Oggi è stata una di quelle giornate iniziate dolci fra calzettoni caldi, gatti appoggiati ai piedi e sorrisi timidi che poi, piano piano, col passare delle ore si sono tramutati in urla incessanti, un po’ da tutte le parti. Papà urla quando è arrabbiato, mi hai detto una volta, io urlo perché sono felice: è vero, i bambini ama urlare – per quasi tutto – ma soprattutto per la felicità. Solo che, cerco di spiegarti io, se tutti urliamo finiamo per darci fastidio a vicenda e arrabbiarci. Anche perché ci sono gli urli belli e quelli sgradevoli, c’è la musica e c’è il rumore – anche se a dire il vero sulla divisione fra le due categorie il Novecento ci ha insegnato che spesso i confini possono diventare linee instabili.
Oggi ci sono stati i cartoni animati, il caffelatte tardi da sorseggiare con i piedi appoggiati sul divanetto rosso, la neve e tu che esci come un forsennato per poi rientrare dopo un attimo; io che lavo il pavimento della cucina e tu che dici a papà “Non entrare in cucina perché il pavimento è bagnato” e poi dopo un po’ chiedi se adesso puoi entrare. Ci sono stati i giochi – anche quelli sparsi sul tappeto e ovunque, anche quelli che non hai voluto raccogliere perché? perché no e ti impunti – i noodles che proprio ami e mangeresti sempre – l’unico modo in cui al momento mangi le verdure e le carote – le coccole alla canina che appena sveglia passa a salutarti e ti scondinzola mentre tu le passi dolcemente la mano fra i riccioli – incredibile. Ci sono state le costolette in tre modi diversi che tu hai voluto assaggiare tutte (decretando la vincita di quelle al curry), il caos in sala perché ci è preso il pallino di spostare i mobili e rovesciare tutto l’assetto: va bene, puoi far cadere tutta la pila di cuscini – e dopo questo hai urlato che era il più bel Natale di sempre. Ci sono stati anche le litigate, gli inseguimenti, gli urlacci; i no, sempre e comunque: sempre no no no. Ecco, a proposito, se c’è una cosa che vorrei per il nuovo anno è qualche sì. I no sono utili per affermare il propro carattere: sentirsi dire anche “sì” deve essere una sensazione meravigliosa.
Ci sono i piedi neri nerissimi, la canina che abbaia a tutti e a qualsiasi cosa; il bagno, finalmente il bagno. Che ogni volta fai mille scene e, di nuovo, no, invece poi lo ami e non vuoi più uscire; cerchi tutti gli animaletti, ti diversi a parlare con delfini immaginari, ti immergi e risciacqui, usi ogni tipo di barattolo per creare misteriose pozioni e – ancora – riesci a stare sott’acqua, tutto intero, nell’onda tipieda e calda: ti addormenterai, stasera, con la pelle così liscia e profumata. Intanto urli – ancora – perché vuoi uscire dalla vasca e mentre lo fai raccogli tutti e tiri forte il tappo, io ti avvolgo e tu vuoi essere preso in braccio, fino al letto. Scegli i pantaloni – morbidi – e una felpa – pazienza se non c’è il cappuccio, un po’ di phon e poi giù per le scale ad abbracciare papà: “Guarda come sono carino”, gli dici prima di entrare in cucina. E gli butti le braccia al collo e lo stringi forte, come non fosse mai successo niente di tutti quei litigi lì, che sembravano “fatali” – proprio oggi, a proposito, mi hai chiesto cosa significa questa parola, fatale.
Ecco, fra tutti, per ricucire insieme il tempo, salvo questo: questo abbraccio forte, con gli occhi chiusi e il cuore che batte, senza pensieri né parole. Perché c’è bisogno di ricucire insieme le giornate, pezzo per pezzo, e poi piano piano forse anche la vita intera. Per non perderla, non perderci. Per ri/trovare la bellezza di ogni attimo, sempre così, piano piano. A volte anche con fatica. Con un pizzico di fantasia che non dovrebbe mancare mai.
Oggi mentre facevamo ordine e caos, hai trovato due candeline. Sono le mie, il 4 di quest’anno e il 3 dell’anno scorso – incredibile, ti sei anche ricordato i numeri connessi a te – invece no, chissà di chi, mie no che io di feste per me non ne faccio mai, sarà che i bambini nati come me d’estate di solito hanno sempre modi estrosi e piuttosto solitari di festeggiarsi: accendiamole per mamma, dici tu. Che torta vuoi? Che torta vuoi, mi ripeti. Adesso vai di là e non venire fino a quando non ti chiamiamo noi.
C’è buio in cucina e nell’ombra brillano le candeline. Aspetta, dico io. Pensiamo a un desiderio, dobbiamo pensare a un desiderio mentre spegniamo le candeline. E poi via, soffiamo tutti insieme. A che cosa hai pensato, ti chiedo io e tu mi rispondi, te lo dico dopo. Papà: vorrei passare un bel Capodanno domani tutti insieme. Io: vorrei che fossimo tutti un po’ più gentili, uno verso l’altro. T: vorrei che fossimo insieme per sempre.
Insieme per sempre, è il desiderio di ognuno di noi, un desiderio bambino, totale, vero, senza filtri. Un desiderio per la vita. Non è sempre insieme, bensì insieme per sempre… che è di più, molto di più: è saper andare oltre, imparare a cavalcare il tempo. Perché l’amore non finisce. Perché potrebbe essere che non saremo sempre insieme, eppure ovunque saremo il pensiero di tutto questo amore ci raggiungerà e travolgerà: questo è l’effetto e l’abbraccio di qualcuno che conta, che sia famiglia per dna o per elezione dell’anima.
Da piccoli sappiamo pensare l’infinito e poi ci mettiamo tutta la vita per ricordarci come si fa.
Sai qual è il desiderio più bello? Ti ho detto io: il tuo. Perché desiderare di stare con ami, persino quando si è arrabbiati, desiderare di stare insieme e basta, ecco è amore, senza condizioni, senza se e senza ma.
Non importa quanto possiamo litigare o sentirci lontani, l’amore sa andare al di là. Riparto da questo e ne faccio un bottone con cui ricucire ogni istante e allora mentre tu dormi e io pettino capelli indomiti, forse provo a sciogliere anche i nodi dell’esistenza, metto a posto i pensieri. E allora sorrido ritrovando una macchinina sul bordo del lavandino proprio dove non ha nessuna ragione di stare, sorrido all’albero di Natale acceso da un anno; sorrido al silenzio che ora c’è e al caos che ritornerà, alla pace e alle tempeste, ai momenti si e a quelli no; alle luci accese nella notte, ai piatti da asciugare, ai gatti che mi fissano dalla finestra perché vogliono rientrare, alle braci e alla legna che brucia, alle persone che sono andate lontane, a volte così tanto che sembrano essersi smaterializzate nello spazio ma forse sono semplicemente ancora qui, invisibili e vere come i fili dell’amore che cuciamo cercando di tenere tutto insieme con i nostri pensieri, le azioni, la pazienza a volte traballate, i sogni grandi e gli abbracci ancora di più.
Oggi è l’ultimo giorno dell’anno – che poi a dire il vero ultimo giorno non lo sarebbe perché cadrà domani, ma domani è una notte dicembre speciale, forse la più speciale di un anno intero, dove già del nuovo accade, e allora è questo che mi sono vissuta come ultimo giorno dell’anno, una giornata in cui masticare il tempo piano e salutare questo ’24 che se ne va.