Il senso nascosto del divertimento

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“Se voglio divertirmi leggo”, è questa riflessione a inaugurare il Maggio dei libri 2019. Divertimento, una parola da masticare di nuovo, lentamente: che sapore ha nella nostra vita? Il filosofo greco Platone, vissuto intorno al 300 a.C., riguardo all’educazione e all’infanzia spiegava che la prima educazione dovrebbe essere proprio questo, una sorta di divertimento: un atteggiamento capace di mettersi in contatto con l’inclinazione naturale del bambino e trovare connessione, terreno fertile di idee e passioni che sbocciano da sé, apertura verso il mondo, naturale miccia di curiosità.

Io penso che il divertimento sia una cosa seria
Italo Calvino

Oggi le ricerche di discipline diverse trovano un punto di incontro nella direzione tracciata su questa strada antica. Sì, perché se abbiamo la possibilità di esplorare in libertà e lasciarci andare alla meraviglia, impariamo senza sforzo. Mentre ci divertiamo liberiamo noi stessi dal fastidio del dover fare e dalla pesantezza del dover essere: siamo quello che siamo, pienamente immersi nell’attimo del qui e ora, così com’è. Semplicemente.

Dalla naturale curiosità dell’essere umano, in forma di bambino, si dipana il filo di una conoscenza che ci porta lontano e tesse il nostro essere nel mondo. Diventiamo adulti e al tempo stesso restiamo piccoli, perché è la passione insaziabile di chi non si accontenta, è la fame della domanda inquieta e curiosa che si agita in noi, ciò che ci salva e fa uscire dagli edifici che ci costruiamo intorno, anno dopo anno, andando avanti nella vita. Edifici fatti di simboli e idee, di questo si tratta. L’esperienza che facciamo del mondo, vissuta sulla pelle, è la parete su cui arrampicarsi e guardare fuori; la dipingiamo con sfumature diverse e parole che ognuno sceglie in base al proprio vissuto. È ciò che ci permette di crescere e diventare ciò che siamo, eppure con gli anni questo si trasforma, sempre più solido e altrettanto rigido, nel muro delle nostre convinzioni.

Le finestre cognitive sono tutto ciò che possiamo accettare di far passare nella nostra mente, o che respingiamo per la nostra incapacità di guardare ciò che appare impossibile.

Attenzione, non impossibile in generale, bensì per noi. L’impossibile è il non-possibile in base alla nostra esperienza, ciò che irrimedialmente cozza contro le nostre convinzioni sul mondo e sulla vita. Ecco perché la saggezza di ogni popolo da secoli ci ricorda che il senso che diamo all’esistenza è ciò che dà forma al mondo: al nostro mondo, il nostro personale universo, quello in cui ci muoviamo e affrontiamo ogni giorno per il tempo che ci è dato vivere su questo traballante pianeta terra.
Il mondo narrato è il mondo vissuto, queste due realtà si intrecciano inestricabilmente come il filo di un ordito misterioso che nasce e si sviluppa da piani diversi, fatti di un’unica materia.

Noi siamo le storie che ci raccontiamo. E il modo in cui raccontiamo la nostra storia, nel bene o nel male, ci salva o affoga. Ci lascia uno spiraglio di luce o ruba energia, aggiunge speranza o la nega. Il nostro modo di dare senso alle cose e alla vita crea la realtà che viviamo, ogni giorno.

Anno dopo anno, il rischio è proprio questo. Sopravviviamo a noi stessi, agli eventi e alle piccole o grandi tragedie della vita: sopravvissuti lo siamo già, ognuno alla propria complessa esistenza, in questo esatto momento. Ma più passa il tempo, più il frutto della nostra esperienza diventa un nocciolo duro, essenza poco incline al cambiamento. All’elasticità del bambino si oppone la rigidità dell’adulto: due condizioni, quella del bambino e dell’adulto, che in fondo esulano dallo stato anagrafico per condensarsi in uno stato dell’essere.

La finestra tende a chiudersi, è inevitabile? NO. Forse la lotta più difficile è quella verso se stessi, per lasciarsi liberi dalle convinzioni che pensiamo di aver trovato, dai valori dati come massime inalterabili. L’esperienza che per me può aver funzionato per te magari non vale. Magari non vale neanche per me, in altri tempi e contesti.

