Inseguendo farfalle…

Nasce bruco tra le foglie sotto le piante di violetta e viola, che ama particolarmente.
Vola per tutta l’estate,
attraversando l’aria adagio,
assomiglia a un frammento di carta colorata portato via dal vento
la farfalla Speyeria aglaja,
arancione
della famiglia dei Nymphalidae:
“Grande Perla”,
piccole macchie rotonde e escure sulle sue ali color tramonto

e poi c’è la cavolaia
che minaccia gli orti e depone le uova sotto le grandi foglie verdi dei cavoli
leggiadra se ne va,
leggera e candida

la vanessa del cardo, invece
ha stupito tutti perché ci si è accorti che
compie un viaggio lunghissimo
dall’Europa all’Africa:
come la monarca, una farfalla migratrice.
Nasce sulle piante di cardo selvatico,
si trasforma in fretta e alla prima generazione ne seguono altre due.
La terza generazione di farfalla del cardo in autunno è crisalide.
Passerà l’inverno così, crisalide,
per poi nascere in primavera. Intanto,
fra aprile e maggio
la prima generazione parte.
Partirà di nuovo in autunno,
e così via:
il flusso di un movimento incessante che culla il cambiamento.

Nel pensiero antico la farfalla è il soffio, il respiro vitale dell’essere umano. Fra i popoli più diversi, dagli Aztechi all’antica Roma, si diceva che nel momento della morte con l’ultimo respiro se ne andava lo spirito della persona, che prendeva ali di farfalla. Ecco perché una farfalla che arriva all’improvviso vicino, raccontavano le nonne, porta il ricordo di un nostro caro che viene a salutarci.

Ma la farfalla con la sua metamorfosi ci insegna anche una preziosa lezione sulla trasformazione. Trans-forma, attraverso la forma: il cambiamento profondo è trans-forma, avviene con un processo che parte da dentro. Non è negando ciò che siamo stati che ci trasformeremo in ciò che aneliamo essere: è il mondo dentro che accade e fa cambiare, deflagrare e mutare il mondo fuori, lo investe e ridisegna.

Dalla crisalide impariamo che esiste un momento per tutto: anche quando, apparentemente, stiamo fermi
ci muoviamo.
Anzi, spesso proprio questo è difficile.
Stare fermi,
rinchiudersi in un bozzolo
osare
lasciare il mondo fuori
per concentrarsi sul dentro

è l’unico modo per sentire la propria voce.
Perché i sogni, come le trasformazioni grandi
hanno una vocina sottile:
bisogna aspettare
farsi amico il Tempo e
restare attaccati alla terra,
nutrire le radici.
Le ali, arriveranno.
E prenderemo il volo insieme all’anelito di dove ci porta il cuore,
senza più pensare a chi siamo e se sappiamo o no volare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *