Ho scoperto una parola bellissima: “enoughness”. Che cosa significa “enoughness”? L’etimologia suggerisce che la parola deriva dall’aggettivo inglese enough, abbastanza, e il suffisso ness. Secondo la definizione dell’Oxford English Dictionary il primo utilizzo della parola enoughness si riscontra nell’anno 1871. A utilizzare il termine “enouhness” è il poeta e filologo William Barnes, in una lettera.
Che cosa significa “enoughness”? L’attitudine del sentirsi abbastanza, ecco che cosa imparare da questo atteggiamento verso se stessi e verso il mondo, un modo diverso di considerare se stessi e il mondo
L’uso di “enoughness”
Negli ultimi anni è stata utilizzata in diversi contesti: dal 2014 ad oggi “enoughness” appare fra le parole di diversi relatori, da conferenze a paper in ambito scientifico. La definizione di “enoughness” del dizionario inglese Collins ci avverte che attualmente il termine è in fase di osservazione: il suo utilizzo è monitorato in cerca di evidenze nell’uso.
enoughness
New Word Suggestion
The state or condition of being or having enough
Eppure, “enoughness” è l’attitudine di cui avremmo davvero bisogno. Il sostantivo da trasformare in una filosofia esistenziale. Allora, forse, dovremmo chiederci che cos’è “enoughness” anziché semplicemente che cosa voglia dire.
Enoughness è sentirci abbastanza e quindi anche avere abbastanza, essere abbastanza. Percepire se stessi e il mondo, la propria vita come “abbastanza”
L’attitudine del Novecento è stata quella della corsa. Il tempo meccanico della velocità, il bisturi tecnologico che ci ha spronato ad andare in cerca delle tessere minime di realtà dalla biologia del microscopico fino alle macro tessere lunari. Il Novecento è stato bisturi anche dell’anima e scavando, scavando, scavando nell’inconscio abbiamo dolorosamente scoperto di non arrivare mai a una fine. Mai abbastanza da aver compreso, avuto, ricevuto, ricercato, ottenuto.
Mai abbastanza da aver compreso, avuto, ricevuto, ricercato, ottenuto: è tempo di cambiare ora. Il nuovo secolo ci ha insegnato pandemia, crisi, guerra ma anche le potenzialitò di nuove consapevolezze
Abbiamo cercato di più, sempre di più, per anni, annate intere. Lo abbiamo fatto per bisogno prima e poi per convinzione. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento è stata la fame del non avere abbastanza a spingere milioni di persone da un capo all’altro del mondo, su navi che attraversavano l’oceano dalla vecchia Europa a Nuovi Mondi dove conquistare quell’agognato abbastanza, con fatica e sudore, lacrime e magone. L’abbastanza è diventato abbastanza, a volte: ci sono voluti anni, rinunce, il senso altissimo di un sacrificio che oggi si dice non si conosca più.
Il non-abbastanza è diventato strutturale. L’abbastanza è diventato un concetto sempre più difficile e alto, così in alto che anche a scalare il progresso e il ceto sociale, gradino per gradino, con abnegazione e lauree multiple, non è stato abbastanza. Così, sgonfiata la bolla dei tempi che sembravano d’oro, durata un trentennio circa, il non-abbastanza è tornato a essere endemico. E famelico. La promessa degli anni Sessanta e lo sfarzo degli Ottanta sono crollati su se stessi sgonfiati come un dolce riuscito male.
Manca di nuovo tutto. Lavoro, affitto, soldi in banca, tempo. Tempo. Il tempo ce lo mangiamo nell’ansia di ciò che ci serve e allora non basta mai: niente sembra bastare mai. L’attitudine dell’enoughness, la filosofia dell’abbastanza, allora diventa allerta, un modo per rovesciare il punto di vista. Un’educazione all’abbastanza, una pratica costante dell’abbastanza. Sarà un’educazione difficile perché ormai viviamo nell’ansia perenne della corsa: abbiamo paura di non guadagnare abbastanza, che i nostri figli non apprendano abbastanza in fretta, che non avremo abbastanza ferie né pensione, che non vedremo e non faremo mai abbastanza. Abbiamo paura che non saremo mai abbastanza. Invece, forse la rivoluzione è proprio questa: pensare che sì, siamo già ora abbastanza.
“Let’s create a world of enoughness” Cristina Mittermeier, fotografa, co-fondatrice e presidente dell’associazione SeaLegacy per la difesa degli oceani
Il concetto di “enoughness” entra in gioco nella relazione con noi stessi e nei rapporti con il mondo fuori: “enoughness” come avere e possedere a sufficiente ci avvicina a un’etica differente nei confronti dell’ambiente. La capacità di percepire le nostre scelte con il parametro “a sufficienza” ci incoraggia a pensare alla conseguenza delle nostre azioni sul pianeta, allinearci con i cicli naturali, con il tempo e il cambiamento, ci stimola ad apprezzare ciò che abbiamo.
Per approfondimenti sul concetto di “enoughness”
Enoughness: Exploring the potentialities of having and being enough (fonte: ephemera, theory & politics in organization)
Sul concetto di low growth per l’albergo empatico (fonte: Confcommercio), pp. 14-15
There’s a middle ground between burning yourself out and quiet quitting: ‘enoughness’ (Fonte: Business Insider)
What We Gain From a Good-Enough Life (fonte: The Atlantic)
Author Ann Patchett on friendship, time and the idea of ‘enoughness’ (fonte: MPRnews)