Fare l’impossibile è una specie di divertimento
Walt Disney

Il divertimento ci insegna che un altro modo è possibile. Accade quando penso all’impensabile; quando mi lascio andare e mi immergo nell’autenticità, pura e cruda, della scoperta. “Scoprire” è sempre atto di meraviglia perché significa sospensione di giudizio e manifestazione della catarsi, trasformazione: “epìphaneia”, rivelazione, che negli antichi templi greci era fugace apparizione di un dio calato dall’alto, simbolo di un mistero che accade all’improvviso, che fugge dal noto per camminare brancolando nel buio.
Il nuovo prende forma nel buio dell’ignoto.

Da dove viene la parola divertimento? L’etimologia di questa parola, così come il verbo “divertire” e “divertirsi”, rimandano al termine latino divertere, ovvero “deviare, andare in un’altra direzione, volgere altrove”. Mentre mi diverto, io vado via; anzi, è il mio “io”, quello che di solito riconosco come “io” a sparire. Nella mia mente si apre lo spazio per un viaggio nell’altrove. Altrove: un posto speciale, il posto magico in cui io posso fuggire e andare lontano, anche solo per un attimo. (S)fuggire dalle costruzioni e dalle costrizioni, da tutto ciò che mi accerchia e mi assedia, dalla guerra mia e del mondo: qui trovo pace, ho spazio per respirare.

Quando leggo mi diverto
Quando mi diverto… vado altrove

Attraverso il gioco apro la porta che rende possibile l’impossibile. Entro in una stanza dove le pareti hanno un orizzonte infinito e inizio a sognare.
Lo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi lo ha chiamato stato di flow. Si tratta dell’esperienza di flusso: è lo stato di coscienza che possiamo sperimentare quando siamo immersi in un’attività che ci prende completamente. Accade nello sport, come documentato da Csikszentmihalyi, che anni fa inizia questa indagine esaminando le performance di grandi atleti passati alla storia; le sensazioni sono simili alle parole usate dagli artisti che descrivono l’esperienza mentre sono immersi nella creazione di un’opera.

Il flow, flusso, accade mentre stiamo creando, sì; accade mentre nuotiamo, facciamo l’amore, sogniamo o ci lasciamo andare all’immaginazione. Accade mentre leggiamo o viaggiamo con il pensiero, fra i ricordi del passato o immaginando il futuro: secondo le neuroscienze quando immaginiamo di fare qualcosa nel nostro cervello si accendono gli stessi collegamenti neuronali di quando realmente facciamo quell’azione. Incredibile, vero?

Mentre leggo mi diverto. Mentre mi diverto immagino. Mentre immagino faccio un atto rivoluzionario, perché apro lo spazio per qualcosa di nuovo. Devio dalla strada dell’abitudine, scopro un percorso nuovo, scappo dalla rigidità e vado in un’altra direzione.
Mi rivolgo verso l’altrove e quando mi trovo là, in quello spazio dove “io” scompare, allora tutto accade. Mi immergo in un fiume in cui passato, presente e futuro si fondono, scavando nell’ossatura del mio cervello con le onde in piena di una trasformazione che tutto travolge, rigenera e fa risplendere di pura vita.

Ancora non si è capito che soltanto nel divertimento, nella passione e nel ridere si ottiene una vera crescita culturale
Dario Fo

Insieme al tema principale, l’edizione di quest’anno del Maggio dei libri seguirà 4 filoni tematici, con relative bibliografie, che ci portano verso percorsi differenti e ci immergono nella storia:

“Desiderio e genio. A cinquecento anni dalla morte di Leonardo Da Vinci”
“Dove sei giovane Holden? A cento anni dalla nascita di J.D. Salinger”
“Se questo è un uomo. A cento anni dalla nascita di Primo Levi”
“Guarda che luna! A cinquanta anni dall’allunaggio”

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Terapia per l’anima, cultura che cura

Terapia per l’anima? Sì, la cultura è un aiuto alla cura

Grazie a un accordo fra il Museo di Belle Arti di Montreal e l’Associazione medici, i malati della città canadese potranno beneficiare di ingressi gratuiti per accedere negli edifici museali.

