cos’è RICATTO?

Non è mica facile ora che ci penso, spiegare che cosa significa ricatto.

Proviamo a vedere com’è fatta questa parola. Viene dal latino “re”, di nuovo, o indietro e “capere”, prendere. Prendere indietro, in effetti ed è un po’ così anche nella pratica: se non fai una certa cosa… io mi riprendo indietro (quello che ti ho dato o promesso, per esempio). 

Usiamo anche entità esterne per farlo, così è più facile. Un grande classico natalizio è Babbo Natale che da simpatico generoso gli tocca diventare spia e giudice: “se non fai il bravo, la brava .. Babbo Natale non ti porterà questo o quello”. Ce la giochiamo con un’altra persona per sollevarci almeno per un attimo dalla responsabilità dell’io, e che palle, almeno Natale avere un attimo di tranquillità senza i soliti urli e capricci. 

Ce la giochiamo con un fattore importante: il tempo. Barattiamo il presente con il futuro e si sa, la speranza sta tutta lì. Se nel presente…. allora poi… nel futuro… Se nel presente tu sarai in un certo modo… allora poi nel futuro accadrà questo o quello.

Dentro c’è anche la meccanica della superstizione. Tu pensi che sia un gioco per farci cascare i bambini ma ci hanno fatto cascare anche i grandi e per secoli, sai, per secoli. Se non sarai buono, buona, allora Quello lassù se ne accorgerà e ti punirà con qualcosa di brutto. Se non sarai brava, bravo, allora vedrai, cosa succederà.

Se “riscattare” prende indietro grazie a un prezzo, anche “ricattare” lo fa. Essì, non avevi mai notato quanto sono simili, c’è solo una S che trasforma uno nell’altro. Eppure quando diciamo “riscatto” dentro facciamo un sospiro di sollievo, questa parola ci porta l’immagine di gente liberata e salvata. Ma in mezzo c’è sempre un prezzo. Qual è il prezzo che sei disposto a pagare? 

Se farai la brava il bravo allora avrai… quel giocattolo, quella promozione, quell’amore. In questi giorni parliamo tutti dei NO da dire, forse anche da questi vecchi schemi da abbattere potremmo imparare qualcosa di utile per il futuro.

Sono libera libero di essere come mi sento, sono libera e libero di pestare i piedi, alzare la voce, dire no, piangere di tristezza e gridare di rabbia. Non ci sarà l’uomo nero, Babbo Natale poveretto continuerà a preparare i regali perché gli va e se la promozione salterà pazienza. Mi

 terrò l’amore di chi lo dà, senza condizioni.

Ecco, senza condizioni. Questa è la vera bontà. La bontà è gratuita. L’amore è un dono, non è un premio. Pinocchio non diventa bambino perché fa il bravo ma perché avendo vissuto e sofferto tanto impara a essere umano: umanità. Umanità, una bellissima doppia parola che indica sia la stirpe umana, sia tutte quelle attitudini che dobbiamo usare molti termini per dire: umanità come solidarietà, gentilezza, empatia, comprensione e indulgenza anche, l’indulgenza che viene dalla comprensione.

Quindi, no. Non devi fare il bravo, la brava, non preoccuparti. Ecco, diciamo che non devi fare, ti basta essere. Sii ciò che vuoi diventare. Sii quello che ti rende gentile, diventa quello che aggiunge bellezza, generosità e sorrisi alla tua vita. 

Senza prezzo, perché nessuno deve pensare di poterti comprare. 




Lezione di una giornata di autunno

Ecco, osserva la luce,
quanto appare più scintillante e forte nella stagione che la vede sparire lentamente. In realtà, non scompare mai

la luce. Il freddo entra nelle pieghe del tempo e trasforma l’acqua in ghiaccio. Cristalli di luce.

Luce. La pupilla è un buco nero, la vedi così. Ma non è nera, è solo un tunnel buio che permette alla luce di passare e attraversare, colpire e mostrare.

