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Quello che ci mantiene ancora vivi

Non c’è niente altro di così importante se non quello che ci mantiene ancora vivi. Non lo dimenticare cos’è che per te vale la pena

Caro viaggiatore intergalattico

Anche tu sei stato un viaggiatore intergalattico, ma non te lo ricordi. Arrivati senza sapere perché, scaraventati qui un giorno come tanti altri che però diventerà speciale per sempre, solo per te. Siamo su una palla azzurra che gira su se stessa e danzando nello spazio, si muove. Si sposta verso l’infinito e chissà, ancora oltre, che cosa troveremo, là fuori e dentro di noi.

Ti ci è voluto tempo per imparare. Imparare tutto quello che serve per cavarsela su questa terra dove la gravità la fa da padrone. C’è il respirare, prima di tutto, che pare cosa ovvia ma come tutto ciò che ovvio scopri che se manca, o fatica, tutto si incrina perché spesso anche le costruzioni più complesse sono tenute insieme da un dettaglio, una tessera infinitamente piccola e leggera capace, tuttavia, di fare la differenza, come capita a fatti e persone – li riconoscerai perché sono quelli di cui si nota subito la sagoma, il contorno netto e deciso, sullo sfondo indefinibile di tutto il resto – e a proposito, qualcuno ti dirà che sono una rarità, invece accade continuamente. Perché ovunque ci sono piccole spalle abituate a portare il peso di giganti più grandi di loro.

Sappi che ti diranno che ci sono delle regole, in questo mondo. Ti chiameranno per il pranzo e per la cena, dovrai sederti e farlo per bene, scegliere cosa mangiare anche se non avrai fame e tante volte farlo e basta, anche senza scegliere. Dovrai ricordarti quando è ora di dormire e quando fare qualcosa, o almeno fingere di farlo – che pure questo è già qualcosa.

Ecco, amore, tu ricordati che per un certo momento in questo viaggio chiamato vita tu non sei stato altro che istinto. Istinto, nervi e fantasia. Hai dimenticato la fame e sorriso alla tempesta, hai fatto spallucce e saltato cene, appuntamenti, incroci. Hai saltato le regole e distrutto le convinzioni ma non le tue, perché tu non sapevi di averle e questo è uno dei motivi per cui certe volte non dovremmo fare altro che darci tempo per ridere, sbriciolarci addosso e sui divani, restare abbracciati tutti insieme la sera sotto a un’unica coperta, guardarci negli occhi e non fare fare che questo: ricordarci del Tempo e chiamarci “amore”. Siamo stati tutti amore, eppure ce lo siamo dimenticati.

Ritrova quel tempo, il tempo sacro e magico del tuo amore, di quando provi quello che ti fa volare il cuore. Poi ovunque tu sia metti a sedere di fianco a te tutti quelli che ami e se sei in compagnia di te stesso allora accomodati con te, in te stesso. Prima di addormentarti senti quanto potere può esistere in una carezza e poi lasciati andare, non c’è niente che possa essere trattenuto. Non c’è niente che possiamo fare. La vita è più forte di noi, la vita vince. Sempre.

C’è un tempo. Prima di addormentarti guardalo questo tuo tempo, trasformalo in amore. Sappi che avevi ragione, oggi, ieri, domani, quando volevi seguire il cuore e dimenticare tutto tranne il semplice e ovvio fatto di essere lì, insieme, e condividere l’attimo. Non c’è niente altro di così importante se non quello che ci mantiene ancora vivi. Afferralo e non lo dimenticare, cos’è che per te vale la pena

adesso.

