Oggi ero distratta e tu mi hai lanciato la tua palla di stoffa. L’hai lanciata di botto, tu che solo fino a un attimo fa non lo sapevi fare. Invece ha fatto un bel volo ed è finita fino a me. E poi l’hai lanciata e rilanciata, dal tavolo al divano e viceversa. Il piccolo spazio del salotto è diventato grande, che in fondo non serve uno spazio così immenso per giocare. Con i piccoli viaggiatori intergalattici la scommessa più grande è trovare il posto dentro: la disponibilità.
Una volta trovato il libero spazio della disponibilità allora può accadere l’infinito nella stanza. E così succede che ci guardiamo, ci guardiamo davvero; occhi negli occhi, così vicini e veri. E ridiamo e abbiamo tempo uno per l’altro. E noi dovremmo commuoverci osservando quanti e quali tentativi di coinvolgerci mettono in atto, loro che ci prendono per mano e vogliono portarci con gentilezza alla (ri)scoperta del mondo. E di come noi, se non stiamo bene all’erta, rischiamo di diventare una continuua delusione. Andiamo di fretta, non c’è mai tempo: è sempre l’ora di dormire o l’ora di mangiare o quella di pulire, sempre l’ora di altro e mai di questo. Mai che sia l’ora di adesso, di stare insieme e giocare.
Ma tu ricordati
L’ora giusta dell’adesso
L’ora di sederci
Insieme
L’ora di stare qui
L’ora del non fare e
giocare
L’ora della magia
Da immaginare
E allora guardarsi di sottecchi e farsi buu e abbracciarsi stretti. Farsi il solletico sulla pancia, gonfiare palloncini da lasciar sgonfiare con il rumore sulla pelle. Passarsi mattoncini a vicenda, costruire torri gru case camion. Avere tempo, uno per l’altro, che il tempo è quella cosa da afferrare per la manica e stringere forte quando c’è.

prendo appunti sul Tempo da tutta la vita. Perché viaggiamo attraverso lo spazio, eppure non siamo altro che viaggiatori del tempo, persi nella geografia del nostro divenire