26 maggio
26 maggio 1927: una lettera trovata in un vecchio cassetto, la pagina di un giorno scampato al calendario. Cento anni fa, oggi
Il tempo è bello e la campagna bellissima. È il 26 maggio 1927, un giovedì. Adesso immagina una cucina di montagna e tutta una famiglia ferma a scrivere, il padre seduto al tavolo di legno e tutti intorno, dopo una giornata di lavoro al negozio: io me la immagino così. Sera, dopo il lavoro, ma una di quelle sere di maggio in cui il sole rimane appeso così a lungo lassù che la giornata per un lungo attimo sembra non finire mai e intanto là fuori le rondini schiamazzano forte come sanno fare a metà primavera.
È il 1927. Mia nonna ha un anno compiuto da due mesi. La campagna bellissima è quella di Boccassuolo, è quella dell’Appennino con i suoi borghi e i suoi prati. Chissà com’erano. Qualcuno avrà pensato di fotografare i boschi, le strade e le case? Già era molto scattare una fotografia a una persona – e a volte si faceva solo da morta perché prima non c’era stato il tempo, né l’occasione – ai luoghi decisamente non si pensava, che sembravano immobili i paesaggi, la cosa più eterna e statica del mondo invece basteranno una trentina d’anni, non molto in fondo, per cambiare completamente anche quello che sembrava impossibile da cambiare. La terra. I campi. I boschi. Le case di pietra. Le persone. Le cucine e i bagni. I confini. Il mondo intero.
Si scriveva con l’inchiostro incerto e si utilizzava ogni foglio e infatti il terzo foglio che vedi – e che per comodità ho messo lì – in quella posizione non era affatto, ma per secondo. Sfogliare le lettere di un tempo diventa un gioco di incastri: un collage di storie e pensieri di persone diverse unite dalla carta, da un foglio sottile che ancora ci si chiede come sia sopravvissuto al tempo.
Adesso immagina di avere poco più di vent’anni, forse ventitrè o ventidue. C’è Roma, la capitale; c’è il papa e il duce, e, a proposito, chissà chi a quell’epoca aveva già idee precise. C’è la primavera. Tu lavori e sei felice, ieri come oggi, oggi come ieri. Si dice “andare a servizio” e chi parte ha tutte le età, anche quattordici anni o meno. A casa di grandi signori si serve la tavola, si cucina, stira e rammenda; si impara ad apparecchiare in modo corretto, con eleganza. Il piatto al centro, la forchetta alla sua sinistra e il coltello a destra del piatto, con la lama verso in dentro, sì proprio così. Le belle maniere le imparerai lavorando e ti resteranno tutta la vita. Sei solo una ragazza sciocca che non sa ancora niente delle cose e crede di saperne di politica, come te ce ne sono tante, mille. Chissà fra venti anni o quarant’anni cosa ne penserai di quei momenti, di quel tempo del mondo. Intanto torna a casa. Torna a casa tua. E se non vogliono darti la tua libertà riprenditela tu: a dirtelo è la tua famiglia, oggi come cento anni fa.
Le testimonianze di questi scritti sono poi rivelatori del periodo, delle difficoltà, del cambiamento. Parliamo di tantissimi anni fa, di quando la scrittura era pendente, andava verso destra. Quindi oltre alla colata d’inchiostro della prima, non sempre pulita, con qualche ingorgo, vedilo come se la scrittura fosse un vaso sanguigno, dunque, in parte ostruito, segnale di difficoltà nella fluidità… La seconda scrittura è poi rovesciata, esatto l’opposto della pendente, non procede, torna indietro, per il periodo dunque in controtendenza, dunque significativa di un problema, di un qualcosa che ostacola l’esistenza in quel preciso momento in cui è stata scritta la lettera…
Barbara Majnoni, giornalista e grafologa
Intanto un bambino fuori dalla porta di casa,
gattona in un’aiuola.
Dietro al muro
i cespugli delle rose, sono più di cent’anni che si arrampicanol’ultimo raggio di sole della sera,
l’erba. L’imbrunire.Il bambino si ferma all’improvviso
spalanca gli occhi
e no, non piange ma
si piega e cerca nella terra,
lo mostra: è
un rametto secco,
ecco le spine
le guarda bene, le indica:
è quello che volevo dirti anch’iole rose
tutto intorno a te. Le rose e le spine.26 maggio ’21,
un maggio di qualche anno fa o forse più di cento