Luoghi dell’arte, terapia, per lo spirito e non solo. Gli effetti benefici della cultura si fanno sentire anche a livello fisico, spiegano le ricerche, che negli ultimi anni si interrogano sempre di più sul risvolto di pratiche simboliche, dalla meditazione all’arte, nel trattamento del dolore e della malattia.

Il progetto, che nasce in partnership fra il Montreal Museum of Fine Arts e l’associazione Médecins Francophones du Canada, per il momento avrà la durata di un anno. Al riguardo Nathalie Bondil, direttore generale del Museo delle Belle Arti di Montreal, ha spiegato che i pazienti, insieme alle loro famiglie, avranno la possibilità di sperimentare esperienze e percezioni in un luogo bellissimo e stimolante, allontanandosi per un attimo dal contesto della malattia.

Pensiamo agli spazi adibiti alla cultura: insieme alla visione potente delle opere d’arte e delle instammazioni ciò che un museo ci dà occasione di sperimentare è una passeggiata nella bellezza, in un’architettura mai banale, immersi nel silenzio, circondati da colori e forme, design e storia. Un mondo un po’ al di là della realtà, o almeno ad essa parallelo, dove ritrovare il contatto con noi stessi e fuggire, almeno per un attimo, dalla pressione dello stress.

In Finlandia, che per prima aveva iniziato un progetto pilota nel 2010, il progetto era stato chiamato Taiku, “Arte e cultura per la salute e il benessere della popolazione”: un programma culturale che ha coinvolto il Ministero della Salute e Affari Sociali, Cultura e Sport, Ambiente, Istruzione, Economia e Lavoro. Al termine dell’esperimento è stata creata una Cattedra di Cultura, Salute e Benessere presso l’Università di Turku, che oggi sta studiando gli effetti e medio e lungo termine dell’iniziativa, terminata nel 2015, per cercare di comprendere come l’arte e le emozioni positive che viviamo attraverso la cultura possano influire a livello sociale e partecipare al processo di crescita individuale.

È stato provato che vivere esperienze positive, legate alla percezione di benessere e felicità, costituisce una sorta di analgesico naturale, tanto da avere effetto anche sul dolore cronico. Dal diabete al cancro, sono tante le applicazioni di una terapia a base di cultura. Musica, arte, poesia e scrittura sono esplosioni di suoni, colori e parole capaci di accarezzare l’anima e dare tregua alla mente, portare un arcobaleno nella difficile giornata di un malato.

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La cultura aumenta la felicità

Secondo una ricerca presentata sul British Journal of Psychiatry dai ricercatori dello University College di Londra introdurre nella propria routine almeno un’attività culturale una volta al mese è in grado di ridurre il rischio di depressione del 48%. Lo studio, che è condotto su oltre 2.000 donne e uomini over 50, ha seguito i partecipanti al test per dieci anni. Sono sempre più diffuse le iniziative legate al benessere e alla cultura. Il MoMa, The Museum of Modern Art, di New York organizza visite specificamente pensate per i malati di Alzheimer e per le loro famiglie, un’esperienza su cui sta lavorando anche la Galleria d’Arte Moderna di Roma.

In un recente esperimento sono stati coinvolti 99 volontari fra 19 e 81 anni alla scoperta degli affreschi dipinti sulla volta del santuario di Vicoforte, nel Cuneese, dove si trova quella che è considerata la cupola ellittica più grande del mondo. Un tour culturale a 63 metri di altezza (con tanto di imbragature!) per immergersi nella pura meraviglia.

L’arte è antistress e ci rende più felici, ecco i risultati. La determinazione dei livelli salivari di cortisolo, l’ormone dello stress, subito prima e immediatamente dopo essere saliti sulla cupola ha evidenziato una modificazione nello stato di benessere.

Bisogno di stimoli positivi

Per la prima volta iniziamo a intrecciare in un orizzonte comune ricerca scientifica e cultura, creando i presupposti per un terreno dove coltivare quello che sarà il futuro delle Medical humanities, una parola che in italiano… ancora non esiste.