 Lezioni di una giornata di tardo autunno 

 Le chiocciole hanno il potere di rigerare la loro piccola casa e anche se schiacciate possono ricostruirsi grazie alla calcite, prodotta dal suo corpo, che ripara le ferite e le spaccature del guscio. Possono vivere anche trent’anni le chiocciole

 Il muschio: nei giardini zen è la filosofia Wabi Sabi. A Wabi (侘) appartiene la bellezza essenziale e piena di serenità che viene da ciò che è semplice e naturale, mentre Sabi(寂) identifica la bellezza che ha a che fare con il tempo e l’esperienza. L’usura del tempo ci parla di quanto serve alla vita per diventare esperienza

il vento. Il vento oggi è ovunque e spazza via le nuvole, porta il rosa del tramonto e fa correre veloci anche gli ultimi stracci bianchi fra le stelle. Nevicherà?

Il vento di Mario Lodi

Ascolto il vento.
Mi sussurra: sono forte come un masso
che rotola dalla montagna.
Mi sussurra: ti spingo indietro
come un palloncino
alto e libero nel cielo.
Mi sussurra: volo alto
e potente
come un’aquila in cielo.




Feste delle luci

11 novembre, in Europa è San Martino. I bambini dei Paesi del Nord costruiscono le lanterne di san Martino, fatte con barattoli, spago e decorazioni di foglie e fiori.

12 novembre, oggi in India si festeggia Diwali: re Rama dopo quattordici anni fa ritorno nella sua città, Ayodhya, insieme alla moglie Sita, rapita da un demone. Sita e Rama camminando escono dalla foresta e vedono il cerchio di luce acceso dal popolo che li stava aspettando, così riescono ad arrivare a casa, sani e salvi, guidati dalle lampade accese fuori dalle case, le stesse che ancora oggi illumineranno la notte per i prossimi cinque giorni.

La luce ci guida, questo in fondo ci ricordano le feste della luce in tutto il mondo: proprio quando il buio avanza è il momento di cercare la luce, proprio quando il caos ci sovrasta è il momento di pensare a cosa ci dà bellezza, proprio quando l’inquietudine ci confonde è il momento di pensare a cosa ci chiarisce e schiarisce l’anima.




A fotterci è sempre l’aspettativa

A fotterci è da sempre l’aspettativa. Aspettativa si coniuga in millemila righe scritte diverse che se guardi bene hanno qualcosa di uguale che torna.

Aspettatica è quella che avevano da piccoli su di noi e lo sguardo di attesa che tu ti trovi ad avere sul lavoro, i compagni di vita, i figli. Aspettativa è la vita che immagini quando dici sì davanti all’altare e che poi fatta così, esattamente come l’avevi pensata, rimarrà solo nelle fotografie incorniciate di quel giorno fuori dalla realtà. Aspettativa è l’attesa dei primi passi e delle scoperte dei figli che oggi fra corsi di inglese, sport e musica sono stressati ancora prima di sapere cos’è lo stress e diciamo tutti che ognuno ha i suoi doni e i suoi talenti, ma nel frattempo in questa nostra società delle opportunità da cogliere per forza non aspettiamo altro che di vedere quale sia, questo talento. E sarà lo stesso processo che avrà fatto soffrire noi -il processo dell’attesa e la stasi che ha dentro – qualcuno che aspetta dei risultati e sta lì a osservare con la faccia che dice “adesso dimostrami che sai fare”. La facciamo mille volte quella faccia lì, adesso dimostrami che sai fare. Lo diciamo agli altri e a noi stessi.

E ci impegniamo, oh quanto ci impegniamo. È da tutta la vita che ci impegniamo. Del resto ci hanno insegnato così: bisogna impegnarsi, nulla accade senza impegno. E allora diventiamo guerrieri se ci capita un cancro; ci definiamo imprenditori e imprenditrici di noi stessi per darci coraggio e inventarci un lavoro in questo mondo dove farsi spazio un po’ sgomitando e un po’ supplicando. Mangiamo cose che crediamo migliori e cerchiamo le opportunità migliori in attesa che sbocci il talento nostro e dei figli. L’aspettativa è quel pensiero che ti fa piegare e stirare il presente fino a quando non prende la piega del futuro che immagini tu.

