A Berdjans’k c’è un porto. Un tempo aveva un altro nome la città, a dire il vero ha cambiato nome tre volte da quando è stata fondata, alla fine dell’Ottocento, ormai due secoli fa. Fra poco ci sarà un anniversario importante: 1827, la fondazione – 2027. C’è il museo di scienze naturali e anche le terme, perché qui ci sono i fanghi e un tempo alla stazione climatica si veniva per i trattamenti di bellezza.
Il porto si affaccia sul mar d’Azov, che fa parte del mar Nero ed è il mare meno profondo al mondo, perché raggiunge la profondità massima di 13 metri. Qui c’è il limo, come sul Nilo, lagune piene di sale e una distesa di piccole isole. Si estrae gas naturale e petrolio. È dallo stretto di Kerc sul mar d’Azov che gli Unni attraverso queste terre arrivarono nella loro marcia inarrestabile, tanti secoli fa.
Abitavano circa diecimila persone a #Berdjans nel 1860: dopo quarant’anni erano diventate più del doppio, grazie al porto e agli intensi commerci. La vita delle città che sono porto è uno scambio continuo. Persone, cose, sapori vivono la fluida vita dell’acqua, capace di mescolare confini e storie.
Nel 1860 c’era la scuola di Talmud e altre tre scuole, della popolosa comunità ebraica, poi quasi scomparsa nei pogrom e nella guerra. Nel 1926 il 60per cento della popolazione era russo, il 20 ucraino. Ma non importava molto. In tempo di pace non importa che lingua parli. Bisogna immaginare amori, matrimoni, dolci e zuppe con ricette che si mescolano fra loro come solo sanno fare le mani in cucina e i cuori nelle case.
A #Berdjans d’estate si va in spiaggia. In certi pomeriggi afosi basta prendere un bus per fuggire dal centro e trovare un pezzo di mare che più azzurro non si può. C’è anche lo zoo ma io non ci sono mai andata perché mi fa tristezza vedere qualcuno in gabbia. E poi il picnic al parco di domenica, i resort dove fare i bagni di fango, il museo d’arte e il grande parco acquatico.
Non so se l’hai vista, c”è la statua di un pesce al parco: è un grande pesce di metallo con una coda a ventaglio, assomiglia un po’ a uno di quei pesci rossi degli acquari ma questo è decisamente più grande e dalle forme fantastiche. È per ricordare la grande abbondanza di pesce di cui è ricco il mar d’Azov, grazie a cui ci si sfamò nelle guerre e nei periodi di carestia. Se guardi bene mentre cammini farai un altro curioso incontro, perché da un tombino vedrai uscire un operaio: sbuca da sottoterra, con la sua chiave inglese e lo sguardo eternamente sbigottito. È un operaio ma tutto di metallo, come di metallo è anche il tombino; chi l’ha costruito ha fatto in modo avesse anche una piccola fessura fra le labbra e i turisti si divertono a mettergli una sigaretta. Un operaio che lavora con la sua sigaretta accesa fra le labbra per pensare.
Oggi il meteo di Berdjans’k dice che è nuvoloso, forse verso le tre uscirà il sole. Ma tu non ci sarai già più, forse. Alle nove di stamattina apre il corridoio umanitario che hanno concesso, un cessate il fuoco momentaneo. Mentre in Italia c’è il rumore forte della pioggia stamattina, io mi immagino te, che guardi dalla finestra che stai per lasciare. Che cosa ci si porta via dalla guerra? Guarderai ancora quel corridoio e quante volte ti girerai a vedere la porta di casa e il tavolo della cucina dove prendevi il caffè prima di andare al lavoro? La spazzola sotto lo specchio del bagno e ricordati quella vecchia foto nella cornice, quella non la puoi lasciare. I libri pazienza, sono troppi e troppo pesanti, non sapresti che scegliere. I documenti, tutti presi. La valigia, quella più comoda e leggera: è ancora lì aperta, o l’hai già davanti alla porta? Chissà perché lasciamo sempre qualcosa che non riusciamo a finire, nel frigo o in un angolo di quel mobiletto: tutte le cose rimandate che ora non faremo più
è ora di andare, vai. Buon viaggio. Col cuore che scoppia. E se saremo fortunati, oggi pomeriggio prenderemo un caffè sotto la pioggia, bagnati fradici e vivi mentre esce un raggio di sole a Berdjans’k