Medicina e humanities, discipline umane, iniziano a prendersi per mano immaginando una ricerca finalmente più interdisciplinare, ricca, capace di dialogare con la nostra parte più umana. Per ora questo è l’inizio, ma dobbiamo iniziare a crederci e fare qualche timido passo per poter andare verso nuove direzioni. Perché quello che vogliamo, e di cui abbiamo bisogno, è iniziare a vedere la persona che sta dentro ogni malato e concepire la cura come un universo complesso in cui possono e devono coesistere fattori diversi, dalla biologia all’etica alla filosofia e l’arte.

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Fare arte con la terra e il tempo

Emerge durante gli anni Sessanta con il nome di Land art o Earth art: arte che nasce dal territorio, dalla materia primordiale della Terra. Arte che gioca con la materia prima del mondo e diventa voce della natura, eco di un paesaggio assorto che all’improvviso si sveglia con uno squarcio nel silenzio.

Fare arte nella forza degli elementi naturali e il rifiuto dell’ingresso in un museo diventano scelta consapevole nella movimentata decade di quegli anni del Novecento, tuttavia dentro questo processo creativo si riscopre la fertile e umile volontà di un istinto ancestrale. La spirale del tempo si avvolge su se stessa e, passo dopo passo, lascia intravedere l’orma di un essere umano antico, legato alla natura e al suo destino, che spesso dimentichiamo essere così intrecciato al nostro. Homo in quanto “terrestre” e nel senso di questa parola rintracciamo il suono che etimologicamente è legato a hŭmus, terra.

OFF, totem di pietre. Operazione creativa al fiume

Labile, effimera è l’orma lasciata da questa azione creativa in cui l’idea della fine è già intrinseca nell’opera ed è questo, il suo spirito leggero, a caratterizzarne l’anima. Leggerezza che connota il gesto temporaneo di un’installazione collocata in uno spazio in costante cambiamento.

L’azione dell’artista partecipa a una dimensione dell’effimero. Quando dico questa parola la mente evoca l’immagine delle effimere, specie terrestre che nasce volando e trascorre l’esistenza fuggevole vicino ai corsi d’acqua. Gli insetti dell’ordine Ephemeroptera appena nati sono già capaci di prendere il volo e raggiungono lo stato adulto dopo alcune ore, in alcune specie in alcuni minuti: “che vive un giorno” è il significato del termine ephemeros in lingua greca.

L’effimero non vive che in un tempo momentaneo, fatto di istanti.
Che spazio occupa nella vita il tempo di un momento?

Chi si occupa di Stone Balancing trasforma la precarietà in azione creativa e progetto esistenzale. L’Arte Effimera delle pietre in equilibrio è il risultato di una performance che agisce nel territorio in modo invisibile: dietro, la mano dell’uomo. Manifestazione silenziosa di un accordo misterioso fra natura e sottili contrasti, in bilico costante fra il pericolo della caduta e l’accordo mai definitivo con la gravità.

Sassatella, frazione dell’Appennino modenese nel comune di Frassinoro, provincia di Modena

Trasformare l’effimero in arte è gioco con le coordinate spazio-temporali. L’azione del terrestre, uomo che si perde nel paesaggio, si muove nell’eternità di un tempo immobile, quello della pietra, materia del mondo. Respiro creativo che nasce dalla terra e dalla natura, l’arte dell’equilibrio è antica forma di meditazione zen: con infinita pazienza e la calma risoluta di un gesto definito il balancer pone una pietra sull’altra. Unico collante fra l’una e l’altra la forza della gravità che disegna lo spazio inerme del vuoto. Un vuoto che plasma e mette in movimento, spaventa e si trasforma in materia creatrice.

Nel paesaggio dell’anima si disegna la geografia del cambiamento.
La terra, sabbia che passa fra le dita,
roccia che scalfisce e resta salda,
ce lo ricorda.
Ogni attimo

Le configurazioni della natura danno forma al senso misterioso della geometria sacra: assoluti in cui si rintraccia lo schema universale dell’arte della vita, esistenza perennemente in bilico, disegnata dal tempo e dallo spazio eppure sempre al di là di essi: il filo di questa vita, che attraversa Madre Terra e tesse l’andare dei giorni, schiariti dal sole, spazzati via dal vento e dalle tempeste che ci lasciano affranti, ricostruiti da un nuovo sole e diverse geografie.