La vita è piena di tante cazzate, ti diranno che sono tutte importanti. Ma non è vero affatto. Ci metterai una vita intera a capire quali lo sono per te, eppure proprio questo è il viaggio. Ritornare a tutto ciò che sei già

con amore




Ogni viaggio inizia con un atto di immaginazione

Con il potere dell’immaginazione andiamo per il mondo, in cerca di nuovi cieli, alla scoperta dell’orizzonte e viviamo il viaggio della nostra vita. Accade dall’inizio della storia, accade ogni istante

Maddalena De Bernardi

Ogni viaggio inizia con un atto di immaginazione




Ragazze di un altro secolo

se n’è andata l’otto settembre 1969, a 101 anni.
Alexandra David-Néel, l’occidentale che per prima entro nel mistero assoluto di Lhasa
era nata a Brussels nel 1868
adolescente, viaggiava in bicicletta
Francia, Spagna, Inghilterra.
Dirigerà il teatro di Tunisi, è l’inizio del Novecento.
Mentre in Europa si impazzisce per la prima guerra mondiale, lei attraversa India, Giappone e Cina.
Nel 1924 arriva a Lhasa, città sacra chiusa agli stranieri: ci arriva a piedi, in pellegrinaggio come fanno i Tibetani, dopo otto mesi di cammino.

Due anni dopo, nel 1926 nasceva la regina Elisabetta, e per inciso anche mia nonna, una donna del popolo che di umile aveva poco perché come mi raccontava sempre chi l’amava, era piuttosto matta, orgogliosa e persino arrogante. Tre donne cone milioni ce ne sono state: di polso, con dei sogni, troppo sprezzanti del pericolo e amanti dei sogni per piegare la testa e arrendersi alla realtà.

A scuola la regina Elisabetta non c’è nemmeno mai andata, homeschooler quando nemmeno esisteva il termine, peraltro inglese. La futura regina studia a casa, al 145 di Piccadilly a Londra e nella White Lodge di Richmond Park, infine a Buckingham Palace: la sua giornata di studio andava dalle 9 alle 13. Studia scrittura, lettura, pianoforte, danza, francese, tedesco, una parte fondamentale delle sue lezioni viene insegnata da una governante scozzese, Marion Crawford. Non lo sa quella bambina destinata a uno dei regni più lunghi della storia, ma se ne andrà anche lei in un giorno otto, 8 settembre 2022, otto simbolo di infinito

Ecco,
la tenacia di chi cammina

la forza di chi sa prendere decisioni che vanno al di là dell’interesse per sé

l’orgoglio che
chi ce l’ha
glielo leggi negli occhi

queste ragazze di un altro secolo
ci sono accanto

e vorrei poter dire che non importa se sono femmine o maschi,
perché nel mondo di domani non importerà
ma in questo di oggi ancora ne abbiamo bisogno
di sapere che sì,

il coraggio delle donne

l’orgoglio e la pazzia, la sfrontatezza,

l’acciaio che si mescola al sangue,

l’amore

chi osa
lo
fa
con Amore
al fianco




Il ginepro: da una passeggiata di Vita Sackville West ‘Un giardino per tutte le stagioni’

… ho visto un ginepro rampicante, del tipo frondoso, crescere in Scozia su terreno ricco di torba, intento ad arrampicarsi selvaggiamente per una distesa boscosa sotto le betulle bianche.

Me ne sono portata a casa una bracciata di rametti, e li ho scaldati nel mio caminetto, agitandoli poi per la stanza come fossero vecchi steli di lavanda o rosmarino, fragranti quanto l’incenso, ma molto più rinfrescanti e meno pesanti nell’aria.

Dopo alcune ricerche ho scoperto trattarsi del ginepro comune, reso nano dal cervo e dai conigli che lo mangiano d’inverno.

Formava un bel tappeto fitto e scuro sotto il chiarore delle betulle bianche.

Piccoli ruscelletti gocciolavano formando un’irrigazione naturale. Le loro bollicine si sollevavano come perle scoppiettanti sui ciottoli semi sommersi.

Mi ha fatto desiderare di possedere non un giardino più o meno formale, ma uno completamente informale, con un bosco selvaggio ai margini

da “Un giardino per tutte le stagioni” di Vita Sackville West




Che cosa ci portiamo dei nostri sogni?