Ecco perché ci fotte. Perché l’aspettativa distorce la realtà. In lingua spagnola c’è una sovrapposizione che in italiano non esiste; riguarda il verbo “esperar”. Esperar significa sia “attendere”, sia “sperare”. Io la trovo un’incredibile trovata linguistica. In effetti quando attendi speri che quello che attendi sia in arrivo e del resto sperare significa essere in attesa di qualcosa che vorresti si realizzasse.

No. I vecchi molto vecchi – e con vecchi dico una parola bellissima, vecchio come un albero antico e non anziano – insieme ai bambini abbastanza piccoli da non avere ancora il calendario scolastico in testa sanno una verità semplice e meravigliosa. Il potere dell’ADESSO. Solo nell’ adesso abbiamo e troviamo il nostro potere. La vita è adesso. Lo stupore accade solo adesso. Vieni, ti dicono i bambini, vieni adesso! Anche la vita e la morte sono adesso, non prima e non dopo. Il momento è sempre nel qui e ora. Non si può certo dire alla vita, né alla morte, “mi dispiace ripassa più tardi”. Il tempo dell’universo è in un istante, e in ogni singolo momento che viviamo può accadere davvero di tutto: questa è la vera magia della vita.

È così che si sgretola l’aspettativa. Come un vecchio edificio crolla su se stessa quando ci accorgiamo che lei va sempre al momento dopo, il giorno dopo, l’anno dopo. Ma noi siamo vivi adesso, i bambini lo sanno e i vecchi molto vecchi sanno che già arrivare a stasera è un miracolo. In fondo tutta l’arte della meditazione si appoggia su questo, l’adesso. Basta osservare un vecchio e un bambino per ricordarlo; peccato che se ne incontrino sempre meno per caso, viviamo in posti dove ogni famiglia si vive i suoi anziani e i suoi bambini, senza realizzare che per millenni siamo cresciuti frequentando gente di età diversa perché abbiamo bisogno di imparare da tutto e da tutti, soprattutto da ciò che è diverso e questo è un ottimo motivo per cui vecchi e bambini insieme stanno benissimo.

E allora, se smettiamo di vivere la vita con aspettativa forse accadrà di iniziare a vivere con gratitudine. Perché a dire grazie forse non si impara, semplicemente si sente: accade quando iniziamo a vivere con lo stupore della meraviglia.

Tutto può diventare infinito stupore quando niente è scontato. È così: niente è scontato, questa è la lezione dell’esistenza, ogni giorno. Solo che fra bollette, corsi e orari incastrati ce lo perdiamo; i sopravvissuti se lo ricordano bene, invece. E allora facciamoci caso, che sopravvissuti in fondo lo siamo tutti, costantemente.

Siamo qui, siamo adesso: “siamo avventurieri!” mi ricorda ogni tanto un certo viaggiatore intergalattico. E se vivi davvero l’avventura allora non sai che lavoro farai o che casa abiterai, non sai se avrai voglia di imparare a cucinare o a giocare a scacchi, non sai quando ti verrà voglia di imparare a disegnare o piantare un albero. Non sai quali saranno i tuoi sogni di domani: sai quali semi stai piantando adesso, quali sogni stai guardando ora, sai su quale strada stai camminando in questo momento, sai quale orizzonte osservi, sai che cosa ti incanta ora, sai che cosa ti chiama in questo istante della vita. Ed è tutta l’incredibile bellezza racchiusa dentro questi momenti imperfetti e apparentemente casuali quello a cui dobbiamo imparare a fare attenzione. Ed esserne grati.




A essere gentili si impara

〰️mami, sono un po’ triste. Perché abbiamo litigato

Sì, anche io mi sento triste quando litighiamo. Sai? Le cose non sempre vanno come vorremmo.

È come la tua macchinina quando si è spaccata. Oppure quando sei pronto per partire e si buca una gomma, è come quando volevi intensamente qualcosa e la volevi proprio in quel modo ma poi non succede; è come i biscotti rotti nel sacchetto, quando fai tardi a un appuntamento a cui tenevi, quando si strappa la manica di un vestito bello o metti il piede sopra a una cosa di cui ti importa.