Guardando dall’alto, ciò che resta dell’azione è un punto in una distesa di sfumature dipinte nel grigio: quasi invisibile, l’installazione è il diapason di un’armonia fugace nella sua bellezza transitoria. Momento di meraviglia nella precarietà dell’equilibrio. La vita in fondo non è che questo, traccia improvvisamente riconosciuta nel caos della materia, pazienza dell’amore, gesto di passione. Coraggio di giocare con il tempo dell’infinito sapendo che niente è eterno: siamo tutti parte di un ciclo, portiamo impressa sull’epidermide la parola “fine”.

Inscrivere nel suo senso originario indica l’azione di “scrivere o disegnare qualcosa dentro una figura geometrica o sopra una superficie” (Treccani): scrivere sopra e dentro, incidere, tracciare un segno. Unione fra orizzonte e verticale, incrocio di mondi e di momenti. Un incrocio destinato a durare quanto? Un attimo di tempo, un momento ritagliato dallo spazio immenso di una geografia che diventa emozionale, territorio vissuto e attraversato, percorso e addomesticato, spazio/tempo in cui fermarsi prima di ripartire, distesa temporale in cui tutto accade, costantemente.

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La storia accade ogni giorno

Ad Auschwitz sopra a una porta c’è scritto “Saremo condannati a ripetere la storia fino a quando non l’avremo compresa” ed è una delle cose che mi più mi ha colpito di quel posto, una piccola scritta sopra a una porta.

Sì, mica la grande storia, ma anche e soprattutto la storia che ognuno si vive ogni giorno, dentro al vestito di cui è fatta la propria vita. La storia accade ogni giorno, dentro ai nostri gesti e alle parole che usiamo, dentro i nostri pensieri e nelle idee che portiamo avanti. E allora mi chiedo qual è la storia che voglio raccontare, far vivere, la storia che voglio realizzare e quella faccio crescere con le mie azioni.

Perché ognuno di noi, in ogni istante, lascia il suo contributo al mondo e neanche ce ne rendiamo conto. Rendiamocene conto un po’ di più di che cosa facciamo e pensiamo. E di come i pensieri e le cose che facciamo si riflettono nella nostra vita, nell’esistenza di chi ci vive a fianco e nella vita di tutti

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La fine della guerra nell’ex Jugoslavia

Sono passati 23 anni da Dayton: l’accordo raggiunto il 21 novembre in Ohio e sottoscritto tre settimane dopo a Parigi scrisse la fine della guerra fra i Paesi dell’ex Jugoslavia.

I Balcani vengono ridisegnati e questo processo è continuato nel tempo, perché le frontiere non sono realmente qualcosa che si tocca con mano. Contrariamente alla realtà che le mappe tentano di illustrare, i confini non sono una linea tracciata sulla terra. Le frontiere vivono nei cuori e nelle coscienze, si nutrono delle differenze e delle storie, si annacquano e confondono, attraversate dai passi di chi li calpesta per arrivare là, un po’ più in là. Attraverso le frontiere scriviamo la nostra identità, delineando il confine fra ciò che siamo e non siamo più, o non siamo mai stati.

1995-2015, 20 anni di Dayton

70 anni fa la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Il 10 dicembre 1948 veniva presentata a Parigi la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: 70 anni fa, per la prima volta dopo la tragedia di due guerre mondiali nell’arco di cento anni, il secolo Novecento, venivano messi per iscritto i diritti inderogabili della persona. All’epoca furono 48 i voti a favore e 8 le astensioni: Arabia Saudita, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Polonia, Repubblica del Sudafrica, Ucraina, Unione Sovietica.

Fra i redattori della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani il giurista, magistrato e diplomatico francese René Samuel Cassin, nato a Bayonne alla fine del vecchio secolo, il 5 ottobre 1887 (morirà a Parigi il 20 febbraio 1976): Presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo, sarà Premio Nobel per la pace nel 1968.

Da allora quanto siamo cambiati?