Che cosa ci portiamo dei nostri sogni? I sogni dei bambini sono grandi, belli, non temono confronti: è tempo di ritrovarsi e crescere sognatori

Che cosa ci portiamo dei nostri sogni?

I nostri sogni, la nostra libertà.
Se c’è una cosa che spesso manca è questa: insegnare ai bambini a coltivare un sogno. Non lo facciamo nemmeno più noi.
Finalmente ci hanno fatto desistere.

Ormai sei grande per queste cose

Quante volte ti hanno detto questa frase? Ormai sei grande per queste cose.

Essere adulto significa stare con i piedi per terra, smettere di coltivare sogni troppo lontani e ambiziosi, guardarsi intorno e pensare alla sopravvivenza….

Essere adulto significa stare con i piedi per terra, smettere di coltivare sogni troppo lontani e ambiziosi, guardarsi intorno e pensare alla sopravvivenza?

 

Si può sopravvivere davvero senza sogni?

Sì, si può sopravvivere senza sogni. Lo fanno centinaia di persone, ogni giorno.
Puntano la sveglia la sera prima, si alzano, vanno al lavoro, fanno la spesa, fanno uno sport o vanno al cinema, cucinano e brindano, vanno al ristorante; fanno figli, mutui, costruiscono case e vite. Proprio come tutti gli altri.
Solo che si riconoscono perché hanno lo sguardo spento, seppellito da tonnellate di sabbia e dura terra: è lì che hanno sepolto i loro sogni, nella polvere del tempo e degli anni, chiusi in soffitta e nei cassetti.

 

I sognatori hanno lo sguardo brillante e il cuore che va lontano. I sognatori non li compri perché non si arrenderanno mai. I sognatori sono in mezzo alla gente di sempre, ma te ne accorgi: loro se lo ricordano. Siamo tutti viaggiatori del tempo, qui per esplorare questo pianeta azzurro, piccolo e grande insieme, ma non possiamo ripartire senza aver completato la nostra missione. Qual è la tua?

I giapponesi usano la parola ikigai per dire tutto ciò che ci tiene in vita, tutto ciò che ancora ci tiene in vita: tutto ciò che vale la pena, per cui vale la pena alzarsi e affrontare la giornata, combattere e tramandare agli altri. Non è solo una la passione, ma tante: sono tutte quelle che ci fanno brillare gli occhi e venir voglia di uscire allo scoperto. Sperimentare, esplorare.

Stai divagando, concentrati su una cosa sola

Ci hanno detto che la passione è una, tutto il resto sono hobby, o peggio ancora, perdite di tempo. Se ami la fotografia, esci, fotografa, impara tutto sulla fotografia, vendi le tue foto e diventa fotografo: altrimenti si vede che non era quella la tua passione. Diventa un esperto. Un esperto in qualsiasi cosa, purché ti fermi e impari a concentrare tutte le energie lì.

Multipotenzialità, dall’inglese multipotentiality, identifica le capacità e la propensione di persone che tendono a focalizzarsi su più interessi e attività: di solito sono soggetti che presentano una forte curiosità intellettuale, possono eccellere in più di un campo e possiedono grandi risorse creative

Nel 1972 lo psicologo R.H. Frederickson crea la definizione di “multipotenziale”. Sebbene la tendenza ancora oggi sia verso l’iper-specializzazione non demoralizziamoci. Caro viaggiatore intergalattico, il mondo e questa incredibile vita hanno una complessità e una ricchezza così esplosive da non poterle ridurre in pochi scatoloni. O meglio, potremmo, ma perché farlo?

Quando diventerai grande dovrai pensare al lavoro e alla tua sopravvivenza

Sì, la sopravvivenza qui sulla Terra è una grossa questione. Una di quelle questioni che non puoi eliminare così alla svelta, ti ci vorranno anni per esaminare il problema a fondo e poi pensare a delle soluzioni possibili. Anni in cui metterai la sopravvivenza sopra a ogni cosa perché dovrai pagare l’affitto, mangiare e fare tante altre cose che magari non sono indisensabili ma fanno comunque parte della vita. Salvo poi ricordarti, magari dopo anni, dove sono finiti i miei sogni? Che cosa ne ho fatto e che cosa sono diventato nel frattempo? Non preoccuparti, è successo a tanti, forse tutti. Si perché forse un po’ a tutti capita di dimenticare, anche solo per un attimo, qual’era la cosa che non dovevi dimenticare.