Si chiama imperfezione. Vuol dire che è tutto il contrario della cosa ben fatta che avevi pensato. Ma è la vita, la vita è proprio questo: scoprire che le cose non sono perfette, non vanno in modo perfetto e che noi possiamo viverle lo stesso. Fa arrabbiare moltissimo a volte, proprio moltissimo e non solo i piccoli, anche i grandi. Si chiama frustrazione, è quella rabbia forte che ti viene quando due pezzi del puzzle non combaciano e tu vuoi farceli stare per forza. Ma se non combaciano non c’è verso: bisogna accettarlo e questa è la cosa più dura della vita, ci si mette anni a imparare, forse tutta la vita.

Dal nostro litigio cosa abbiamo imparato oggi? 

〰️Gentilezza è no urlare e no lanciare cose in giro altrimenti poi siamo tristi delle cose che si rompono. Gentilezza è fare carezze… alle cose, alle persone… e anche agli animali

Abbiamo litigato e grazie al nostro litigio abbiamo capito qualcosa: desso ce lo scriviamo così ogni volta che lo vediamo ci ricordiamo di essere più gentili.

〰️ Però sono ancora triste.

Perché? Abbiamo fatto pace.

〰️Ma abbiamo litigato.

… Allora… Pensiamo a tutte le cose belle di oggi… Il sole, i biscotti con la cocacola, Kuki che ci viene a salutare, i cartoni animati, il bagno con l’acqua fino a qui, le barche che galleggiano e i sali profumati di vaniglia, il sole, giocare a essere su una nave e fare gli esploratori, la pioggia di pennarelli anche se poi è noioso raccoglierli tutti

〰️mi dispiace di aver lanciato i pennarelli. Mi dispiace molto. Non lo farò mai e poi mai più

Soprattutto quando succede cinque volte di seguito

〰️Mai più.

E adesso andiamo a cercare altre cose belle…..




I sopravvissuti guardano l’assenza

〰️Loro sono i morti?

no, sono quelli che rimangono.

〰️Che cosa guardano?

Osserva. Dove cade il loro sguardo?
Al centro, nel vuoto.
I sopravvissuti guardano l’assenza.

Chi resta continua a guardare là,
dove stava chi non è più.

Eppure guarda: dall’altra parte anche loro, i morti, continuano a guardare in direzione degli altri. I loro sguardi continueranno a trovarsi e incontrarsi al di là della linea che li divide.

Sai perché? Per amore.
Per amore si attraversano mondi. Per amore si attraversa il tempo, per amore si ricorda e sul ricordo si costruiscono vite intere; si odia, persino. Si combatte e si muore, di nuovo. Per amore si resta, anche se questo dovesse voler dire morire di nuovo.

〰️Perché le facce non si vedono?

Perché i visi se li porta via la morte. Il tempo si porta via le voci e i dettagli. Non sappiamo più sono stati. Non possiamo ricordare ma nemmeno dimenticare. I loro capelli, il modo di parlare, lo sguardo, il sorriso: ognuno è un mondo e lo abbiamo perso.

Eppure loro sono ancora qui, sai? Chi se ne va lascia dietro una scia di piccole impronte: sono scritte nei baci che ci siamo dati, nelle parole dette e nelle idee, negli abbracci, nelle azioni, nelle aspirazioni.

Sono sulla nostra pelle, nelle cellule, nei pensieri.

A cucire la Storia è un invisibile microscopico filo arrotolato che abbiamo chiamato Dna e non contiene solo il colore dei nostri occhi, ma anche i sogni, gli amori, le storie e le guerre che hanno fatto vivere e morire chi adesso non c’è più.

C’è un filo infinito che si srotola dall’inizio del mondo a oggi e cuce insieme la fine all’inizio.
Non conoscerai in faccia tante persone che non ci sono più, eppure sono presenti. Sono dentro il tuo cuore e loro lo sanno come lo sai tu: l’ amore sa viaggiare nel tempo.

Il cuore batte anche per gli assenti. Continua a vivere anche per chi non ce la fa.

Sei l’ultimo anello di una catena infinita.
Un giorno sarai grande e ci sarà una nuova generazione dopo di te.

Ogni nuova generazione continua la precedente. Perché le nuove generazioni, le persone che vengono dopo di noi, sono alberi nati dai semi che osiamo lasciar cullare al Tempo.