Ecco il testo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, composto dal preambolo seguito dai trenta articoli che insieme hanno rappresentato il primo tentativo di andare oltre i confini dello Stato nazionale per non dimenticare ciò che, al di là delle differenze, costituisce i principi fondamentali di libertà per ogni essere umano.

Purtroppo siamo ancora lontani da quello che sulla carta, e nella realtà, è ancora un ideale. “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona” (articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani): le guerre nel mondo attualmente sono più di quante potremmo pensare, ma ai conflitti è necessario aggiungere tutte le situazioni in cui i diritti della persona vengono sistematicamente calpestati.

Alla popolazione si aggiunge il numero di chi nella guerra ci entra per documentare e testimoniare. Secondo il rapporto di Reporters sans frontières 2017 sono 65 i giornalisti uccisi mondo solo nell’anno 2017 durante l’esercizio di una professione che è diritto per ognuno di noi, il diritto all’informazione. Sono 1331 i giornalisti uccisi dal 1992 al 2018, rende noto il Centro Studi Committee to Protect Journalists, con sede a New York, che analizza il grado di libertà di stampa nel mondo.

Nel 2018 Amnesty International ha lanciato un appello per la Turchia e il giornalismo indipendente: oltre 120 i giornalisti in carcere, senza contare le piccole storie d’orrore quotidiano di chi cerca di sopravvivere in un Paese dove la libertà è un filo d’ossigeno sempre più sottile. Cina, Aghanistan, Turchia, Iran, Siria, Yemen, Iraq, Ucraina Venezuela, Paesi da cui c’è chi cerca di fuggire, con una valigia di speranza e poco altro, da gettare oltre i confini di un presente grigio: oltre, un nuovo futuro da sognare.

Ma non solo, al di là dello schermo del televisore, proprio accanto a noi, nel posto in cui viviamo, la ricerca della libertà è un fatto quotidiano. Nel concreto, accade quando non ci voltiamo dall’altra parte, quando nella nostra piccola vita quotidiana diamo spazio, impariamo a guardare, non ci accontentiamo. E allora non importa se è capitato a te, è anche mio, è di tutta l’umanità. Come è scritto su una delle porte delle baracche trasformate nel Museo Nazionale di Auschwitz-Birkenau, “Fino a quando non avremo compreso l’insegnamento della Storia, saremo destinati a ripeterla”.

Dichiarazione universale dei diritti umani (1948)

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L’Assemblea Generale proclama

la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1.

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2.

Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3.

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4.

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5.

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6.

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7.

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8.

Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9.

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10.

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11.

1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12.

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13.

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14.

1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15.

1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.

2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16.

1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.

2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17.

1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18.

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19.

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20.

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

2. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.

Articolo 21.

1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22.

Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23.

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24.

Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25.

1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26.

1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

2. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27.

1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28.

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29.

1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30.

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

Qui la collezione video della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani costantemente aggiornata in tutte le lingue del mondo

René Samuel Cassin e la Dichiarazione universale dei diritti umani

Chi sedeva fra i redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948? Uno di essi fu René Samuel Cassin. Figlio di una famiglia di mercanti, René Samuel Cassin nasce a Bayonne il 5 ottobre 1887: morirà a Parigi nel nuovo secolo, il 20 febbraio 1976. Giurista, magistrato e diplomatico francese, è Presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo e Premio Nobel per la pace nel 1968.

René Samuel Cassin nel 1908 si laurea in letteratura, successivamente in legge; poi nel 1914 conclude gli studi laureandosi in economia e in scienze politiche. Letteratura, giurisprudenza, economia e scienze politiche: un’immersione nella materia dell’umano, dai numeri e il senso di un commercio che forse veniva anche dalla tradizione familiare, alle discipline che permettono di penetrare nell’arte e nella cultura, costruendo un’idea più vasta sull’uomo e sulla società. E un orizzonte mentale in grado di andare oltre ai confini era presente, saldo e luminoso, nella testa di quest’uomo, che fu tra i promotori e redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, il cui impegno venne riconosciuto con il Premio Nobel per la pace.

Attualmente esiste il Premio René Cassin dedicato alle tesi sui diritti umani