La ritrovi là dentro, nel respiro del cuore che batte: la cosa da non dimenticare mai, caro viaggiatore delle stelle, è quello per cui batte il tuo cuore. Che cosa ti fa vivere e sorridere e respirare, ancora? Riportalo a galla e avrai la chiave della felicità

La felicità non è domani, non è il successo. Ricorda che lasceremo tutto un giorno, è nel destino di questo viaggio. La felicità è nell’attimo di adesso, è ciò che ti fa sorridere anche se sei nella situazione più grigia. Per questo hanno sbagliato tutto a raccontarci dei sogni: i sogni che vale la pena inseguire non lo sono per via della sopravvivenza, o perché hanno successo o si trasformano in un lavoro. Lo sono a dispetto di tutto questo. Lo sono perché portano pace nella nostra anima.

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Passeggiata nel bosco

Passeggiata nel bosco di un sabato d’inizio autunno: le foglie, i colori, l’ora alla fine di un mattino che sa di sole e nebbia in arrivo,

‘namo, dice lui
senza sapere che dice una parola che esiste in altri luoghi e invece lui la dice un po’ per abbreviare e un po’ perché è pur sempre uno straniero, un viaggiatore intergalattico che afferra a spizzichi e bocconi, qua e là
e afferrando inizia a formulare concetti, farsi capire, spiegare e spiegarsi
comunicare, da buon ospite di questa terra, piccolo uomo fra stranieri che fanno discorsi in lingue complesse, pieni di sensi doppi e tripli, deviazioni e angoli ciechi

‘namo, dai
insieme
tutti

mammi, papà, io, dudi

dove?

‘namo là.

Ovviamente.

E allora andiamo.

C’è la pineta e il bosco che si apre alle sue spalle, silenzioso.
Il mattino del sabato e uscire tutti insieme, ognuno alla sua velocità
La lagotta dudi non ne può più di stare in casa e allora corre, corre più forte di tutti
poi si gira e ci aspetta, abbaia ai caprioli e torna indietro
sfreccia nel prato, ci sfiora di gran corsa

il piccolo viaggiatore cammina ma si lamenta perché con le sue gambette, diventate grandi ma pur sempre piccole, ogni micro passo rende la passeggiata super
io b(r)accio, io piccolo
poi gli facciamo notare dei funghi prataioli nati così, selvatici, e allora la sua passione si ridesta
non si sente la stanchezza quando la curiosità supera tutto

camminare, osservare le piante intorno a noi
mettersi in tasca qualche foglia e ripromettersi di cercare i nomi
respirare il bosco, l’aria silenziosa del mattino

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Perdersi a Madeira

Passeggiare al mattino al Mercado dos Lavradores di Funchal, tra le contrattazione di chi vende il pesce pescato nella notte e i banchi con i mille colori dei fiori

A zonzo per Funchal incontrare l’immensa balena blu sui muri di Rua de Santa Maria

Con la funicolare salire fino a Monte, la parte alta di Funchal

La spiaggetta vicino al Forte di São Tiago

A piccoli passi il giardino botanico, Madeira Botanical Garden, e Monte Palace Tropical Garden

Santa Luzia Public Gardens, il parco pubblico inaugurato nel 2004 per cercare – ovviamente – l’area giochi insieme ai piccoli viaggiatori

Le piccole cascatelle che si tuffano fra le onde oceaniche sulla spiaggia nera di Seixal

Camminare dal Pico do Aireiro al Pico Ruivo aspettando l’alba

Arrivare fino alla punta più a est dell’isola: Ponta de São Lourenço