Un giorno che ti succede qualcosa di felice
– Ma tu lo sai perché Jean Berbeck smise di parlare? – gli chiese
– È una delle tante cose che non disse mai.
Erano passati anni, ma c’erano ancora i quadri appesi alle pareti e le pentole sull’asciugatoio, di fianco al lavandino. Non era una cosa allegra e Baldabiou, di suo, se ne sarebbe andato volentieri. Ma Hervé Joncour continuava a guardare affascinato quelle pareti ammuffite e morte. Era evidente: cercava qualcosa, lì dentro.
– Forse è che la vita, alle volte, ti gira in un modo che non c’è proprio più niente da dire.
Disse.
– Più niente, per sempre.
…
Hervé Joncour continuò per giorni a condurre una vita ritirata, facendosi vedere poco, in paese, e passando il suo tempo a lavorare al progetto del parco che prima o poi avrebbe costruito. Riempiva fogli e fogli di disegni strani, sembravano macchine. Una sera Hélène gli chiese
– Che cosa sono?
– È una voliera.
– Una voliera?
– Sì.
– E a cosa serve?
Hervé Joncour teneva gli occhi fissi su quei disegni.
– Tu la riempi di uccelli, più che puoi, poi un giorno che ti succede qualcosa di felice la spalanchi, e li guardi volar via.Alessandro Baricco, Seta, pagina 67, Feltrinelli 2008